71. Luglio: Laura Daddabbo
Sono laureata in legge dopo studi classici, ma la giurisprudenza non è mai stata la mia strada. Dopo due faticosi anni di praticantato in uno studio che si occupava di divorzi e affidamento di minori, alle soglie dell’esame di stato ho realizzato che stavo tradendo me stessa, buttandomi in un ambito che mi rattristava e non m’interessava affatto. Sono, infatti, sempre stata attratta da tutt’altro: leggere, scrivere, il cinema e la musica sono le mie attitudini e la fotografia la grande passione di sempre. Ho così cancellato in un attimo il lavoro di anni, non ho dato il famoso esame che mi avrebbe consacrato avvocato a vita e ho deciso di seguire i miei sogni, sfida piuttosto rischiosa in realtà e forse completamente vana, ma sicuramente, a posteriori, senza rimpianti.
Fotografo semplicemente perché ne ho bisogno, mi fa stare bene. Non ci sono astratte ricerche di mezzo, né presunti sogni di gloria. Lo faccio e basta, in modo un po' compulsivo forse. Accumulo quantità d’immagini impensabili, accumulo vita e la stocco in qualche disco esterno con l’illusione di tenere tutto, ricordare tutto, vincere l’oblio. Poi, improvvisamente, per qualche tempo nulla, non scatto niente e, poi, di nuovo, insaziabilmente dentro a questo vortice che mi avvicina a me. Sì, vicina e lontana da me, un po' così tutta la mia storia d’amore con questo mezzo che mi ha dato tanto fin da piccola.
Mio padre amava fotografare, aveva una Canon FTb che mi ha presto insegnato ad usare (e che conservo gelosamente tuttora), ma soprattutto faceva ritratti bellissimi di me e mia madre che mi hanno in un certo modo abituato ad usare la macchina fotografica per trattenere nel cuore.
Non ho fatto corsi di fotografia, ma, quando posso, amo partecipare ai workshops di fotografi che mi piacciono particolarmente; le recenti esperienze con Mustafa Sabbagh e George Georgiou mi hanno dato molto, anche a livello personale, in quanto persone in grado di condividere con gli altri non solo concetti tecnici, ma anche tanto di se stesse, mettendosi in discussione e mostrando umiltà, dote somma ai miei occhi di questi tempi.
Amo nelle mie fotografie giocare con luci ed ombre, illudermi di mettere in luce quel che è celato o, viceversa, illudendomi ancor più di nascondere quel che non mi piace, tutto in modo un po' teatrale, molto bianco e molto nero, così come mi sento in fondo anch’io, senza ambiguità.
Penso non si finisca mai d’imparare, mi piace ascoltare critiche e consigli, seguire il lavoro di altri che ammiro e stimo e circondarmi dei libri dei fotografi che adoro: Bresson, Izis, Trent Parke, Diane Arbus, Hoppè e mille altri perché non c’è fine al numero di stimoli che mi piace avere e perché trovo importante e salutare circondarsi di cultura e bellezza.
Un saluto a tutti ed un grande grazie allo staff di Fc per l’opportunità di questo spazio.
Fotografo semplicemente perché ne ho bisogno, mi fa stare bene. Non ci sono astratte ricerche di mezzo, né presunti sogni di gloria. Lo faccio e basta, in modo un po' compulsivo forse. Accumulo quantità d’immagini impensabili, accumulo vita e la stocco in qualche disco esterno con l’illusione di tenere tutto, ricordare tutto, vincere l’oblio. Poi, improvvisamente, per qualche tempo nulla, non scatto niente e, poi, di nuovo, insaziabilmente dentro a questo vortice che mi avvicina a me. Sì, vicina e lontana da me, un po' così tutta la mia storia d’amore con questo mezzo che mi ha dato tanto fin da piccola.
Mio padre amava fotografare, aveva una Canon FTb che mi ha presto insegnato ad usare (e che conservo gelosamente tuttora), ma soprattutto faceva ritratti bellissimi di me e mia madre che mi hanno in un certo modo abituato ad usare la macchina fotografica per trattenere nel cuore.
Non ho fatto corsi di fotografia, ma, quando posso, amo partecipare ai workshops di fotografi che mi piacciono particolarmente; le recenti esperienze con Mustafa Sabbagh e George Georgiou mi hanno dato molto, anche a livello personale, in quanto persone in grado di condividere con gli altri non solo concetti tecnici, ma anche tanto di se stesse, mettendosi in discussione e mostrando umiltà, dote somma ai miei occhi di questi tempi.
Amo nelle mie fotografie giocare con luci ed ombre, illudermi di mettere in luce quel che è celato o, viceversa, illudendomi ancor più di nascondere quel che non mi piace, tutto in modo un po' teatrale, molto bianco e molto nero, così come mi sento in fondo anch’io, senza ambiguità.
Penso non si finisca mai d’imparare, mi piace ascoltare critiche e consigli, seguire il lavoro di altri che ammiro e stimo e circondarmi dei libri dei fotografi che adoro: Bresson, Izis, Trent Parke, Diane Arbus, Hoppè e mille altri perché non c’è fine al numero di stimoli che mi piace avere e perché trovo importante e salutare circondarsi di cultura e bellezza.
Un saluto a tutti ed un grande grazie allo staff di Fc per l’opportunità di questo spazio.
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