Che la natura sia il fulcro ideale-poetico nell'evoluzione artistica-letteraria è da sempre desumibile. Già un Teocrito trae ispirazione per la sua poesia bucolica da un paesaggio mediterraneo. Invero, entro una cornice agreste in cui si effonde il senso panico della natura, vivono i personaggi teocritei. Prevale sempre o quasi infatti la dimensione lirico-simbolica del paesaggio. Reale ed immaginario si intersecano e la libertà fantastica riesce a trasfigurare la materia erudita, pur presente nell’idillio in una creazione puramente artistica. In questa ottica si inserisce anche un senso profondo, seppur spesso implicito ed incomprensibile ad una prima lettura, della religione della natura.
In questa empatia con essa, dal suo tripudio, sia pure con itinerari ideologico-estetici naturalmente del tutto diversi, si approda al trionfo della poesia. La metafora e la personificazione, non aliene da erudizione, sembrano volersi trasferire nelle regioni superiori di una poesia che, identificandosi con la vivezza di una natura primigenia e feconda, tende ad approdare al vero. E' frequente ed esplicito così il richiamo al mondo della natura, che si contrappone a quello della città. Saba è il primo nome che terrei a menzionare.
Natura e canto dell’anima tra realtà ed immaginazione diventano i connotatori di un modo autentico di sentire la vita; la lirica trasposizione del reale nell’immaginario sarà l’origine dell’ispirazione poetica e la conquista del vero.
Possiamo addurre ad esemplificazione comparativa le parole del principe nella “Favola del figlio cambiato” ( L.Pirandello), quando proprio l’incanto della natura gli infonde “gioia e salute” e poi gli rivela la “vera vita” . L’interscambio tra fisica e metafisica, tra reale ed immaginario, l’interconnessione tra tempo e spazio dentro e fuori di noi sono momenti fondanti ed ispiratori della poesia, che è protesa, come dirà Heidegger, alla ricerca dell’Essere.
Un altro aspetto che mi pare di potere rapportare a ciò la tragedia esistenziale di ogni uomo, prima ancora che poeta: le difficoltà dei poeti a comunicare con gli altri uomini, affaccendati a costruire beni materiali e la necessità di adattare la poesia, non su modelli preesistenti, anche se d’indiscusso valore, ma di viverla nel reale e nell’esistente per trasfigurarla nell’allegoria simbolica.
Anche il paesaggio virgiliano più che una realtà geografica è l’espressione di uno stato d’animo e la stessa contemplazione della natura diventa una proiezione nel mondo della storia. Nella contemperazione tra reale ed ideale, tra materia storica e immaginazione è importante sottolineare i nuovi orizzonti spirituali che l’età augustea aveva proposto: una nuova visione dell’uomo nei confronti del cosmo, una nuova interpretazione dello stoicismo e dell’epicureismo che implicavano una profonda e pensosa significazione religiosa del rapporto uomo-storia, uomo-natura. Si comprende allora come Virgilio abbia elaborato il ri-uso del mito per adottarlo alle esigenze più profonde del suo sentire di uomo e di poeta. Parimenti, ma con tendenze ideologiche ed esiti artistici necessariamente differenti e riferibili a mondi culturalmente e storicamente assai distanti, Pirandello nel ri-uso del mito nella Favola del Figlio Cambiato e nei Giganti della Montagna compendierà trasfigurando il reale nell’immaginario tutto l’itinerario del suo vissuto relazionandolo con la possibilità di una concezione poetica, che dia un senso al non senso, un Essere al non Essere.
"D'altro canto" Virgilio ci parla di un Nume presente, che ammonisce l’uomo al “labor” e al culto di una nuova società che raccordi l’uomo con la natura. “Deus nobis otia fecit”, così dice Virgilio , muovendo al lavoro dei campi, e che al contempo riconduce l’uomo ad uno stato di primigenia felicità immergendolo nel mondo autentico della natura.
Il pathos della natura, la capacità di intuirne la sua forza misteriosa e genuina e il suo contrapporsi con l’esistente reale storico sono topici.
Ci appare significativo a tal punto a livello esemplificativo citare l’anafora “nos patriae fines et dulcia linquimus arva, nos patriam fugimus” che contrapponiamo in forma antinomica, quasi a delineare il limite tra reale ed immaginario con le parole seguenti: “tu Tityre, lentus in umbra/ formosam resonare doces Amaryllide silvas”.
I primi versi si riferiscono ad una realtà storica vissuta dal poeta: l’abbandono delle terre (dulcia arva) e dei confini della patria. Ma subito incalza l’immaginario che viene sublimato sul mondo puro e incontaminato della natura in una dimensione simbolico-lirica.
Infatti nell’antinomia “tu lentus in umbra” notiamo l’atteggiamento elegiaco, pensoso di chi intende vivere assaporandola questa intensità del vivere autentico, che prende le stesse connotazioni del mondo naturale. Viene cantato un lento paziente esercizio, che è da intendersi altresì come ripiegamento dell’animo in se stesso; si semantizza lo zufolo dei pastori che rimanda al concetto di una poesia primigenie.
Si propone la voce possente della natura, appaiono i simboli ombra (buio – dubbio) e luce (rivelazione). A chi non torna in mente Pianto antico di G.Carducci?
Nella sera di Lucy Franco tutto questo assume una tonalità, una posa, un'intensità. Non credo che nella mente di Lucy la città assuma un'accezione negativa, ma a me piace pensarlo. La donna viene a rappresentare per me( mentalmente squilbrata) la meretrix dantesca. Io nei meandri e interstizi più profondi vivo notte e dì, ma mai avrei pensato di farlo in un lasso di tempo piuuttosto breve. Grazie per l'imput.
Ottima composizione: c'è qualcosa di nuovo nell'aria, anzi d'antico. Complimenti!
M.
- René - 30/12/2010 11:49 Commento di voto
... grande sintesi di uno stato d'animo.......Pro
fulvia menghi 30/12/2010 11:49 Commento di voto
spendida pro!paolobarbaresi 30/12/2010 11:49 Commento di voto
una meraviglia,nell'oblio.PRO + e subito nel mio profilo,concordo con V.O.G. nelle sue vedute anche a me pare di intravedere Stieglitz,complimenti.fation nure 30/12/2010 11:49 Commento di voto
secondo me una foto cosi bella stramerita la galleria!!buon voto
PROO
Contessa confusa 28/12/2010 19:00
bella!bella!bella!Mariana Magnani 28/12/2010 15:25
Che la natura sia il fulcro ideale-poetico nell'evoluzione artistica-letteraria è da sempre desumibile. Già un Teocrito trae ispirazione per la sua poesia bucolica da un paesaggio mediterraneo. Invero, entro una cornice agreste in cui si effonde il senso panico della natura, vivono i personaggi teocritei. Prevale sempre o quasi infatti la dimensione lirico-simbolica del paesaggio. Reale ed immaginario si intersecano e la libertà fantastica riesce a trasfigurare la materia erudita, pur presente nell’idillio in una creazione puramente artistica. In questa ottica si inserisce anche un senso profondo, seppur spesso implicito ed incomprensibile ad una prima lettura, della religione della natura.In questa empatia con essa, dal suo tripudio, sia pure con itinerari ideologico-estetici naturalmente del tutto diversi, si approda al trionfo della poesia. La metafora e la personificazione, non aliene da erudizione, sembrano volersi trasferire nelle regioni superiori di una poesia che, identificandosi con la vivezza di una natura primigenia e feconda, tende ad approdare al vero. E' frequente ed esplicito così il richiamo al mondo della natura, che si contrappone a quello della città. Saba è il primo nome che terrei a menzionare.
Natura e canto dell’anima tra realtà ed immaginazione diventano i connotatori di un modo autentico di sentire la vita; la lirica trasposizione del reale nell’immaginario sarà l’origine dell’ispirazione poetica e la conquista del vero.
Possiamo addurre ad esemplificazione comparativa le parole del principe nella “Favola del figlio cambiato” ( L.Pirandello), quando proprio l’incanto della natura gli infonde “gioia e salute” e poi gli rivela la “vera vita” . L’interscambio tra fisica e metafisica, tra reale ed immaginario, l’interconnessione tra tempo e spazio dentro e fuori di noi sono momenti fondanti ed ispiratori della poesia, che è protesa, come dirà Heidegger, alla ricerca dell’Essere.
Un altro aspetto che mi pare di potere rapportare a ciò la tragedia esistenziale di ogni uomo, prima ancora che poeta: le difficoltà dei poeti a comunicare con gli altri uomini, affaccendati a costruire beni materiali e la necessità di adattare la poesia, non su modelli preesistenti, anche se d’indiscusso valore, ma di viverla nel reale e nell’esistente per trasfigurarla nell’allegoria simbolica.
Anche il paesaggio virgiliano più che una realtà geografica è l’espressione di uno stato d’animo e la stessa contemplazione della natura diventa una proiezione nel mondo della storia. Nella contemperazione tra reale ed ideale, tra materia storica e immaginazione è importante sottolineare i nuovi orizzonti spirituali che l’età augustea aveva proposto: una nuova visione dell’uomo nei confronti del cosmo, una nuova interpretazione dello stoicismo e dell’epicureismo che implicavano una profonda e pensosa significazione religiosa del rapporto uomo-storia, uomo-natura. Si comprende allora come Virgilio abbia elaborato il ri-uso del mito per adottarlo alle esigenze più profonde del suo sentire di uomo e di poeta. Parimenti, ma con tendenze ideologiche ed esiti artistici necessariamente differenti e riferibili a mondi culturalmente e storicamente assai distanti, Pirandello nel ri-uso del mito nella Favola del Figlio Cambiato e nei Giganti della Montagna compendierà trasfigurando il reale nell’immaginario tutto l’itinerario del suo vissuto relazionandolo con la possibilità di una concezione poetica, che dia un senso al non senso, un Essere al non Essere.
"D'altro canto" Virgilio ci parla di un Nume presente, che ammonisce l’uomo al “labor” e al culto di una nuova società che raccordi l’uomo con la natura. “Deus nobis otia fecit”, così dice Virgilio , muovendo al lavoro dei campi, e che al contempo riconduce l’uomo ad uno stato di primigenia felicità immergendolo nel mondo autentico della natura.
Il pathos della natura, la capacità di intuirne la sua forza misteriosa e genuina e il suo contrapporsi con l’esistente reale storico sono topici.
Ci appare significativo a tal punto a livello esemplificativo citare l’anafora “nos patriae fines et dulcia linquimus arva, nos patriam fugimus” che contrapponiamo in forma antinomica, quasi a delineare il limite tra reale ed immaginario con le parole seguenti: “tu Tityre, lentus in umbra/ formosam resonare doces Amaryllide silvas”.
I primi versi si riferiscono ad una realtà storica vissuta dal poeta: l’abbandono delle terre (dulcia arva) e dei confini della patria. Ma subito incalza l’immaginario che viene sublimato sul mondo puro e incontaminato della natura in una dimensione simbolico-lirica.
Infatti nell’antinomia “tu lentus in umbra” notiamo l’atteggiamento elegiaco, pensoso di chi intende vivere assaporandola questa intensità del vivere autentico, che prende le stesse connotazioni del mondo naturale. Viene cantato un lento paziente esercizio, che è da intendersi altresì come ripiegamento dell’animo in se stesso; si semantizza lo zufolo dei pastori che rimanda al concetto di una poesia primigenie.
Si propone la voce possente della natura, appaiono i simboli ombra (buio – dubbio) e luce (rivelazione). A chi non torna in mente Pianto antico di G.Carducci?
Nella sera di Lucy Franco tutto questo assume una tonalità, una posa, un'intensità. Non credo che nella mente di Lucy la città assuma un'accezione negativa, ma a me piace pensarlo. La donna viene a rappresentare per me( mentalmente squilbrata) la meretrix dantesca. Io nei meandri e interstizi più profondi vivo notte e dì, ma mai avrei pensato di farlo in un lasso di tempo piuuttosto breve. Grazie per l'imput.
Ottima composizione: c'è qualcosa di nuovo nell'aria, anzi d'antico. Complimenti!
M.
zanon 25/12/2010 19:46
stupenda complimentiKarl R. H. 06/12/2010 22:14
what a wonderful tableauMila Milù 23/11/2010 16:42
è davvero bella..Flighty Furrow 17/11/2010 12:46
.Fiorisce in tardo autunno e richiede poche cure... con un dolce sguardo indagatore.
Dragomir Vukovic 16/11/2010 20:04
excellentEmir Hadzidervisagic Roki 13/11/2010 8:25
Una bellissima idea, amica Lucy, anche complimenti di nuovi...un caro salutone cordialmente...Emirfabrizio caron 09/11/2010 23:27
http://www.youtube.com/watch?v=1gTGmbA40ZQincantevole.
Tatiana Pisella 08/11/2010 20:08
Bellissima Lucy molto sensuale e nostalgica.Complimentissimi!!!
Gianni Boradori 05/11/2010 11:46
Semplicemente fantastica,sia l'idea che la realizzazione!!!!