27.12.11, 18:29
Messaggio 1 di 21
come sempre , quando sono in vacanza, mi dedico a leggere un po' di libri che essendo perlopiù, anzi SOLO, di fotografia mi impegnano a cercare di capire le immagini che in esso vi compaiono, a cercare di analizzarle oltre che per quello che dicono per come sono state realizzate. Gli ultimi libri che mi sono regalato ( è Natale ... e sono stato bravo...) sono relativi due al ritratto (Francesca Woodman -) e "Performance: Richard Avedon", uno alla fotografia di Street (Sequentially yours, Elliott erwitt) ed l'ultimo sul paesaggio ( Ansel Adams, 400 photograps ). Sfogliandoli, guardandoli e riguardandoli una domanda mi ha frullato per la testa valida per tutte le immagini anche se così differenti per tema, soggetto, tecnica ed espressività dei diversi autori.
la domanda è questa ... ve la giro così come è: come mai molta della fotografia che si vede qui sia nel ritratto che nella straight che nel paesaggio accentua a dismisura la saturazione dell'immagine ottenuta surrettiziamente con programmi di post produzione quasi a voler credere e a far credere che la esasperazione del segno costituisca un valore aggiunto all'immagine?
In loro vedo ritratti, istantanee e paesaggi in cui la successione tonale, il passaggio melodioso dei grigi, la morbidezza del segno rendano quelle immagini qualunque esse siano naturali, ricercate, costruite su un uso sapiente della luce sia essa diretta che portata, naturale o artificiale . Qui invece si esaspera il contrasto, si accentua il marcato grafico, si esasperano i toni dando poi alla fine all'immagine un valore quasi fumettistico, irreale ma soprattutto a mio avviso un po' pacchiano. Ma la cosa che meno mi sconfiffera è che i commenti , nella quasi totalità dei casi, gridano al miracolo in modo direttamente proporzionale alla maschera di contrasto che è stata applicata.
Mi chiedo come mai questo avvenga con sempre maggiore intensità a mio modo di vedere stravolgendo soprattutto nella fotografia bitonale, quella in bianconero,uno dei fondamenti della fotografia stessa: l'uso della luce in sede di ripresa, la gestione dei pesi e delle misure, la ricercatezza della composizione in cui la luce costituisce il cardine . non è forse che si pecchi un po' di arroganza e di mal celata scarsa conoscenza della tecnica e della cultura dell'immagine? Non è che si cerchi il roboanteinvece che il sussurrato? e non credo che questa ricerca sia nella maggiore parte dei casi frutto di una ricerca sapiente, di valutazioni critiche.
la domanda è questa ... ve la giro così come è: come mai molta della fotografia che si vede qui sia nel ritratto che nella straight che nel paesaggio accentua a dismisura la saturazione dell'immagine ottenuta surrettiziamente con programmi di post produzione quasi a voler credere e a far credere che la esasperazione del segno costituisca un valore aggiunto all'immagine?
In loro vedo ritratti, istantanee e paesaggi in cui la successione tonale, il passaggio melodioso dei grigi, la morbidezza del segno rendano quelle immagini qualunque esse siano naturali, ricercate, costruite su un uso sapiente della luce sia essa diretta che portata, naturale o artificiale . Qui invece si esaspera il contrasto, si accentua il marcato grafico, si esasperano i toni dando poi alla fine all'immagine un valore quasi fumettistico, irreale ma soprattutto a mio avviso un po' pacchiano. Ma la cosa che meno mi sconfiffera è che i commenti , nella quasi totalità dei casi, gridano al miracolo in modo direttamente proporzionale alla maschera di contrasto che è stata applicata.
Mi chiedo come mai questo avvenga con sempre maggiore intensità a mio modo di vedere stravolgendo soprattutto nella fotografia bitonale, quella in bianconero,uno dei fondamenti della fotografia stessa: l'uso della luce in sede di ripresa, la gestione dei pesi e delle misure, la ricercatezza della composizione in cui la luce costituisce il cardine . non è forse che si pecchi un po' di arroganza e di mal celata scarsa conoscenza della tecnica e della cultura dell'immagine? Non è che si cerchi il roboanteinvece che il sussurrato? e non credo che questa ricerca sia nella maggiore parte dei casi frutto di una ricerca sapiente, di valutazioni critiche.
:) per me, è che a frequentarsi uno, negli eccessi, s'assomiglia .. e poi, è per via della velocità. in lettura, dico. lo sguardo frettoloso impatta nella foto che riconosce simile alla sua e zacchete scatta il 'bravobellabis'. che è il 'vero' obiettivo, la foto vien dopo.
di qualsiasi tecnica o post si tratti ben inteso:
dal panorama da ultimi giorni dell'umanità, al capriolo impalliCaNnONato, all'insetto criotrattato.. per arrivare agli intimisti più bui, gli holghisti più mossi, i lensbebisti mai a fuoco :), o agli streettari, quelli da macchina al collo,(a volte due, che così non cambio obbiettivo che mi si sporca il sensore, ..e poi se capita, mentre passeggio in centro città o al mercato, la foto del secolo, sono pronto a scaricare a mitraglia la scheda).. ci sono quelli del gatto di casa, quelli che sognano di essere ancora alla festa del liceo, quelli che non ne sono mai usciti, e quelli che pur essendone usciti da cent'anni ancora ne ripropongono la mai doma esaltazione ormonale.
costoro trovano fra loro squisite conferme, come se lo schermo del pc fosse l'argento dello specchio delle brame.
Luca.. pochi, ma pochi sul serio, si fermano, a pensare, a girar pagina, e questi sono riconoscibili in modo chiaro.. per tanti altri è moto d'orgoglio e sintomo di virtù patteggiare il 'bisbravobella' di ritorno..
vabbè, uno pensa: è comunque un fatto estetico anche questo.. e poi, qui mica si è in orario da lavoro..
Messaggio Modificato (22:32)
di qualsiasi tecnica o post si tratti ben inteso:
dal panorama da ultimi giorni dell'umanità, al capriolo impalliCaNnONato, all'insetto criotrattato.. per arrivare agli intimisti più bui, gli holghisti più mossi, i lensbebisti mai a fuoco :), o agli streettari, quelli da macchina al collo,(a volte due, che così non cambio obbiettivo che mi si sporca il sensore, ..e poi se capita, mentre passeggio in centro città o al mercato, la foto del secolo, sono pronto a scaricare a mitraglia la scheda).. ci sono quelli del gatto di casa, quelli che sognano di essere ancora alla festa del liceo, quelli che non ne sono mai usciti, e quelli che pur essendone usciti da cent'anni ancora ne ripropongono la mai doma esaltazione ormonale.
costoro trovano fra loro squisite conferme, come se lo schermo del pc fosse l'argento dello specchio delle brame.
Luca.. pochi, ma pochi sul serio, si fermano, a pensare, a girar pagina, e questi sono riconoscibili in modo chiaro.. per tanti altri è moto d'orgoglio e sintomo di virtù patteggiare il 'bisbravobella' di ritorno..
vabbè, uno pensa: è comunque un fatto estetico anche questo.. e poi, qui mica si è in orario da lavoro..
Messaggio Modificato (22:32)
Quello che dice Luca è sotto gli occhi di tutti... e la risposta di Paolo, oltre che simpatica, mi pare molto condivisibile.
Il fatto è che, oggigiorno, photoshop ce l'hanno tutti... ma in pochissimi sanno a cosa serve. O forse, per meglio dire, non sanno che serve a poco!!!
Notate bene: io non mi metto certo fra quelli che sanno usarlo ma, almeno, mi astengo dai "bisbravobella"!!!
Il fatto è che, oggigiorno, photoshop ce l'hanno tutti... ma in pochissimi sanno a cosa serve. O forse, per meglio dire, non sanno che serve a poco!!!
Notate bene: io non mi metto certo fra quelli che sanno usarlo ma, almeno, mi astengo dai "bisbravobella"!!!
28.12.11, 00:19
Messaggio 4 di 21
condivido completamente quanto scrive Paolo soprattutto perchè è questo un argomento su cui paolo sa bene come la penso. purtroppo però in questo senso è una battaglia persa. quello che mi premeva dire era una riflessione di tipo forse più tecnico che non formal- comportamentale.
ossia che l'utilizzo in modo poco consapevole o forse troppo consapevole di determinate opzioni oltre che ad omologare la fotografia la falsa. credo che una educazione all'immagine per riprendere quanto scrive Giorgio consentirebbe a molti di valutare meglio le possibilità offerte dal digitale e di saper discernere quando come dove ma soprattutto perchè utilizzare certe opzioni . e non farlo comunque, a prescindere
ossia che l'utilizzo in modo poco consapevole o forse troppo consapevole di determinate opzioni oltre che ad omologare la fotografia la falsa. credo che una educazione all'immagine per riprendere quanto scrive Giorgio consentirebbe a molti di valutare meglio le possibilità offerte dal digitale e di saper discernere quando come dove ma soprattutto perchè utilizzare certe opzioni . e non farlo comunque, a prescindere
28.12.11, 09:37
Messaggio 5 di 21
argomento moooolto interessante di cui condivido pienamente, spalmandomi cenere sul capo, le argomentazioni.
Forse, perchè parlando di gusti e di ciò che ci piace, nulla è statico ma tutto va letto nel continuo divenire...
Dopo tutto ci vestiamo come 10, 50, 100 anni fa?...l'architettura è sempre la stessa? le cose che creiamo e costruiamo hanno tutte la stessa forma?...
Se nella vita reale tutto è un divenire, un moto ondoso continuo...perchè non possiamo accettarlo come concetto nel campo fotografico?...dopo tutto, io non mi alzo la mattina la "stessa" persona che la sera prima è andata a coricarsi, sol perchè comunque quella notte ho sognato ed ho incamerato "nuovi" dati...
Siamo in un campo difficilissimo...io parto dall'assunto che questi bellissimi nomi di fotografi hanno determinato uno "stile" e non di certo una "regola".
Sono confortato dal fatto che anche loro si differenziano uno dall'altro e se vogliamo troviamo splendidi esempi in ogni stile spaziando dai puristi dove nulla è permesso toccare a quelli che partono dalla realtà e arrivano completamente in un altro mondo...
Alla fine guardiamo ciò che ci fa piacere guardare...a prescindere dal nome che c'è sotto in firma....
Non entro nel campo dei significati dello scatto...troppo ignorante per farlo...ho visto semplici cose comuni dove alcuni neuroni impazziti vi hanno trovato il "segreto della vita"...ed opere concettuali ignorate perchè inguardabili, anche scatti che "offendono" il nostro precario equilibrio etico obbligandoci a guardare dove non vorremmo guardare e senza arrancare scuse, e siccome la lista è lunga... e anche per non fare brutta figura... mi tengo da tempo le mie considerazioni per me...alla fine, visto che di fotografie stiamo parlando, mi soffermo ad osservare solo ciò che mi genera quella strana sensazione di piacere e di godimento per i miei occhi...
Come al ristorante...ordino prevalentemente ciò che mi piace...anche se non disdegno piccole forchettate di prova...non si sa mai...
Messaggio Modificato (12:45)
Dopo tutto ci vestiamo come 10, 50, 100 anni fa?...l'architettura è sempre la stessa? le cose che creiamo e costruiamo hanno tutte la stessa forma?...
Se nella vita reale tutto è un divenire, un moto ondoso continuo...perchè non possiamo accettarlo come concetto nel campo fotografico?...dopo tutto, io non mi alzo la mattina la "stessa" persona che la sera prima è andata a coricarsi, sol perchè comunque quella notte ho sognato ed ho incamerato "nuovi" dati...
Siamo in un campo difficilissimo...io parto dall'assunto che questi bellissimi nomi di fotografi hanno determinato uno "stile" e non di certo una "regola".
Sono confortato dal fatto che anche loro si differenziano uno dall'altro e se vogliamo troviamo splendidi esempi in ogni stile spaziando dai puristi dove nulla è permesso toccare a quelli che partono dalla realtà e arrivano completamente in un altro mondo...
Alla fine guardiamo ciò che ci fa piacere guardare...a prescindere dal nome che c'è sotto in firma....
Non entro nel campo dei significati dello scatto...troppo ignorante per farlo...ho visto semplici cose comuni dove alcuni neuroni impazziti vi hanno trovato il "segreto della vita"...ed opere concettuali ignorate perchè inguardabili, anche scatti che "offendono" il nostro precario equilibrio etico obbligandoci a guardare dove non vorremmo guardare e senza arrancare scuse, e siccome la lista è lunga... e anche per non fare brutta figura... mi tengo da tempo le mie considerazioni per me...alla fine, visto che di fotografie stiamo parlando, mi soffermo ad osservare solo ciò che mi genera quella strana sensazione di piacere e di godimento per i miei occhi...
Come al ristorante...ordino prevalentemente ciò che mi piace...anche se non disdegno piccole forchettate di prova...non si sa mai...
Messaggio Modificato (12:45)
uh.. provando a leggere in quantità: nella rete dei rapporti, ormai astratti per via della lontananza, degli uomini tra di loro e non con le cose, sparisce la capacità d'attrazione di ciò che è ritenuto 'educazione'.
la voglia d'estraniamento dagli schemi e dalle classificazioni costringe alla continua ritrattazione dei segni portati in visione dalla foto. ognuno è dentro sè, e ciò è evidente quando la rappresentazione prevale sul rappresentato. l'immagine risultante, pur desiderando l'unicità, è spesso solo illustrazione collettiva, niente più. questo, per me, comporta il fatto che, spesso, la foto presentata sia la sua abbreviazione in contenuto, forma e significato. tutto ciò che fa è provocare l'occhio a tener testa alla situazione. l'osservatore, ammaestrato dal socialweb, è portato all'istantanea identificazione con uno strapotente 'mi piace'. nulla in più è richiesto. il divertente è che nulla è più reazionario.
è difficile Luca, l'educazione (collettiva) nel momento in cui il significato è zavorra. quel conforto è per pochi.
il desiderio di sorprendere l'altrui, qui in post esasperati o tecniche approssimative (anche mie, ben inteso), coincide con l'annuncio del proprio riconoscimento, ed è in accellerazione continua, indotto dall'abitudine al consumo.
queste alterazioni hanno fatto sì che l'educazione, nella sua forma individualistica, decadesse in ambiti casalinghi, senza che, per questo, diventasse possibile un pensiero collettivo.
parlo di un inevitabile accecamento che lucida l'apparenza, e non solo della foto, a scapito della sua essenza.
poi, Francesco.. ha ragione, alla fine guardiamo ciò che ci fa piacere guardare, con piccole forchettate di prova :)
Messaggio Modificato (11:29)
la voglia d'estraniamento dagli schemi e dalle classificazioni costringe alla continua ritrattazione dei segni portati in visione dalla foto. ognuno è dentro sè, e ciò è evidente quando la rappresentazione prevale sul rappresentato. l'immagine risultante, pur desiderando l'unicità, è spesso solo illustrazione collettiva, niente più. questo, per me, comporta il fatto che, spesso, la foto presentata sia la sua abbreviazione in contenuto, forma e significato. tutto ciò che fa è provocare l'occhio a tener testa alla situazione. l'osservatore, ammaestrato dal socialweb, è portato all'istantanea identificazione con uno strapotente 'mi piace'. nulla in più è richiesto. il divertente è che nulla è più reazionario.
è difficile Luca, l'educazione (collettiva) nel momento in cui il significato è zavorra. quel conforto è per pochi.
il desiderio di sorprendere l'altrui, qui in post esasperati o tecniche approssimative (anche mie, ben inteso), coincide con l'annuncio del proprio riconoscimento, ed è in accellerazione continua, indotto dall'abitudine al consumo.
queste alterazioni hanno fatto sì che l'educazione, nella sua forma individualistica, decadesse in ambiti casalinghi, senza che, per questo, diventasse possibile un pensiero collettivo.
parlo di un inevitabile accecamento che lucida l'apparenza, e non solo della foto, a scapito della sua essenza.
poi, Francesco.. ha ragione, alla fine guardiamo ciò che ci fa piacere guardare, con piccole forchettate di prova :)
Messaggio Modificato (11:29)
28.12.11, 14:12
Messaggio 8 di 21
i nomi da me citati erano solo un esempio per affermare che con stili,modi, tecniche e tempi differenti comunque la fotografia ha mantenuto una costanza linguistica in cui il la componente tecnica della stampa era parte fondante non solo e solamente del risultato prodotto, ma anche del momento ripreso.
io non sto parlando di ciò che noi apprezziamo, su cosa ci piace o meno, del risultato finale che si può "modificare" abbastanza facilmente con la post produzione ma dello snaturamento tra il reale ripresoe il reale riprodotto, intendendo con questo il risultato dell'azione fotografica.
Penso che tra queste due fasi l'applicazione di certe manomissioni fatte quasi solo a vantaggio del secondo, il reale riprodoto, determinino uno scollamento più che estetico e formale sostanziale rispetto al primo.
Credo che lo spazio ben poco definito tra le due azioni , il fotografare ed il mostrare il risultato,oggi venga coperto con una certa approssimazione o meglio con un tentativo, spesso di scarso valore, che ha come finalità il voler ricercare un accomodante riscontro visivo.
non è a mio avviso l'osservatore che deve fare un distinguo, che deve soffermarsi solo su ciò che gli è più congeniale dal punto di vista estetico , ma l'autore che dovrebbe , sempre secondo il mio modo di vedere, saper valutare in modo forse più complesso la sua azione senza finalizzare quella dello scatto ad assecondare la domanda visiva altrui
io non sto parlando di ciò che noi apprezziamo, su cosa ci piace o meno, del risultato finale che si può "modificare" abbastanza facilmente con la post produzione ma dello snaturamento tra il reale ripresoe il reale riprodotto, intendendo con questo il risultato dell'azione fotografica.
Penso che tra queste due fasi l'applicazione di certe manomissioni fatte quasi solo a vantaggio del secondo, il reale riprodoto, determinino uno scollamento più che estetico e formale sostanziale rispetto al primo.
Credo che lo spazio ben poco definito tra le due azioni , il fotografare ed il mostrare il risultato,oggi venga coperto con una certa approssimazione o meglio con un tentativo, spesso di scarso valore, che ha come finalità il voler ricercare un accomodante riscontro visivo.
non è a mio avviso l'osservatore che deve fare un distinguo, che deve soffermarsi solo su ciò che gli è più congeniale dal punto di vista estetico , ma l'autore che dovrebbe , sempre secondo il mio modo di vedere, saper valutare in modo forse più complesso la sua azione senza finalizzare quella dello scatto ad assecondare la domanda visiva altrui
28.12.11, 19:31
Messaggio 9 di 21
Cito l'assunto, alleggerito:
...come mai molta della fotografia ... accentua a dismisura la saturazione dell'immagine ottenuta surrettiziamente con programmi di post produzione quasi a voler credere e a far credere che la esasperazione del segno costituisca un valore aggiunto all'immagine? .. si esaspera il contrasto, si accentua il marcato grafico, si esasperano i toni dando poi alla fine all'immagine un valore quasi fumettistico, irreale ma soprattutto a mio avviso un po' pacchiano."
Alcuni fotografi contemporanei che stanno lasciando un'impronta rispondono esattamente a questo assunto. Basta googlare le immagini di
David Lachapelle
o
Martin Parr
Sono pacchianamente caricaturisti? Assecondano purulente domande visive? O stanno disegnando una delle molte strade che sa percorrere la Fotografia nella sua fantastica capacità di metamorfosi creativa?
...come mai molta della fotografia ... accentua a dismisura la saturazione dell'immagine ottenuta surrettiziamente con programmi di post produzione quasi a voler credere e a far credere che la esasperazione del segno costituisca un valore aggiunto all'immagine? .. si esaspera il contrasto, si accentua il marcato grafico, si esasperano i toni dando poi alla fine all'immagine un valore quasi fumettistico, irreale ma soprattutto a mio avviso un po' pacchiano."
Alcuni fotografi contemporanei che stanno lasciando un'impronta rispondono esattamente a questo assunto. Basta googlare le immagini di
David Lachapelle
o
Martin Parr
Sono pacchianamente caricaturisti? Assecondano purulente domande visive? O stanno disegnando una delle molte strade che sa percorrere la Fotografia nella sua fantastica capacità di metamorfosi creativa?
appunto....
:o)
:o)
28.12.11, 20:22
Messaggio 11 di 21
parr utilizza la forte saturazione cromatica per enfatizzare il surreale ed il patetico della realtà banale e stupida che riprende con ironia tipicamente inglese. Finalizza questa scelta quasi per creare un diaframma tra sè e "quel" mondo. Tra l'altro Parr non è fotografo da "era digitale" ma ha una storia personale "analogica" formatasi alla Magnum in epoca ben più lontana.
lachapelle proviene dal mondo della pubblicità e la sua fotografia trova nell'eccesso, in e di tutti i sensi, la sua natura di esistere. Per stare agli antipodi Giovanni Gastel pratica lo stesso genere ma in modo del tutto opposto e secondo me con maggiori risultati in termini di eleganza sobrietà e ricercatezza ( parere mio). Poi si potrebbe discutere a lungo sull'immagine digitale "alla Lachapelle" che personalmente, ma questo è una mia opinione è fotografo troppo commerciale e pratica una fotografia artefatta per i miei gusti da purista impenitente. La fotografia di Lachapelle è inoltre molto costruita sul set e sarebbe quasi impossibile ricrearla in modo amatoriale, tra l'altro.
questi due autori non possono essere presi ad esempio per i tipi , ritratto paesaggio e straight photography che ho citato e che sono tra i più tipici della fotografia praticata dai più. Ma in generale non lo possono proprio per il tema di questa discussione.
casomai si potrebbe fare alcuni valutazioni a proposito di irving penn che sapeva adattare la tecnica di stampa toccando gli estremi delle possibilità offerte dalla tecnica a seconda se lavorava nel ritratto( small trades), quando scattava per la pubblicità ( Retrospektives e soprattutto le campagne per La Clinique e leimmagini di moda) o quando faceva gli still life ( Still Life) oppure i nudi ( Early Nudes) sviluppando tecniche di sviluppo e stampa molto complesse per arrivare a certi tipi di desaturazione dei grigi che secondo la Krauss sono tipici delle tecniche del collages. Anche qui se ne può parlare a lungo..
tra parentesi i libri citati si possono trovare abbastanza facilmente su Amazon.. per rimanere in ambito internettiano
appunto.. senza googlare, ma andando a memoria
Messaggio Modificato (8:58)
lachapelle proviene dal mondo della pubblicità e la sua fotografia trova nell'eccesso, in e di tutti i sensi, la sua natura di esistere. Per stare agli antipodi Giovanni Gastel pratica lo stesso genere ma in modo del tutto opposto e secondo me con maggiori risultati in termini di eleganza sobrietà e ricercatezza ( parere mio). Poi si potrebbe discutere a lungo sull'immagine digitale "alla Lachapelle" che personalmente, ma questo è una mia opinione è fotografo troppo commerciale e pratica una fotografia artefatta per i miei gusti da purista impenitente. La fotografia di Lachapelle è inoltre molto costruita sul set e sarebbe quasi impossibile ricrearla in modo amatoriale, tra l'altro.
questi due autori non possono essere presi ad esempio per i tipi , ritratto paesaggio e straight photography che ho citato e che sono tra i più tipici della fotografia praticata dai più. Ma in generale non lo possono proprio per il tema di questa discussione.
casomai si potrebbe fare alcuni valutazioni a proposito di irving penn che sapeva adattare la tecnica di stampa toccando gli estremi delle possibilità offerte dalla tecnica a seconda se lavorava nel ritratto( small trades), quando scattava per la pubblicità ( Retrospektives e soprattutto le campagne per La Clinique e leimmagini di moda) o quando faceva gli still life ( Still Life) oppure i nudi ( Early Nudes) sviluppando tecniche di sviluppo e stampa molto complesse per arrivare a certi tipi di desaturazione dei grigi che secondo la Krauss sono tipici delle tecniche del collages. Anche qui se ne può parlare a lungo..
tra parentesi i libri citati si possono trovare abbastanza facilmente su Amazon.. per rimanere in ambito internettiano
appunto.. senza googlare, ma andando a memoria
Messaggio Modificato (8:58)
28.12.11, 20:28
Messaggio 12 di 21
la questione , forse mal esposta o forse mal compresa, non è in chi o in cosa facevano questo o quello e/ o quello che si fa ora in certi casi spesso maldestralmente ma è altra. cerco di spiegaremi in modo più semplice:
perchè ora , a differenza di un tempo ove tecniche di sviluppo e stampa permettevano di ottenere una forte relazione tra soggetto ( il ripreso) ed oggetto ( la fotografia), sembra che questo rapporto sia venuto meno a scapito di una omologazione del risultato? A mio avviso ciò non dipende dal mezzo usato, il digitale, che consentirebbe con grande facilità di operare in modo molto ampio, ma da una cultura sia visiva che tecnica che trova sempre risposte facili e pronte e non sviluppa la ricerca e la sperimentazione personale
Messaggio Modificato (21:12)
perchè ora , a differenza di un tempo ove tecniche di sviluppo e stampa permettevano di ottenere una forte relazione tra soggetto ( il ripreso) ed oggetto ( la fotografia), sembra che questo rapporto sia venuto meno a scapito di una omologazione del risultato? A mio avviso ciò non dipende dal mezzo usato, il digitale, che consentirebbe con grande facilità di operare in modo molto ampio, ma da una cultura sia visiva che tecnica che trova sempre risposte facili e pronte e non sviluppa la ricerca e la sperimentazione personale
Messaggio Modificato (21:12)
Luca... sei un "pozzo di cultura fotografica"...
ma quanti libri hai? E quanti libri leggi? :-)
A parte tutto... sei stato chiarissimo!!!
ma quanti libri hai? E quanti libri leggi? :-)
A parte tutto... sei stato chiarissimo!!!
29.12.11, 11:46
Messaggio 14 di 21
è una goduria leggervi ...
« la domanda è questa ... ve la giro così come è: come mai molta della fotografia che si vede qui sia nel ritratto che nella straight che nel paesaggio accentua a dismisura la saturazione dell'immagine ottenuta surrettiziamente con programmi di post produzione quasi a voler credere e a far credere che la esasperazione del segno costituisca un valore aggiunto all'immagine? »
Luca, la tua argomentazione è, per un verso, impeccabile, ma un tantino "partigiana" (e lo dice uno che ha, non moltissimo, ma molto sviluppato e stampato in modo sostanzialmente "classico") in quanto conduce (come numerosi interventi superiori dimostrano) alla risposta che ti aspetti di ricevere.
In casi del genere, come sai, mentre non rifuggo dalla risposta, tuttavia, rifiutando per mia connotazione genetica "l'accodamento", mi pongo sul versante opposto: cioè perché non si dovrebbe fare ricorso, oggi, a tutto ciò che il digitale offre, al limite esagerando?
Lo sviluppo tecnologico è, che ci piaccia o meno, inarrestabile. Ragionamenti (assolutamente fondati) come i tuoi sicuramente ci sono stati nel passato. Nel medioevo i giovani artisti iniziavano la carriera andando a "bottega" a 10-11 anni, e non mettevano di certo mano sulle tavole: il loro ruolo principale era quello di preparare i colori. Poi, nell'800, arrivarono i colori già preparati in tubetto...
Molti grandi fotografi hanno iniziato sviluppando e stampando per altri: il caso più noto è quello di Ansel Adams, che iniziò appunto stampando le foto di Dorothea Lange.
Voglio dire che nel passato (più o meno recente) presupposto dell'acquisizione della "tecnica" era il duro caparbio tenace apprendistato.
Oggi i mezzi che la tecnologia digitale offre sono (almeno apparentemente) alla portata di tutti: e questa è un'autentica rivoluzione democratica, che toglie quell'aura di sacralità che avvolgeva il "mestiere" del fotografo: chiunque può fotografare, paradossalmente anche meglio di un professionista, che deve pur portare a casa la pagnotta, mentre l'amatore, o se si preferisce, il "fotografo della domenica", se ha creatività (e mezzi), svincolato da esigenze contingenti, può realizzare foto (immagini) decisamente "superiori".
Certo questo è un discorso non facile da digerire.
Tornando alla domanda, non è affatto vero che all' "epoca" non si esagerasse: la riscoperta del Futurismo, p. es., ha fatto riscoprire fotografi geniali che non si contentavano di stampare una foto se non sovrapponendo due, o meglio tre negativi.
Sfogliando riviste e pubblicazioni degli anni '70-80 si vedono fotografie che oggi definiremmo tranquillamente "photoscioppate". Io stesso sono rimasto sbalordito nel vedere nell' "Enciclopedia pratica per fotografare", in sei volumi, diretta da Arturo Carlo Quintavalle, edita dalla F.lli Fabbri Ed. nel 1979 (che ho acquistato per pochi euro un paio di anni fa), corredata da splendide fotografie, fotografie in bn col "filino" bianco sui bordi: improvvisamente mi sono reso conto di avere probabilmente esagerato le volte in cui, in "Agorà", ho "rimproverato" qualcuno di avere esagerato con la "maschera di contrasto".
Personalmente sto in parte "rivisitando" il mio percorso fotografico, riprendendo l'analogico (attualmente dispongo di tre ottimi corpi macchina), e sono arciconvinto che per i generi che hai citato (ritratto - straight - paesaggio) l'onestà fotografica e la sobrietà nell'uso delle risorse digitali sono la cifra che distingue il "fotografo" dalla massa. Però guardo con grande attenzione le sperimentazioni e le contaminazioni che il digitale consente: non si può nascondere che soprattutto negli ambiti pubblicitari e artistici i risultati sono, in molti casi, notevoli.
.
Messaggio Modificato (22:41)
Luca, la tua argomentazione è, per un verso, impeccabile, ma un tantino "partigiana" (e lo dice uno che ha, non moltissimo, ma molto sviluppato e stampato in modo sostanzialmente "classico") in quanto conduce (come numerosi interventi superiori dimostrano) alla risposta che ti aspetti di ricevere.
In casi del genere, come sai, mentre non rifuggo dalla risposta, tuttavia, rifiutando per mia connotazione genetica "l'accodamento", mi pongo sul versante opposto: cioè perché non si dovrebbe fare ricorso, oggi, a tutto ciò che il digitale offre, al limite esagerando?
Lo sviluppo tecnologico è, che ci piaccia o meno, inarrestabile. Ragionamenti (assolutamente fondati) come i tuoi sicuramente ci sono stati nel passato. Nel medioevo i giovani artisti iniziavano la carriera andando a "bottega" a 10-11 anni, e non mettevano di certo mano sulle tavole: il loro ruolo principale era quello di preparare i colori. Poi, nell'800, arrivarono i colori già preparati in tubetto...
Molti grandi fotografi hanno iniziato sviluppando e stampando per altri: il caso più noto è quello di Ansel Adams, che iniziò appunto stampando le foto di Dorothea Lange.
Voglio dire che nel passato (più o meno recente) presupposto dell'acquisizione della "tecnica" era il duro caparbio tenace apprendistato.
Oggi i mezzi che la tecnologia digitale offre sono (almeno apparentemente) alla portata di tutti: e questa è un'autentica rivoluzione democratica, che toglie quell'aura di sacralità che avvolgeva il "mestiere" del fotografo: chiunque può fotografare, paradossalmente anche meglio di un professionista, che deve pur portare a casa la pagnotta, mentre l'amatore, o se si preferisce, il "fotografo della domenica", se ha creatività (e mezzi), svincolato da esigenze contingenti, può realizzare foto (immagini) decisamente "superiori".
Certo questo è un discorso non facile da digerire.
Tornando alla domanda, non è affatto vero che all' "epoca" non si esagerasse: la riscoperta del Futurismo, p. es., ha fatto riscoprire fotografi geniali che non si contentavano di stampare una foto se non sovrapponendo due, o meglio tre negativi.
Sfogliando riviste e pubblicazioni degli anni '70-80 si vedono fotografie che oggi definiremmo tranquillamente "photoscioppate". Io stesso sono rimasto sbalordito nel vedere nell' "Enciclopedia pratica per fotografare", in sei volumi, diretta da Arturo Carlo Quintavalle, edita dalla F.lli Fabbri Ed. nel 1979 (che ho acquistato per pochi euro un paio di anni fa), corredata da splendide fotografie, fotografie in bn col "filino" bianco sui bordi: improvvisamente mi sono reso conto di avere probabilmente esagerato le volte in cui, in "Agorà", ho "rimproverato" qualcuno di avere esagerato con la "maschera di contrasto".
Personalmente sto in parte "rivisitando" il mio percorso fotografico, riprendendo l'analogico (attualmente dispongo di tre ottimi corpi macchina), e sono arciconvinto che per i generi che hai citato (ritratto - straight - paesaggio) l'onestà fotografica e la sobrietà nell'uso delle risorse digitali sono la cifra che distingue il "fotografo" dalla massa. Però guardo con grande attenzione le sperimentazioni e le contaminazioni che il digitale consente: non si può nascondere che soprattutto negli ambiti pubblicitari e artistici i risultati sono, in molti casi, notevoli.
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Messaggio Modificato (22:41)