C'è sempre un limite a cui tendere, e dopo questo, una volta che ci sei arrivato, come per magia ne appare un'altro, e poi un'altro ancora. C'è sempre un confine da valicare e per quanto possa sembrarci lontano, in realtà quella linea che si confonde con l'orizzonte è abbordabile, o la crediamo tale per potere andare avanti. La fattibilità del raggiungimento del limite è la condizione essenziale che ci stimola a progredire, ci sprona a raggiungere il nostro divenire. È la nostra natura, e quindi è plausibile pensare che una buona parte dell'umanità venga solleticata a raggiungere quella silhouette nera abbigliata da isola, forse di natura vulcanica. Il primo traguardo è un molo, sbarazzino e senza tante pretese, un limite facile da superare e quindi via, cosa aspettiamo. Il faro, per essere in tema marinaresco, si è dipinto a righe bianche e rosse, scimmiottando la maglietta di Roland Eagle, il capitano che a bordo del suo veliero solcò gli oceani di tutto il mondo.
L'avventura è lì che ci aspetta, salpiamo, forza, cosa attendiamo. È che si sente, frammischiato al sapore di iodio che una brezza sospinge fino alle nostre nari, un odore di fregatura. Tutto calmo, tutto invitante, luce radiosa rassicurante in abbondanza, ma su ogni cosa aleggia un’aura di mistero, e quel verde mare ci ricorda qualcosa. Certo è dissimile da quello che ci promettono i depliant delle agenzie turistiche. Non è azzurro e trasparente, cristallino da lasciare che lo sguardo lo attraversi fino a raggiungere le profondità del fondo. È un mare verde come se fosse fatto di pongo, quel materiale plastico con cui giocano i ragazzi, sarà una idea da pazzi ma il fatto è che assomiglia troppo all'oceano senziente di Solaris, protagonista del libro di Stanislaw Lem, e portato sullo schermo da Andrei Tarkovsky. Una massa d'acqua pericolosa, che mette paura e smorza gli animi più ardimentosi al punto da farli restare esitanti sulla riva. Beh, quella facile traversata che si era ipotizzata all'inizio è meglio rinviarla ad altra data, l'oceano di Solaris non è faccenda da affrontare senza la dovuta accortezza e preparazione. Aspettiamo quindi che altre foto vengano in soccorso ad illustrarci meglio questa vicenda.
È una immagine inconsueta e allettante della laguna dove un tempo sorgeva Cartagine, fondata dalla regina Didone, che si tolse la vita quando venne abbandonata da Enea che partì giacché aveva altro da fare, un appuntamento nel Lazio per fondare Roma. Forse è in queste acque che si trova il corpo della regina sfortunata e il mare, diventato come plastificato, vuole con la sua opacità celare agli occhi di indiscreti e profanatori la tomba di Didone. Nubi dense, che vanno sempre più diventando nere, a incupire e dare manforte al senso di mistero e di morte abilmente celato dietro la cromaticità dei colori, accorrono nella solare ora vespertina per piangere le loro salate gocce di pioggia sul ricordo della leggendaria regina.
È tempo di riflessione, l’avventura della attraversata può aspettare, è tempo di sostare in riva al mare, sperando che qualcosa prima o poi venga a galla, emergendo attratto dal faro che sornione sta lì indifferente in punta al molo, fingendosi ignaro.
Ampiamente meritata la copertina.
Un solo neo, dell'ottica usata: la leggera distorsione a barilotto che ha curvato appena l'orizzonte, tuttavia simmetrica e, quindi, non fastidiosa.
Estendo i miei complimenti al tuo sito personale ed alla galleria del BN che, come amante del classico, non ho potuto non ammirare.
Saluti
cristiano tortone 03/02/2010 23:27
sempre stupende le tue tonalità,come le composizioni....complimentiGIANFRY 03/02/2010 17:47
molto belle le tue foto ho visitato il tuo sito. il B&W molto bello e particolarecomplimenti ed un saluto
Geo Portaluppi 02/02/2010 3:24
C'è sempre un limite a cui tendere, e dopo questo, una volta che ci sei arrivato, come per magia ne appare un'altro, e poi un'altro ancora. C'è sempre un confine da valicare e per quanto possa sembrarci lontano, in realtà quella linea che si confonde con l'orizzonte è abbordabile, o la crediamo tale per potere andare avanti. La fattibilità del raggiungimento del limite è la condizione essenziale che ci stimola a progredire, ci sprona a raggiungere il nostro divenire. È la nostra natura, e quindi è plausibile pensare che una buona parte dell'umanità venga solleticata a raggiungere quella silhouette nera abbigliata da isola, forse di natura vulcanica. Il primo traguardo è un molo, sbarazzino e senza tante pretese, un limite facile da superare e quindi via, cosa aspettiamo. Il faro, per essere in tema marinaresco, si è dipinto a righe bianche e rosse, scimmiottando la maglietta di Roland Eagle, il capitano che a bordo del suo veliero solcò gli oceani di tutto il mondo.L'avventura è lì che ci aspetta, salpiamo, forza, cosa attendiamo. È che si sente, frammischiato al sapore di iodio che una brezza sospinge fino alle nostre nari, un odore di fregatura. Tutto calmo, tutto invitante, luce radiosa rassicurante in abbondanza, ma su ogni cosa aleggia un’aura di mistero, e quel verde mare ci ricorda qualcosa. Certo è dissimile da quello che ci promettono i depliant delle agenzie turistiche. Non è azzurro e trasparente, cristallino da lasciare che lo sguardo lo attraversi fino a raggiungere le profondità del fondo. È un mare verde come se fosse fatto di pongo, quel materiale plastico con cui giocano i ragazzi, sarà una idea da pazzi ma il fatto è che assomiglia troppo all'oceano senziente di Solaris, protagonista del libro di Stanislaw Lem, e portato sullo schermo da Andrei Tarkovsky. Una massa d'acqua pericolosa, che mette paura e smorza gli animi più ardimentosi al punto da farli restare esitanti sulla riva. Beh, quella facile traversata che si era ipotizzata all'inizio è meglio rinviarla ad altra data, l'oceano di Solaris non è faccenda da affrontare senza la dovuta accortezza e preparazione. Aspettiamo quindi che altre foto vengano in soccorso ad illustrarci meglio questa vicenda.
È una immagine inconsueta e allettante della laguna dove un tempo sorgeva Cartagine, fondata dalla regina Didone, che si tolse la vita quando venne abbandonata da Enea che partì giacché aveva altro da fare, un appuntamento nel Lazio per fondare Roma. Forse è in queste acque che si trova il corpo della regina sfortunata e il mare, diventato come plastificato, vuole con la sua opacità celare agli occhi di indiscreti e profanatori la tomba di Didone. Nubi dense, che vanno sempre più diventando nere, a incupire e dare manforte al senso di mistero e di morte abilmente celato dietro la cromaticità dei colori, accorrono nella solare ora vespertina per piangere le loro salate gocce di pioggia sul ricordo della leggendaria regina.
È tempo di riflessione, l’avventura della attraversata può aspettare, è tempo di sostare in riva al mare, sperando che qualcosa prima o poi venga a galla, emergendo attratto dal faro che sornione sta lì indifferente in punta al molo, fingendosi ignaro.
Massimo Fiore 01/02/2010 17:56
Ampiamente meritata la copertina.Un solo neo, dell'ottica usata: la leggera distorsione a barilotto che ha curvato appena l'orizzonte, tuttavia simmetrica e, quindi, non fastidiosa.
Estendo i miei complimenti al tuo sito personale ed alla galleria del BN che, come amante del classico, non ho potuto non ammirare.
Saluti
Emy B. 01/02/2010 17:33
Decisamente meravigliosa....Complimentissimi
Emy
Ayrton08 01/02/2010 17:25
Ma che splendore!Ciao Marco.
Sergio Bizzarri 01/02/2010 17:18
Che spettacolo, mi stavo perdendo questa gran foto! Per fortuna è sulla homepage! Complimenti mi piace tantissimo!! Messa tra le mie preferite.Carlo Gandolfo 01/02/2010 17:13
Grande spazio, luce e colori, complimenti. ciao.Giorgio Bisetti 01/02/2010 17:12
Che bella Massimo!!!Daniele Bartolini 01/02/2010 16:17
Azz! Bellissima!!!!Diego Barbieri 01/02/2010 15:39
Nuovamente uno scatto magnifico.Sergio De Marchi 01/02/2010 0:18
Tutto al posto giusto! Bravo!ciao Seo
Rosa Phil-Li 31/01/2010 11:07 Commento di voto
+++excellent+++eLLeFFe 31/01/2010 11:07 Commento di voto
++Roberto Primo Faedi 31/01/2010 11:07 Commento di voto
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