Il limite etico della post produzione

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- René - - René - Messaggio 1 di 26
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... "Cosa succede dopo l’istante decisivo dello scatto? Come interpretare il negativo, ieri analogico, oggi digitale? Cosa vuol dire post-produrre un’immagine, portarla a forma compiuta? Quali sono i limiti dell’intervento? Sono alcune delle domande poste a Claudio Palmisano, considerato il miglior post-produttore in Italia e nell’eccellenza anche in ambito internazionale. Con le sue risposte si entra nel cuore del processo creativo che elabora la forma finale della fotografia e dell’odierno delicatissimo dibattito sull’etica della lavorazione. Grazie anche ad alcuni esempi luminosi di uso della camera oscura, dal bianco e nero di Koudelka e Salgado ai colori di Zizola e Kozyrev."...

Vi consiglio di leggere questa interessantissima intervista a Claudio Palmisano.
Vi sono dei concetti che nella loro logica chiarezza espositiva ci possono orientare,
anche nel nostro piccolo, a far luce su alcune tematiche della nostra attività amatoriale,
spesso affrontate in questo forum.

Fate click su Intervista n. 1 - Claudio Palmisano

http://www.nikonschool.it/sguardi/84/index.php
Rosalba Crosilla Rosalba Crosilla Messaggio 2 di 26
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Assolutamente grazie della segnalazione ... che è da sempre una domanda che mi rosica
Alessandro Rovelli Alessandro Rovelli Messaggio 3 di 26
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Un grazie profondo per questa segnalazione René...articolo eccellente ed interessantissimo!
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 4 di 26
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I miei complimenti René.
lucy franco lucy franco   Messaggio 5 di 26
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esaustiva e illuminante

grazie Renè
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 6 di 26
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Ma grazie Renè! mOOOltointeressante :)
Gianpaolo Giambuzzi Gianpaolo Giambuzzi Messaggio 7 di 26
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Articolo molto interessante... ma come ogni argomento puo' avere sempre angoli di visione differenti, personalmente non mi schiero, ma rifletto, considerando il taglio di questo 3D... Anche se... ;-) )

Il cinema di Lumiere e Meliès... cosa ne dite se lo facciamo rientrare anche nel discorso della fotografia?

Spiego brevemente le due "facce"...

http://www.tesionline.it/v2/appunto-sub.jsp?p=2&id=83
(citazione)
"...Meliès ha il merito di aver scoperto che il cinema non riproduce la realtà, ma mondi diversi dalla realtà, ci immette in un mondo immaginario che non viene raccontato, ma mostrato. La sua fortuna fu breve perché vendeva le pellicole una per una e non esistendo diritto d’autore esaurì il repertorio, fu rilanciato nel 1931 dagli espressionisti che organizzarono la prima retrospettiva nella storia del cinema ... "

http://www.epertutti.com/storia-dell-ar ... G13631.php
(citazione)
"..Dopo aver già traghettato il film dallo stadio di riproduzione a quello d’espressione, in pochi anni Meliès libera il cinema da molte delle sue limitazioni tecniche incominciando ad usare le prime ure dello stile cinematografico: arresti per la sostituzione improvvisa dei personaggi, primo piano..."



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Secondo il mio pensiero...
Sintetizzando: una realta' fine a se stessa, come quando un prodotto artistico (pittura, fotografia) non ha nessuna intenzione di riprodurre un altro elemento artisco - ad esempio un angolo di natura dove
l' artista vero e' il creatore - ma vuol rappresentare unicamente se stesso. Quindi un pezzo d' arte unico e irripetibile. L' uomo elemento della natura che produce (non riproduce) a sua volta, in forma esclusiva, una sua originale creazione, un atto creativo insomma per eccellenza.
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Conclusione

Lumiere

La realtà di Meliès e Lumiere
(Citazione)
http://www.tesionline.it/v2/appunto-sub.jsp?p=4&id=551

..."Due personaggi in particolare evidenziano bene la dicotomia tra realtà obiettiva, da catturare in maniera distaccata, e realtà fantasiosa, che manipola la realtà oggettiva: Lumiere e Meliès. In apparenza si potrebbe dire che tutto è vero nei film di Lumiere, e tutto è inventato in quelli di Meliès. Per Lumiere, infatti, registrare la realtà è un’operazione di valore scientifico e documentario, un’azione da compiere con la consapevolezza che il mondo è un libro aperto e leggibile, come positivismo insegnava. In realtà i loro modi di fare cinema erano più simili di quanto essi stessi pensassero. Il materiale che Lumiere filmava (gente, strade, vita in generale) non era inquadrato da un occhio vergine, ma frutto di una scelta precisa, dipesa dai gesti, dal gusto e dalla preparazione dell’operatore e del regista. Il cinema di Meliès, di contro, pretendeva di rappresentare la fantasia con mezzi realissimi, come l’obiettivo della cinepresa. Entrambi, in sostanza, producevano film che non avevano alcun rapporto con la casualità e l’imprevedibilità del mondo.
Per questi motivi, un trentennio più tardi, Osip Brik avrebbe invocato il progresso tecnico: per poter filmare effettivamente i fatti reali. In realtà nemmeno Brik aveva colto interamente il problema, e il progresso tecnico si limitò a migliorare la qualità della pellicola, non a risolvere il dilemma di fondo del cinema..."
di Gherardo Fabretti
Franco Farina Franco Farina Messaggio 8 di 26
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Non fa male leggere ogni tanto qualcuno che ricorda, ad esempio, che il BN è di fatto una interpretazione e non la riproduzione della realtà, dato che, ma molti se ne dimenticano, il mondo è a colori.
Per cui, e mi trovo in linea con Palmisano, non esiste una forma di riproduzione del reale, se non altro perché non è possibile, per cui sarebbe corretto allargare gli orizzonti e considerare la fotografia uno dei tanti strumenti interpretativi della realtà.
Parliamo ovviamente di arte, almeno in senso lato.
Davide Procaccini Davide Procaccini   Messaggio 9 di 26
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Ci sono generi diversi di fotografia e alcuni per loro natura sono lontani dalla necessità di rappresentare la realtà, altri hanno come scopo principale quello di fare informazione e di documentare (la fotografia non è necessariamente arte). Sul limite da non superare con la post-produzione, perchè un immagine possa ancora definirsi fotografia si è ampiamente dibatutto e forse non se ne verra mai a capo (discorso divenuto decisamente noioso) ..... ogniuno di noi egocentricamente, difende, più che la Fotografia, la necessità che quest' ultima assomigli sempre più all' esigenza di esternare il proprio Io.
Ogniuno di noi sono certo sarà in grado di fornire esempi più o meno attinenti a sostegno delle proprie teorie. Certo è, che nella fotografia documentale e in particolar modo nel fotogiornalismo l'intervento esagerato in post produzione sta creando un problema etico non indifferente e ha distrutto una professione. Per molti è un gioco per alcuni è una cosa seria, "era" un lavoro. Qualcuno, prima forse anche sostenitore del cambiamento, oggi comincia a porsi seriamente il problema. Vi invito a leggere anche questa riflessione recente di Renata Ferri.

http://www.ilpost.it/renataferri/2012/0 ... cio-amaro/
- René - - René - Messaggio 10 di 26
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Beh... perfettamente d'accordo con te e con Renata Ferri...
Grazie
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 11 di 26
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Citazione: Davide Procaccini 08.10.12, 16:30Al messaggio citatoCi sono generi diversi di fotografia e alcuni per loro natura sono lontani dalla necessità di rappresentare la realtà, altri hanno come scopo principale quello di fare informazione e di documentare (la fotografia non è necessariamente arte). Sul limite da non superare con la post-produzione, perchè un immagine possa ancora definirsi fotografia si è ampiamente dibatutto e forse non se ne verra mai a capo (discorso divenuto decisamente noioso) .....

Vero, tuttavia: non che voglia sostenere che non si debba pensare comunque con la propria testa; certo non si deve adesso prender per oro colato tutto quanto venga detto da un "nome", tuttavia è sempre interessante ascoltare quanto dicono o pensano coloro che vivono la fotografia come professione per portare a casa la pagnotta e non come semplice hobby. Questa come altre community è per la maggior parte costituita da fotografi per hobby. Molti dei quali pensano che basti fare un paio di scatti con l'ultima digitale di grido, possibilmente molto cara, anche se poi usata in automatico, un paio di contrasti sparati che tanto vanno di moda oggi e non costano gran fatica, per essere fotografi. E subito si trasformano in depoisitari della verità e teorici della fotografia. Ed il popolo bue che subito si lascia impressionare da quelle che vengono in questi luoghi definite foto "d'impatto", si quelle che sono tutte uguali le une alle altre proprio come dice giustamente la Ferri, le stesse foto che sono piaciute sicuramente anche a me un tempo (credo) perché anch'io sarò stato bue come altri, le stesse foto di cui però dopo qualche anno di fotografia ci stufiamo, beh, questo popolo segue a gregge, dimenticandosi dove sta la vera fotografia, dimenticandosi di frequentare mostre fotografiche, di vedere cosa fanno i veri maestri, che hanno la loro firma. E qui sono in disaccordo con la Ferri, non trovo che i maestri oggi manchino. Piuttosto certi problemi enunciati dalla Ferri ci sono sempre stati. Non capisco francamente il modo in cui viene il tutto venga drammatizzato. Non metto in dubbio che magari certe tendenze si siano acquite. Ma siamo sicuri che non siano mai state presenti? Mi sembra che qui si cerchi un po' di scoprire l'acqua calda, laddove Gustave Le Gray due secoli or sono già mostrava la sua aspirazione manipolativa inventando l'HDR che molti solo un paio di anni fa ritenevano assoluta novità.

http://www.unframedworld.com/learn-phot ... otography/

E che dire delle perplessita di Susan Sontag a proposito della capacità manipolativa della fotografia sulla percezione umana? Tanto per ricordarlo, On photography è uscito nel 77, un tot di anni prima che la Ferri mostrasse tutta questa preoccupazione verso le possibilità manipolative della moderna fotografia di reportage o documentaristica. E poi, non, voglio offendere nessuno nella cerchia dei professionisti, ma: dice la Ferri che questa omologazione e spersonalizzazione fotografica che viviamo derivi dall'anelito dei più a lasciare la loro firma d'autore. Magari ho poi capito male il senso delle sue parole. Se invece l'ho inteso nel modo giusto, allora la vedo in modo diverso. Se voglio lasciare una firma d'autore, cerco di differenziarmi e non di omologarmi. E le forzature fotografiche che oggi viviamo le vedo come omologazione. Un'omologazione che è il frutto di una società che non è + capace di credere in sé stessa, nelle proprie qualità ma sempre alla ricerca di un elogio, sia esso monetario o una stauetta da portarsi a casa o una pacca sulla spalla o l'inserimento nella sezione esclusiva dell'ultima community di turno. Questo è il risultato di un modello sempre + meritocratico che impone l'adeguamento. Chi non si adegua è out e non campa. Per me queste sono motivazioni che non hanno nulla a che fare con la firma autoriale. Purtroppo.
Davide Procaccini Davide Procaccini   Messaggio 12 di 26
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Caro Fabio la capacità manipolativa della fotografia sulla percezione umana di cui parla Susan Sontag nei suoi saggi credo abbia poco a che fare con la fotografia manipolata, comunque ti ringrazio per lo spunto acquisterò il libro e approfondirò. Dell' influenza che le foto hanno sulla percezione umana credo tratti anche nel libro "Davanti al dolore degli altri". Per quanto riguarda la Ferri che stimo e che riguardo ad un certo tipo di fotografia, "il fotogiornalismo", di esperienza ne ha da vendere, nella frase "i fotografi hanno perso il rapporto con la realtà, presi dalla foga di esprimere se stessi, di produrre immagini sempre più “forti” per un’ingenua, quanto assurda, necessità di lasciare il loro segno, così caricaturale da divenire debole e indistinto" ci ho letto altro.
Nella prima foto portata ad esempio nell' intervista a Palmisano trovo solo io un esagerazione nella post produzione che l' ha resa quasi una scena da cartoon? se calcoliamo che la foto in questione fa parte di una serie di lavori della fondazione/collettivo "Noor" che si prefiggono l'intento di denunciare i problemi globali del pianeta, suppongo, dovrebbero riprodurre più fedelmente possibile le condizioni ambientali e umane per fare in modo che l'osservatore possa credere in quello che vede, rendersi conto "mi sbaglio"?. Se queste immagini danno più spazio al voler essere accattivanti col post fino a snaturarsi, più che a raccontare e a dimostrare la realtà, non credi che perdano di credibilità e di peso per lo scopo che si prefiggono e finiscano per andare a noia? Non pensi che un racconto pieno di bugie può essere una bella storia di fantasia, una fiction appunto, ma non un documento storico atto a fare informazione? Leggeresti un libro di storia pieno di divagazioni fantasiose dell' autore che pensa così facendo di renderlo più interessante? Sappiamo tutti che la post produzione c'è sempre stata ed è necessaria come nella foto portata as esempio poco dopo. Nello scatto di Salgado "volutamente fatto così" quel +8 di recupero nella parte centrale credo siaimpossibili oggi su un unico scatto digitale" si scattava così in certe condizioni consapevoli delle possibilità dei mezzi usati e ancora oggi credo solo alcune pellicole in bianco e nero permettano tanto. Anche in quella dopo di Koudelka c'è un grande lavoro ma non ditemi che i rusultati ottenuti non sono comunque plausibili o realistici.
Vado anche io da qualche anno a Perpignan per il Visa pour l'image e dopo la grande euforia della mia prima edizione, anno dopo anno ho avuto ti assicuro la stessa sensazione di Renata.
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 13 di 26
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Ciao Davide, innanzitutto grazie per aver reso ancor + stimolante una discussione già di per sé interessante grazie al bel forum di René.
Passo a risponderti punto per punto solo per chiarezza lasciando tuttavia l'ultimo punto apposta per ultimo.

Citazione: Davide Procaccini 11.10.12, 18:17Al messaggio citatoPer quanto riguarda la Ferri che stimo e che riguardo ad un certo tipo di fotografia, "il fotogiornalismo", di esperienza ne ha da vendere,

Non metto in dubbio la tua stima per la Ferri, ci mancherebbe, anche perché altrimenti non avresti linkato il suo articolo. E vorrei che fosse chiara una cosa che magari ho espresso male. Non è che non approvi le parole della Ferri o le sue motivazioni. Ben vengano parole di persone, soprattutto professionisti del settore che ci ricordino ogni tanto dove sta o dove dovrebbe stare la vera fotografia. Non ho nulla da dire su quanto detto nell'articolo in questione sui livelli di postproduzione di certe foto. Quello che mi lascia perplesso è, passami il termine, una certa ingenuità nel credere che questa sia cosa nuova. Ma magari poi tale ingenuità è voluta o simulata per dar maggior peso alle parole. Quello solo che mi rincresce è che spesso parliamo in maniera negativa, diciamo distruttiva, piuttosto che non costruttiva. Indubbiamente è vero che certe tendenze negli anni si sono accentuate, ma se è così perché non provare a fare un discorso costruttivo e provare per una volta a parlare dei fotografi che invece hanno un approccio diverso. Ci sono. Ci sono ancora. Magari sono in diminuzione, ma allora proprio per questo, soprattutto persone con la sensibilità tua o della Ferri, devono rimboccarsi le mani e scovarli, dagli spazio, rilievo, farli conoscere, e soprattutto portare agli occhi della massa che esiste un altro tipo di fotografia, pure apprezzabile, magari più sottotono, meno appariscente e tuttavia con + contenuti da leggersi tra le righe. Intendiamoci, poi magari la Ferri questo lavoro lo fa anche, io non la conosco, ma il mio adesso vuole essere un invito anche per questa community a cercare di pensare in modo un po' diverso, di premiare un po' più la varietà espressiva. Mi guardo attorno e anche qui vedo come altrove i problemi enunciati da persone come te o come la Ferri. Foto che si assomigliano sempre di +, neri assurdi, vignettature che ti coprono due terzi di un'immagine per non parlare poi della fotografia artistica. Sembra che oggi come oggi se non fai concept, arte o immagini lugubre, pessimistiche, deprimenti e magari perché no un po' malate o disturbanti (mi sembra di tornare ai tempi di certa pittura fiamminga, non a caso tanti "capiscuola" di certa fotografia vengono anche proprio da quelle parti) non sei un artista. E se non sei un artista non sei neanche un fotografo. Ma dove sono finiti i fotografi come Scianna che rivendicavano persino il loro "non essere artisti"?

Se io ho scritto all'epoca nella tua home è stato proprio perché ho apprezzato l'evoluzione di un ragazzo e di un fotografo che è passato da questo scatto
.Privati dissidi. La foto non è stata votata per la galleria .Privati dissidi. Davide Procaccini 10.02.09 137
tornando dopo un'assenza in FC mostrando una crescita fantastica con scatti come questo
15102011_8 15102011_8 Davide Procaccini 28.10.11 4
E tuttavia quale tra i due scatti si prende poi una stellina? Ma potrei paragonare il secondo anche con altri di reportage di altri fotografi facilmente trovabili in questa community, che hanno riscosso applausi e complimenti grazie al fatto che un cielo bello nuvoloso e drammatico ha dato il kick in +. E tuttavia uno scatto come il tuo (parlo del secondo, passa inosservato con 3 commenti. Perché? Perchè il tizio con la bandiera non è a fuoco, mentre lo è la macchina che brucia, perché la foto è mossa, non sufficientemente nitida, perché non c'è un bel cielo drammatico, ecc. Così ragionano i +.

Ma io, con questo, non voglio neanche demonizzare i fruitori della fotografia. Ogni fotografia è frutto ed allo stesso tempo simbolo del suo tempo. Perché una foto degli anni 50, una dei 70 ed una di oggi sono tanto diverse? Non è solo l'anelito ad essere artisti, a lasciare la propria impronta. È anche un aspetto + squisitamente e prettamente commerciale che porta i + (i fotografi) ad adeguarsi ai gusti delle masse. Che sono guidati da tanti fattori, non ultimi, la pubblicità, i poster, il cinema, la televisione, ecc. E se non ti adegui, lo farà il tuo vicino. E lui alla sera cenerà mentre tu dovrai tirare la cinghia. Giusto o sbagliato che sia è così che i + poi ragionano o sono costretti a ragionare.

Devo andare adesso ma tra un'oretta tornerò sugli altri punti. A tra poco, to be continued... ;-)
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 14 di 26
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Riprendendo da dove ho lasciato. Per rispondere agli altri punti:

Citazione: Davide Procaccini 11.10.12, 18:17Al messaggio citatoNella prima foto portata ad esempio nell' intervista a Palmisano trovo solo io un esagerazione nella post produzione che l' ha resa quasi una scena da cartoon? se calcoliamo che la foto in questione fa parte di una serie di lavori della fondazione/collettivo "Noor" che si prefiggono l'intento di denunciare i problemi globali del pianeta, suppongo, dovrebbero riprodurre più fedelmente possibile le condizioni ambientali e umane per fare in modo che l'osservatore possa credere in quello che vede, rendersi conto "mi sbaglio"?.

No, non sei solo tu a vederla quasi come un cartoon. Sono d'accordo con te. Sui motivi, qui forse posso azzardare un'ipotesi: accentuando il contrasto locale si è cercato di dare risalto all'arcobaleno. Secondo me la speranza sottesa è rendere + evidente il contrasto tematico tra la bellezza della natura, richiamata dall'arcobaleno, e lo squallore del degrado urbano dello slum. Sono riusciti nell'intento? Difficile dirlo. Secondo me no, proprio per l'effetto kitsch finale. Si può tuttavia sperare in questo caso che l'intento non fosse di accattivare quanto autenticamente concettuale.


Citazione: Davide Procaccini 11.10.12, 18:17Al messaggio citatoSe queste immagini danno più spazio al voler essere accattivanti col post fino a snaturarsi, più che a raccontare e a dimostrare la realtà, non credi che perdano di credibilità e di peso per lo scopo che si prefiggono e finiscano per andare a noia?

In generale sono d'accordo con te. Alla prova dei fatti il discorso può diventare complesso quando vada a prendere in considerazione tutta una serie di scelte che cominciano addirittura prima dello scatto e che finiscono con la postproduzione e che a volte forse potrebbe essere un po' superficiale liquidare, tali scelte, con motivazioni un po' semplicistiche come ha fatto la Ferri, cui va il mio unico punto di critica nel aver forse generalizzato un po' il discorso.

Citazione: Davide Procaccini 11.10.12, 18:17Al messaggio citatoNon pensi che un racconto pieno di bugie può essere una bella storia di fantasia, una fiction appunto, ma non un documento storico atto a fare informazione? Leggeresti un libro di storia pieno di divagazioni fantasiose dell' autore che pensa così facendo di renderlo più interessante? Sappiamo tutti che la post produzione c'è sempre stata ed è necessaria come nella foto portata as esempio poco dopo. Nello scatto di Salgado "volutamente fatto così" quel +8 di recupero nella parte centrale credo siaimpossibili oggi su un unico scatto digitale" si scattava così in certe condizioni consapevoli delle possibilità dei mezzi usati e ancora oggi credo solo alcune pellicole in bianco e nero permettano tanto. Anche in quella dopo di Koudelka c'è un grande lavoro ma non ditemi che i rusultati ottenuti non sono comunque plausibili o realistici.

Come darti torto? Certo che sono d'accordo con te e su tutta la linea, altrimenti non lavorerei per il fotografo per cui lavoro, ti pare? :-)

Ed arriviamo infine all'ultimo punto su cui ho da dire un po' di cose che spero offrano spunto di riflessione, quindi prego chi legge di mettersi comodo nella certezza che la sua pazienza sarà poi premiata ;-)

Citazione: Davide Procaccini 11.10.12, 18:17Al messaggio citatoCaro Fabio la capacità manipolativa della fotografia sulla percezione umana di cui parla Susan Sontag nei suoi saggi credo abbia poco a che fare con la fotografia manipolata, comunque ti ringrazio per lo spunto acquisterò il libro e approfondirò. Dell' influenza che le foto hanno sulla percezione umana credo tratti anche nel libro "Davanti al dolore degli altri".

Lascio alla fine questo punto perché va a riassumere a mio avviso e concludere tutto quanto detto in precedenza.

Il discorso fatto fin qui infatti, a mio avviso, mal si presta a semplici generalizzazioni estendendosi appunto a tutto il piano soggettivo della scelta. Ed in quanto, la scelta, è soggettiva, diventa manipolativa, dal momento che per definizione porta il fruitore finale a condividere la visione di chi opera lo scatto. La domanda è piuttosto, come la pone Palmisano, quanto sia grave o di peso tale manipolazione.

Mentre su tanti punti mi sono trovato d'accordo con te finora, sono invece in completo disaccordo qualora si veda una differenza tra capacità manipolativa della foto, come viene vista dalla Sonntag, e manipolazione della stessa. Qui si confonde la causa con l'effetto. Quando io, così come fa la Sonntag, parlo di capacità manipolativa della fotografia mi riferisco all'intero processo fotografico su cui interviene il fotografo. E siccome il processo fotografico è composto da tutto un insieme di scelte, tutte queste hanno il loro peso su come lo scatto verrà successivamente fruito. In tale ottica, scegliere un'ottica, una focale, un'angolazione, una distanza, un'ora del giorno o una luce piuttosto che un'altra, se sovra o sottoesporre in modo da dare più dettaglio ad un'area o ad un'altra, ecc. non sono scelte che hanno meno peso di quelle operate poi in post.

Ecco, diciamo che proprio per stare agli estremi, se uno volesse esser certo della totale oggettività del proprio scatto, dovrebbe rigorosamente attenersi ai dettami della Scuola di Düsseldorf ( http://en.wikipedia.org/wiki/Bernd_and_ ... hotographs ), ed in particolare di Bernd ed Hilla Becher, al limite di qualche loro studente come Thomas Struth o Candida Höfer, perché già quelli successivi hanno cominciato ad "allargare" certe vedute.

Per cui, qualsiasi scelta può diventare, entro certi limiti, oggetto di discussione, il problema, non da poco, è capire quando certi compromessi sono accettabili oppure no.

Alcuni sono dettati dai gusti o dalle aspettative dell'epoca contingente: Esempio tipico, giorni fa abbiamo dovuto scegliere tra due scatti (di un altro fotografo) per un'esposizione. Erano foto vecchie risalenti alla guerra tra Cina e Giappone. In una si vede un'esplosione in un quartiere di case di legno a qualche chilometro di distanza, con tanto di detriti che volano in aria. Il fotografo autore di questi scatti che verranno esposti, non vive purtroppo più, per cui non c'è modo di chiedergli (per quanto poi serva saperlo fuori che per una certa curiosità) a cosa sia dovuto il fatto che la foto sia relativamente mossa: lo spavento? L'onda d'urto? Fatto sta che la foto successiva, scattata evidentemente con maggior tranquillità, è + a fuoco e maggiormente nitida. Dell'esplosione è rimasta solo la nuvola di fumo mentre i detriti in aria non ci sono +. Io ero più per il primo scatto, per la naturalezza della situazione che, a mio avviso giustifica anche le imperfezioni che proprio per questo rendono valido e fruibile lo scatto. Il mio datore di lavoro era + per l'altro. Trattandosi di un'esposizione piccola e modesta, di un fotografo sconosciuto e per un pubblico non selezionato, ha ritenuto + idoneo conformarsi ai canoni + richiesti. Scelte. A volte bisogna pensare a chi si rivolge anche uno scatto. Tuttavia in questo caso, scelte non così gravi, entrambe valide.

Anche la scelta di un titolo piuttosto che un altro può introdurre una forzatura.

Tutto sta comunque al grado, al tipo di fotografia e alla fruizione finale.

In un caso del genere secondo me, abbiamo invece un esempio tipicamente grave delle perplessità che accomunano il mio, il tuo modo di vedere la fotografia ed i pensieri di persone come Ferri o Sonntag:

http://www.guardian.co.uk/commentisfree ... er-meaning
http://www.slate.com/articles/news_and_ ... photo.html

Ecco, ti inviterei a leggere attentamente i due articoli in questione, perché particolarmente illuminanti. Siamo qui, a mio avviso, proprio di fronte ad una fotografia naturale per il tipo di elaborazione e che tuttavia manipola allo stesso livello di altre foto magari + appariscenti. Qui l'appariscenza è data da altro, dalla situazione. Sono per questo il risultato o le preoccupazioni da questo sollevate forse diverse?
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 15 di 26
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Altri due link sul tema. Sarebbe anche interessante a tal proposito sentire, anche se magari si esce un po' dal seminato, che cosa avreste pensato voi di questo scatto. Io ebbi la fortuna di vedere l'originale durante una mostra recente tenutasi l'anno scorso (la stampa occupava quasi una parete!). Se il discorso si sviluppa naturalmente anch'io posso dirvi come lo percepii all'epoca quando lo vidi per la prima volta (confesso che per quanto iconico fino all'anno scorso ancora non lo conoscevo.

Un riassunto della diatriba che passa in rassegna in modo molto lucido il punto di vista di tutte le parti coinvolte

http://iconicphotos.wordpress.com/2010/ ... s-hoepker/

E qui la presa di posizione dello stesso Hoepker

http://www.slate.com/articles/arts/cult ... photo.html

Questa la
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