la fotografia è un cane bastardo?
04.03.13, 17:39
Messaggio 1 di 10
Pochi giorni fa ad un mio amico è morto, per vecchiaia, il suo beneamato barboncino nano, un cagnetto bianco tutto spelacchiato ed ormai cieco ed immobilizzato … ha anche un pastore tedesco che da quel giorno, mancandogli la compagnia, si è però intristito. Così in famiglia hanno deciso di prendere un altro cane . Frequentando i parchi dove la gente va a far scodinzolare i propri “amici a quattro zampe” viene a sapere che, per motivi familiari, un Bovaro delle Fiandre deve essere dato via dai padroni . Decide così di prenderlo.. è davvero bello … un cagnone gigantesco , molto docile e che cosa non secondaria potrà ridare vivacità al pastore che da quando gli manca l’amico non mangia quasi più.
Facendo fare le visite veterinarie di routine scopre che il meraviglioso cagnone invece di essere di pura razza è un meticcio di madre maremmana . Alcuni particolari come la dimensione e la diffusione del colore sul mantello lo evidenziano. Chiede ai vecchi proprietari e ne ha conferma.
Non che la cosa cambi … ormai il cagnone è di famiglia e tutti sono felici . Al mio amico viene un ripensamento sviluppando un ragionamento logico ed a mio giudizio molto sottile e corretto.
Quale è il criterio oggettivo che determina la bellezza del cagnone? Nessuno, è la risposta.
Il fatto che sia un incrocio annulla le caratteristiche intrinseche della razza , i criteri di riconoscibilità e, nell’ambito di quella, la presenza o meno di certi parametri tipici che ne determinano la maggiore o minore “ bellezza” rispetto ad altri esemplari . Questi caratteri mancano, non vi è una logica “conseguenza” al suo bel apparire è frutto del caso. Il principio di valutazione non potrà essere oggettivo. Tutti, soprattutto se non “esperti”, incontrandolo passeggiare per strada con la sua andatura un po’ dinoccolata si fermeranno ad osservarlo ed a complimentarsi con il padrone ma, all’occhio di un esperto, il cane non potrà essere giudicato. Non è un Bovaro, anche se gli assomiglia ed è anzi quasi identico.
Ripensandoci un po’ credo che questo ragionamento possa essere di fatto valido anche in fotografia .
Assistiamo spesso ad una fotografia che viene oggettivamente valutata come “ bella” sulla base di criteri che non fanno intervenire nel giudizio, soprattutto per incapacità di chi questo formula, quelle caratteristiche che potremmo definire "codificate" per poterla giudicare secondo criteri universalmente accettati.
Spesso il giudizio e il conseguente apprezzamento di una immagine si ferma, come nel caso del cagnone in questione, alla “apparenza” a riconoscere e valutare solo gli aspetti più facilmente distinguibili; in definitiva solo all’aspetto esteriore. Di contro spesso quella fotografia che cerca di basarsi su un metro opposto viene identificata come sterile, poco espressiva e di scarso interesse in quanto non si è in grado di valutare quello che, talvolta, non appare in modo così esplicito.
Un cielo bruciato , un controluce banale, una vignettatura posticcia , una esposizione poco curata ma “creativa”, una ripresa “casuale”, un mosso illeggibile in molti fanno gridare al miracolo riconoscendo in quegli elementi , nel caso ciò avvenga ma talvolta questo neppure accade, unicamente la componente espressiva ma che spesso risulta casuale. Il dato “sensibile” è riconosciuto e riconoscibile a prima vista e comunque captato, in modo corretto o lacunoso, ne determina il giudizio … il resto non conta perché neppure considerato. Tra l’altro bisognerebbe discutere bene sulla capacità di formulazione del giudizio , il più delle volte, si limita a semplici espressioni di entusiasmo o ad banali affermazioni di consenso.
Colpa è innanzitutto di chi scatta. Da un punto di vista tecnico la visualizzazione della fotografia in tempo reale, la facilità di manipolazione più o meno bene eseguita ma facilmente possibile ed il “ costo zero” determinano spesso che la “casualità” del risultato possa essere giustificata o meglio innalzata agli altari sotto l’egida di una presunta autoaffermazione del proprio “ego artistico” che sempre più spesso mi pare di cogliere come la panacea di molta fotografia. Ma l’essere artista, affermzione impegnativa a prescindere, in qualsiasi campo, non è così semplice e immediata , automatica e soprattutto determinata dalla sola affermazione di chi si ritiene tale.
Credo che la vera fotografia indipendentemente dal mezzo usato dovrebbe essere valutata con lo stesso criterio adottato nei concorsi canini in cui le componenti oggettive oltre che a quelle, secondarie, d’interpretazione o di giudizio personale concorrono a definirne un unicum , il risultato finale, ed a garantire di poter formulare un giudizio corretto nel rispetto dei criteri “universali”. Ma se mancano le caratteristiche che definiscono la “purezza della razza” il cane quantunque sia bellissimo, non può essere considerato.
Credo che lo stesso valga per la fotografia in cui il risultato è la chiusura di un elisse che, nolenti o volenti, parte e si conclude in un risultato determinato dalla tecnica … all’inizio di ripresa, poi di sviluppo ed infine di stampa
Poi esistono anche i “ concorsi per i meticci” ma credo non siano molto rappresentativi come esiste anche chi è in grado, attraverso dedizione, studio e capacità ma soprattutto genialità, di coniare una “nuova razza “ tale da obbligare i “ giudici” a dover rivedere e riconsiderare i parametri di giudizio avendo questo determinato nuove linee guida di valutazione, differenti da quelle da prima codificate … ma ciò è molto raro.
Facendo fare le visite veterinarie di routine scopre che il meraviglioso cagnone invece di essere di pura razza è un meticcio di madre maremmana . Alcuni particolari come la dimensione e la diffusione del colore sul mantello lo evidenziano. Chiede ai vecchi proprietari e ne ha conferma.
Non che la cosa cambi … ormai il cagnone è di famiglia e tutti sono felici . Al mio amico viene un ripensamento sviluppando un ragionamento logico ed a mio giudizio molto sottile e corretto.
Quale è il criterio oggettivo che determina la bellezza del cagnone? Nessuno, è la risposta.
Il fatto che sia un incrocio annulla le caratteristiche intrinseche della razza , i criteri di riconoscibilità e, nell’ambito di quella, la presenza o meno di certi parametri tipici che ne determinano la maggiore o minore “ bellezza” rispetto ad altri esemplari . Questi caratteri mancano, non vi è una logica “conseguenza” al suo bel apparire è frutto del caso. Il principio di valutazione non potrà essere oggettivo. Tutti, soprattutto se non “esperti”, incontrandolo passeggiare per strada con la sua andatura un po’ dinoccolata si fermeranno ad osservarlo ed a complimentarsi con il padrone ma, all’occhio di un esperto, il cane non potrà essere giudicato. Non è un Bovaro, anche se gli assomiglia ed è anzi quasi identico.
Ripensandoci un po’ credo che questo ragionamento possa essere di fatto valido anche in fotografia .
Assistiamo spesso ad una fotografia che viene oggettivamente valutata come “ bella” sulla base di criteri che non fanno intervenire nel giudizio, soprattutto per incapacità di chi questo formula, quelle caratteristiche che potremmo definire "codificate" per poterla giudicare secondo criteri universalmente accettati.
Spesso il giudizio e il conseguente apprezzamento di una immagine si ferma, come nel caso del cagnone in questione, alla “apparenza” a riconoscere e valutare solo gli aspetti più facilmente distinguibili; in definitiva solo all’aspetto esteriore. Di contro spesso quella fotografia che cerca di basarsi su un metro opposto viene identificata come sterile, poco espressiva e di scarso interesse in quanto non si è in grado di valutare quello che, talvolta, non appare in modo così esplicito.
Un cielo bruciato , un controluce banale, una vignettatura posticcia , una esposizione poco curata ma “creativa”, una ripresa “casuale”, un mosso illeggibile in molti fanno gridare al miracolo riconoscendo in quegli elementi , nel caso ciò avvenga ma talvolta questo neppure accade, unicamente la componente espressiva ma che spesso risulta casuale. Il dato “sensibile” è riconosciuto e riconoscibile a prima vista e comunque captato, in modo corretto o lacunoso, ne determina il giudizio … il resto non conta perché neppure considerato. Tra l’altro bisognerebbe discutere bene sulla capacità di formulazione del giudizio , il più delle volte, si limita a semplici espressioni di entusiasmo o ad banali affermazioni di consenso.
Colpa è innanzitutto di chi scatta. Da un punto di vista tecnico la visualizzazione della fotografia in tempo reale, la facilità di manipolazione più o meno bene eseguita ma facilmente possibile ed il “ costo zero” determinano spesso che la “casualità” del risultato possa essere giustificata o meglio innalzata agli altari sotto l’egida di una presunta autoaffermazione del proprio “ego artistico” che sempre più spesso mi pare di cogliere come la panacea di molta fotografia. Ma l’essere artista, affermzione impegnativa a prescindere, in qualsiasi campo, non è così semplice e immediata , automatica e soprattutto determinata dalla sola affermazione di chi si ritiene tale.
Credo che la vera fotografia indipendentemente dal mezzo usato dovrebbe essere valutata con lo stesso criterio adottato nei concorsi canini in cui le componenti oggettive oltre che a quelle, secondarie, d’interpretazione o di giudizio personale concorrono a definirne un unicum , il risultato finale, ed a garantire di poter formulare un giudizio corretto nel rispetto dei criteri “universali”. Ma se mancano le caratteristiche che definiscono la “purezza della razza” il cane quantunque sia bellissimo, non può essere considerato.
Credo che lo stesso valga per la fotografia in cui il risultato è la chiusura di un elisse che, nolenti o volenti, parte e si conclude in un risultato determinato dalla tecnica … all’inizio di ripresa, poi di sviluppo ed infine di stampa
Poi esistono anche i “ concorsi per i meticci” ma credo non siano molto rappresentativi come esiste anche chi è in grado, attraverso dedizione, studio e capacità ma soprattutto genialità, di coniare una “nuova razza “ tale da obbligare i “ giudici” a dover rivedere e riconsiderare i parametri di giudizio avendo questo determinato nuove linee guida di valutazione, differenti da quelle da prima codificate … ma ciò è molto raro.
Molto giusto... sicuramte.
Devo confessarti che questo spazio mi sembra diventato alquanto moscio. Come tutto il resto.
Allora vorrei chiederti se puoi parlarci caratteristiche che definiscono la “purezza della razza”...
e chi consideri, oggigiorno, grandi fotografi. Sarebbe interessante conoscere il tuo parere.
A presto!
Devo confessarti che questo spazio mi sembra diventato alquanto moscio. Come tutto il resto.
Allora vorrei chiederti se puoi parlarci caratteristiche che definiscono la “purezza della razza”...
e chi consideri, oggigiorno, grandi fotografi. Sarebbe interessante conoscere il tuo parere.
A presto!
06.03.13, 17:05
Messaggio 3 di 10
lo so che lo spazio è un po' moscio... più che di una discussione, a parte il tuo intervento, mi sembra che si tratti di un soliloquio. Non che dia la colpa a nessuno, cosa che non mi interessa fare perché principalmente sono mie personali riflessioni... forse sono anche argomenti che non interessano . Chiamiamoli quasi " appunti" personali .
detto questo credo che la questione della “purezza della razza” rientri,da sempre, lo sottolineo nei due aspetti che formano il titolo della sezione da poco aperta: tecnica e concetto.
Sono molto critico però della” risoluzione” che si sta dando a quella sezione . Ma questo non è il luogo … riflessione personale.
A scanso di equivoci chiarisco da subito che non mi interessa sottolineare differenze fra sistemi differenti, l’analogico ed il digitale, perché a mio avviso non ve ne sono. Quello che si fa con uno , in modo differente lo si fa con l’altro. Cambiano le competenze, i mezzi , gli strumenti e le attrezzature ma la fotografia no, rimane anzi è sempre la stessa e, non è mai cambiata dalla metà dell’800.
Se non si possiede tecnica e conoscenza non credo che si possa fare molta strada certo è che ora più che prima la conoscenza tecnica basilare, incide meno soprattutto per la possibilità di visualizzare lo scatto in tempo reale utilizzare automatismi e settaggi pre - impostati e fare quindi, se si è in grado, gli aggiustamenti del caso. Prima ciò non accadeva si doveva e si deve cercare di governare “ al buio” tutte le componenti che possono determinare la correttezza della fotografia. Questo non significa che la fotografia debba necessariamente essere “ perfetta” ma qualsiasi (o quasi) cosa che si voleva ottenere era determinata al momento della ripresa . Dico quasi perché in camera oscura le elaborazioni erano e sono possibili anche se in modo più complesso di quanto accade in ambito digitale ove spesso esistono dei programmi che aiutano. Ad esempio un viraggio all’oro in sede di sviluppo argentico è complesso, in campo digitale un effetto similare lo si ottiene applicando un filtro. Oppure per rimanere in altri ambiti una fotografia sotto o sovraesposta di 5 EV viene reinterpretata attraverso manipolazioni ( anche di copia ed incolla a posteriori) tanto da apparire alla fine corretta, mentre con la pellicola un range di tale entità non è in alcun modo recuperabile. Nel primo caso se sbagli cacci via tutto, nel secondo rifai il procedimento quante volte vuoi. Non a caso talvolta in analogico, soprattutto nel grande o grandissimo formato, si fanno 2 o più scatti assolutamente identici proprio per avere la possibilità di disporre di una copia nel caso si sbagliasse.
In secondo luogo la fotografia dovrebbe esistere in quanto oggetto fisico. Prima era la conseguenza logica messa solo in leggera discussione dall’avvento della diapositiva. Ora il supporto fisico ha perso la sua importanza e sempre più spesso la fotografia si riduce ad una immagine su uno schermo. Questo è molto differente. D’altra parte prima la diffusione dell’immagine era più complessa ora la divulgazione è molto semplificata . Il fatto di non stampare quasi più porta ad un approccio differente e talvolta meno corretto ad esempio i fenomeni di metamerismo non riscontrabili o quasi a monitor sono molto evidenti sulla carta stampata. Se non si stampa si crede che la fotografia sia perfetta e poi è in realtà uno schifo blu o verde.
Quindi secondo me la prima caratteristica della “ purezza della razza” sta nel conoscere, riconoscere e conformare alla volontà cosa si sta facendo , essere in grado di utilizzare alla perfezione o quanto meno al massimo delle proprie possibilità il mezzo per poter orientare il suo uso allo scopo che ciascuno , fotografando, si prefigge. Questo per alcuni versi accade molto meno spesso e si demanda alla conoscenza di altri ambiti il compito di risolvere la fotografia.
Il secondo aspetto quello del concetto che può essere declinato in vari modi tutti coerenti apparentemente disgiunti ma in realtà connessi tra loro.
Concetto inteso come “concezione” del singolo fotogramma. Concetto come idea progettuale . Concetto come “ pensiero”.
Qui il discorso si farebbe molto lungo ma credo che il non trovare queste connotazioni in una fotografia che peranto risulta estemporanea e casuale dipenda molto dalla democraticizzazione della fotografia e della possibilità di utilizzo da parte di molti .
A me viene da pensare quando sento “ fotografo da 30 anni ma ora con l’avvento del digitale mi sento in grafdo di potermi esprimere” ( ogni frase del genere vale lo stesso). E perché prima scattavi solo alla famiglia ed ora fai i mossi creativi le vignettature e usi il bn quando al massimo ti compravi una Perutz a 100 asa ?
Credo che buona parte della colpa sia imputabile a Comunity virtuali dove si ha “ rispetto” e riconoscibilità solo attraverso tipi di immagini che, chi non ha come risultato di una propria ricerca espressiva personale, copia per essere al pari . Naturalmente una evoluzione è sempre possibile ma non credo che questa possa generarsi solo attraverso un utilizzo “ manuale” di ciò che permette di fotografare senza far interagire altri componenti tra cui quella intellettuale risulta la prioritaria. Ma questo per me vale sempre.
Per rispondere alla tua seconda domanda su chi sono ora i grandi fotografi. Per quello che piace a me credo che si sia già raggiunto l’apice o meglio non conosco fotografi che abbiano saputo fare di meglio rispetto a quelli che prediligo . Conosco molto meglio la fotografia ed i fotografi che ne hanno fatto la storia che non quelli che la faranno. Certo è che bisognerebbe distinguere certi campi operativi . Nel reportage ad esempio le fotografie di Pellegrin, Majoli Goldberg valgono tanto quanto quelle di Smith o Capa , in quella d’arte le fotografie dei Becker o di Grotsky ( forse l’ho scritto sbagliato) sono di grande interesse nel campo più introspettivo Nan Goldin e la Woodman hanno aggiunto molto.
Però dal mio punto di vista nessuno ha determinato una rottura con il passato ed un nuovo modo di fotografia , Vi è stata viè e vi sarà sempre una evoluzione continua . Ritenere che i “cambiamenti attuali” o certe “ diponibilita” determinano una “nuova” fotografia a mio avviso è sbagliato. Quelli generano solo una “diversa” fotografia perché credo che questa non la facciano le attrezzature ma i fotografi .
detto questo credo che la questione della “purezza della razza” rientri,da sempre, lo sottolineo nei due aspetti che formano il titolo della sezione da poco aperta: tecnica e concetto.
Sono molto critico però della” risoluzione” che si sta dando a quella sezione . Ma questo non è il luogo … riflessione personale.
A scanso di equivoci chiarisco da subito che non mi interessa sottolineare differenze fra sistemi differenti, l’analogico ed il digitale, perché a mio avviso non ve ne sono. Quello che si fa con uno , in modo differente lo si fa con l’altro. Cambiano le competenze, i mezzi , gli strumenti e le attrezzature ma la fotografia no, rimane anzi è sempre la stessa e, non è mai cambiata dalla metà dell’800.
Se non si possiede tecnica e conoscenza non credo che si possa fare molta strada certo è che ora più che prima la conoscenza tecnica basilare, incide meno soprattutto per la possibilità di visualizzare lo scatto in tempo reale utilizzare automatismi e settaggi pre - impostati e fare quindi, se si è in grado, gli aggiustamenti del caso. Prima ciò non accadeva si doveva e si deve cercare di governare “ al buio” tutte le componenti che possono determinare la correttezza della fotografia. Questo non significa che la fotografia debba necessariamente essere “ perfetta” ma qualsiasi (o quasi) cosa che si voleva ottenere era determinata al momento della ripresa . Dico quasi perché in camera oscura le elaborazioni erano e sono possibili anche se in modo più complesso di quanto accade in ambito digitale ove spesso esistono dei programmi che aiutano. Ad esempio un viraggio all’oro in sede di sviluppo argentico è complesso, in campo digitale un effetto similare lo si ottiene applicando un filtro. Oppure per rimanere in altri ambiti una fotografia sotto o sovraesposta di 5 EV viene reinterpretata attraverso manipolazioni ( anche di copia ed incolla a posteriori) tanto da apparire alla fine corretta, mentre con la pellicola un range di tale entità non è in alcun modo recuperabile. Nel primo caso se sbagli cacci via tutto, nel secondo rifai il procedimento quante volte vuoi. Non a caso talvolta in analogico, soprattutto nel grande o grandissimo formato, si fanno 2 o più scatti assolutamente identici proprio per avere la possibilità di disporre di una copia nel caso si sbagliasse.
In secondo luogo la fotografia dovrebbe esistere in quanto oggetto fisico. Prima era la conseguenza logica messa solo in leggera discussione dall’avvento della diapositiva. Ora il supporto fisico ha perso la sua importanza e sempre più spesso la fotografia si riduce ad una immagine su uno schermo. Questo è molto differente. D’altra parte prima la diffusione dell’immagine era più complessa ora la divulgazione è molto semplificata . Il fatto di non stampare quasi più porta ad un approccio differente e talvolta meno corretto ad esempio i fenomeni di metamerismo non riscontrabili o quasi a monitor sono molto evidenti sulla carta stampata. Se non si stampa si crede che la fotografia sia perfetta e poi è in realtà uno schifo blu o verde.
Quindi secondo me la prima caratteristica della “ purezza della razza” sta nel conoscere, riconoscere e conformare alla volontà cosa si sta facendo , essere in grado di utilizzare alla perfezione o quanto meno al massimo delle proprie possibilità il mezzo per poter orientare il suo uso allo scopo che ciascuno , fotografando, si prefigge. Questo per alcuni versi accade molto meno spesso e si demanda alla conoscenza di altri ambiti il compito di risolvere la fotografia.
Il secondo aspetto quello del concetto che può essere declinato in vari modi tutti coerenti apparentemente disgiunti ma in realtà connessi tra loro.
Concetto inteso come “concezione” del singolo fotogramma. Concetto come idea progettuale . Concetto come “ pensiero”.
Qui il discorso si farebbe molto lungo ma credo che il non trovare queste connotazioni in una fotografia che peranto risulta estemporanea e casuale dipenda molto dalla democraticizzazione della fotografia e della possibilità di utilizzo da parte di molti .
A me viene da pensare quando sento “ fotografo da 30 anni ma ora con l’avvento del digitale mi sento in grafdo di potermi esprimere” ( ogni frase del genere vale lo stesso). E perché prima scattavi solo alla famiglia ed ora fai i mossi creativi le vignettature e usi il bn quando al massimo ti compravi una Perutz a 100 asa ?
Credo che buona parte della colpa sia imputabile a Comunity virtuali dove si ha “ rispetto” e riconoscibilità solo attraverso tipi di immagini che, chi non ha come risultato di una propria ricerca espressiva personale, copia per essere al pari . Naturalmente una evoluzione è sempre possibile ma non credo che questa possa generarsi solo attraverso un utilizzo “ manuale” di ciò che permette di fotografare senza far interagire altri componenti tra cui quella intellettuale risulta la prioritaria. Ma questo per me vale sempre.
Per rispondere alla tua seconda domanda su chi sono ora i grandi fotografi. Per quello che piace a me credo che si sia già raggiunto l’apice o meglio non conosco fotografi che abbiano saputo fare di meglio rispetto a quelli che prediligo . Conosco molto meglio la fotografia ed i fotografi che ne hanno fatto la storia che non quelli che la faranno. Certo è che bisognerebbe distinguere certi campi operativi . Nel reportage ad esempio le fotografie di Pellegrin, Majoli Goldberg valgono tanto quanto quelle di Smith o Capa , in quella d’arte le fotografie dei Becker o di Grotsky ( forse l’ho scritto sbagliato) sono di grande interesse nel campo più introspettivo Nan Goldin e la Woodman hanno aggiunto molto.
Però dal mio punto di vista nessuno ha determinato una rottura con il passato ed un nuovo modo di fotografia , Vi è stata viè e vi sarà sempre una evoluzione continua . Ritenere che i “cambiamenti attuali” o certe “ diponibilita” determinano una “nuova” fotografia a mio avviso è sbagliato. Quelli generano solo una “diversa” fotografia perché credo che questa non la facciano le attrezzature ma i fotografi .
Ti ringrazio molto e condivido ogni tua riflessione. Secondo me poche persone amano veramente la Fotografia come te.
A presto!
A presto!
Citazione: V.O.G. 06.03.13, 17:05Al messaggio citato
è vero. è poi vero qui? per esempio l'analogico.
intendo dire: vedo che a volte è sufficiente l'uso dell'analogico per innalzare a 'artista' l'autore che se ne serve. mentre credo che alcuni analogici visti qui sarebbero stati scartati senza discussione se fatti al loro tempo. è sufficiente la sua memoria per trasformare una 'nostalgia' in talento?
è vero. è poi vero qui? per esempio l'analogico.
intendo dire: vedo che a volte è sufficiente l'uso dell'analogico per innalzare a 'artista' l'autore che se ne serve. mentre credo che alcuni analogici visti qui sarebbero stati scartati senza discussione se fatti al loro tempo. è sufficiente la sua memoria per trasformare una 'nostalgia' in talento?
07.03.13, 09:48
Messaggio 6 di 10
no no.... forse non mi sono spiegato. io ritengo che la fotografia escluso pochissime eccezioni non sia " cosa d'arte" e come ho scritto all'inizio del mio intervento non faccio distinzioni a seconda del sistema utilizzato. non è importante è solo un mezzo per ottenere uno scopo.
Che poi questa lo diventi o possa diventarlo grazie ad operazioni di marketing, di comunicazione o di tentativo di generare profitto è vero ma questo campo è di quasi escluiva pertinenza delle gallerie d'arte o delle mostre mercato ove per essere esposti in un caso o nell'altro paghi un affitto dello spazio ( che garantisce il rientro dalle spese) e poi casomai nel caso di vendita operi comes i dovrebbe con le provvigioni . Ho sperimentato questo proprio a mie spese in una galleria di Torino a cui naturalmente ho declinato l’invito ad esporre nei suoi spazi.
Quello che dicevo è che la diffusione della fotografia ha allargato molto il numero di persone la usare , ma mentre prima vi era una sorta di “ selezione” ora attraverso canali di comunicazione di facile accessibilità molti si sentono solo per il fatto di poter esporre, anche se solo virtualmente, legittimati a considerarsi “artisti” utilizzando spesso linguaggi a loro estranei per cultura e ricerca ma utilizzati per allinearsi alle tendenze più modaiole.
In altri casi poi viene legittimata l’incapacità che spacciata come forma espressiva dall’autore viene letta come contenuto.
Quello che io accetto mal volentieri è da parte di molti lo scimmiottare con mezzi semplici quello che si può ottenere molto più difficilmente attraverso l’uso corretto ed intendendo con questo termine l’utilizzo degli strumenti ab initio finalizzati ad ottenere un certo risultato. Basta applicare un filtro della Nik che lo scatto fatto con una macchinetta assume i contorni di una stampa a contatto fatta con una lastra oppure assume l’aspetto di una polaroid.
Credo quindi che un uso pco sapiente dal punto di vista linguistico ed intellettuale del digitale cerchi di riproporre la fotografia precedente riconoscendo in essa un primato. A mio avviso nella pratica quotidiana e tralasciando gli usi ad esso più propri e che sono innegabili credo che il digitale , in quella che molti definiscono fotografia d’arte non abbia ancora sviluppato un proprio linguaggio che lo distingua da quello della fotografia analogica. Questo è il problema principale ed è soprattutto quello di coloro che prima e dopo aver fotografato cercano solo un risultato formale.
In merito alla questione della memoria e della nostalgia. Non credo che esista nostalgia per l’analogico assolutamente. Chi usava quel sistema prima senza pretese è passato al digitale senza problemi chi invece vedeva nell’analogico una componente di alta artigianalità e di possibilità espressiva personale continua ad usarlo per ottenere certi risultati che nella pratica corrente è difficilmente ottenibile in digitale . Un esempio per tutti: usare la hasselblad significa ottenere un negativo quadrato che non esiste nel digitale . Cero questo lo si può facilmente ritagliare ma la cosa è differente . oppure la stampa a contatto con processi di altissimo valore quali ad esempio quella al platino che rappresenta il massimo livello di stampa non lo si ottiene con la stampa a plotter. Se ti produci autonomamente una “ carta salata”per stampare avrai un risultato che con il digitale non ottieni perché non può esistere con tale sistema. Un negativo di grande formato sviluppato con taluni processi secondo studi pubblicati equivale allo scatto ottenibile con un sensore da 500 mega … il massimo che attualmente la tecnologia mette a disposizione mi sembra 200 ottenendolo dall’unione di 4 frame da 50. Quindi non si tratta di avere nostalgia .
Certo poi c’è anche chi forse condizionato da una certa linea di pensiero che in Italia è meno sviluppata che altrove si rivolge al vecchio sistema per curiosità o interesse . Forse i primi risultati saranno scadenti ma una certo risultato lo ottieni solo con l’esperienza e kla pratica.
A me in definitiva pare, per tornare alla vexata questio, che questa “volontà artistica” chiamiamola così concessa a molti dalle nuove tecnologie sia molto rappresentativa del livello culturale attuale italiano. Un paese questo che ha perso la supremazia intellettuale da molto tempo nella ricerca del “ tanta resa .. poca spesa”.
Vi sarebbe poi un capitolo a parte relativo a chi osserva, ma credo che questo sia ben identificabile dal famoso aforisma di Adams che diceva che la fotografia è costituita da 2 soggetti: chi scatta e chi osserva . Pertanto annullando la componente del cosa è ritratto nella fotografia . Questo appare invece spesso l’unico oggetto di interesse e di valutazione critica. Io la vedo così: chi fotografa è anche osservatore e se il suo modo di “pensare alla fotografia” è di un certo tipo lo stesso livello verrà applicato anche quando osserva.
Che poi questa lo diventi o possa diventarlo grazie ad operazioni di marketing, di comunicazione o di tentativo di generare profitto è vero ma questo campo è di quasi escluiva pertinenza delle gallerie d'arte o delle mostre mercato ove per essere esposti in un caso o nell'altro paghi un affitto dello spazio ( che garantisce il rientro dalle spese) e poi casomai nel caso di vendita operi comes i dovrebbe con le provvigioni . Ho sperimentato questo proprio a mie spese in una galleria di Torino a cui naturalmente ho declinato l’invito ad esporre nei suoi spazi.
Quello che dicevo è che la diffusione della fotografia ha allargato molto il numero di persone la usare , ma mentre prima vi era una sorta di “ selezione” ora attraverso canali di comunicazione di facile accessibilità molti si sentono solo per il fatto di poter esporre, anche se solo virtualmente, legittimati a considerarsi “artisti” utilizzando spesso linguaggi a loro estranei per cultura e ricerca ma utilizzati per allinearsi alle tendenze più modaiole.
In altri casi poi viene legittimata l’incapacità che spacciata come forma espressiva dall’autore viene letta come contenuto.
Quello che io accetto mal volentieri è da parte di molti lo scimmiottare con mezzi semplici quello che si può ottenere molto più difficilmente attraverso l’uso corretto ed intendendo con questo termine l’utilizzo degli strumenti ab initio finalizzati ad ottenere un certo risultato. Basta applicare un filtro della Nik che lo scatto fatto con una macchinetta assume i contorni di una stampa a contatto fatta con una lastra oppure assume l’aspetto di una polaroid.
Credo quindi che un uso pco sapiente dal punto di vista linguistico ed intellettuale del digitale cerchi di riproporre la fotografia precedente riconoscendo in essa un primato. A mio avviso nella pratica quotidiana e tralasciando gli usi ad esso più propri e che sono innegabili credo che il digitale , in quella che molti definiscono fotografia d’arte non abbia ancora sviluppato un proprio linguaggio che lo distingua da quello della fotografia analogica. Questo è il problema principale ed è soprattutto quello di coloro che prima e dopo aver fotografato cercano solo un risultato formale.
In merito alla questione della memoria e della nostalgia. Non credo che esista nostalgia per l’analogico assolutamente. Chi usava quel sistema prima senza pretese è passato al digitale senza problemi chi invece vedeva nell’analogico una componente di alta artigianalità e di possibilità espressiva personale continua ad usarlo per ottenere certi risultati che nella pratica corrente è difficilmente ottenibile in digitale . Un esempio per tutti: usare la hasselblad significa ottenere un negativo quadrato che non esiste nel digitale . Cero questo lo si può facilmente ritagliare ma la cosa è differente . oppure la stampa a contatto con processi di altissimo valore quali ad esempio quella al platino che rappresenta il massimo livello di stampa non lo si ottiene con la stampa a plotter. Se ti produci autonomamente una “ carta salata”per stampare avrai un risultato che con il digitale non ottieni perché non può esistere con tale sistema. Un negativo di grande formato sviluppato con taluni processi secondo studi pubblicati equivale allo scatto ottenibile con un sensore da 500 mega … il massimo che attualmente la tecnologia mette a disposizione mi sembra 200 ottenendolo dall’unione di 4 frame da 50. Quindi non si tratta di avere nostalgia .
Certo poi c’è anche chi forse condizionato da una certa linea di pensiero che in Italia è meno sviluppata che altrove si rivolge al vecchio sistema per curiosità o interesse . Forse i primi risultati saranno scadenti ma una certo risultato lo ottieni solo con l’esperienza e kla pratica.
A me in definitiva pare, per tornare alla vexata questio, che questa “volontà artistica” chiamiamola così concessa a molti dalle nuove tecnologie sia molto rappresentativa del livello culturale attuale italiano. Un paese questo che ha perso la supremazia intellettuale da molto tempo nella ricerca del “ tanta resa .. poca spesa”.
Vi sarebbe poi un capitolo a parte relativo a chi osserva, ma credo che questo sia ben identificabile dal famoso aforisma di Adams che diceva che la fotografia è costituita da 2 soggetti: chi scatta e chi osserva . Pertanto annullando la componente del cosa è ritratto nella fotografia . Questo appare invece spesso l’unico oggetto di interesse e di valutazione critica. Io la vedo così: chi fotografa è anche osservatore e se il suo modo di “pensare alla fotografia” è di un certo tipo lo stesso livello verrà applicato anche quando osserva.
allora prendiamo ad esempio la musica...un bel LP in vinile...o un CD fatto di numeri binari che vengono replicati all'infinito a piena gamma dinamica senza mai perdere un colpo...
Oppure immaginiamo si sentire un pezzo uscito da un bell'amplificatore valvolare anzichè uno digitale...
Questo fa la musica più meno bella ?????...purtroppo ci sono brani che anche se l'ascoltassi riprodotto da un magnifico amplificatore a valvole piuttosto che da un microprocessore...scapperei comunque se non risucissi a spegnerlo...
Un bel pezzo anche fischiettato...me lo godrei comunque...
Così come non è la macchina fotografica a fare "bravo" il fotogravo...tanto meno lo sarà il tipo di supporto analogio o digitale o la camera oscura anzicchè chiara che avrà usato.
Occore fare delle buone foto. Punto.
Come si fanno allora le buone foto?...aaahhh...se bastasse il solo analogico....o il solo digitale...
io so di certo che si sono alcune regole che ti aiutano, ti accompagnano forse per la strada più breve...ma non ti garantiranno mai il raggiungimento dell'obiettivo finale.
Ogniuno ci arrivera (forse) nel modo più congeniale scegliendo la propria strada...senza avere mai la certezza che sia l'unica strada percorribile.
Riallaciandomi a Luca...l'esperienza gioca a favore ed è un buon lubrificante per il proprio talento. Ma è e sarà sempre quest'ultimo a fare la differenza.
:o)
Oppure immaginiamo si sentire un pezzo uscito da un bell'amplificatore valvolare anzichè uno digitale...
Questo fa la musica più meno bella ?????...purtroppo ci sono brani che anche se l'ascoltassi riprodotto da un magnifico amplificatore a valvole piuttosto che da un microprocessore...scapperei comunque se non risucissi a spegnerlo...
Un bel pezzo anche fischiettato...me lo godrei comunque...
Così come non è la macchina fotografica a fare "bravo" il fotogravo...tanto meno lo sarà il tipo di supporto analogio o digitale o la camera oscura anzicchè chiara che avrà usato.
Occore fare delle buone foto. Punto.
Come si fanno allora le buone foto?...aaahhh...se bastasse il solo analogico....o il solo digitale...
io so di certo che si sono alcune regole che ti aiutano, ti accompagnano forse per la strada più breve...ma non ti garantiranno mai il raggiungimento dell'obiettivo finale.
Ogniuno ci arrivera (forse) nel modo più congeniale scegliendo la propria strada...senza avere mai la certezza che sia l'unica strada percorribile.
Riallaciandomi a Luca...l'esperienza gioca a favore ed è un buon lubrificante per il proprio talento. Ma è e sarà sempre quest'ultimo a fare la differenza.
:o)
07.03.13, 22:17
Messaggio 8 di 10
concordo .. come nella musica anche in fotografia bisogna essere un bravo autore e combinare la melodia alla parola oppure saper non utilizzare quest'ultima per fare brani strumentali . come nella musica anche in fotografia si deve saper comporre per suonare e per fotografare... per farlo in entrambi i casi bisogna studiare ed impegnarsi per ottenere risultati... prima imparando a leggere l'alfabeto indifferente se della musica o della fotografia, saper accordare gli strumenti poi esercitandosi con brani semplici per arrivare infine a quelli più complessi fintanto che qualcuno non tutti tramite quanto hanno appreso soprattutto grazie al proprio genio sarà in grado di comporre una sinfonia .
talvolta invece mi sembra che alcuni pensino di essere Rachmaninoff senza nemmeno aver mai suonato neppure al campanello di un conservatorio e così compongono melodie cacofoniche. nella musica come nella fotografia
talvolta invece mi sembra che alcuni pensino di essere Rachmaninoff senza nemmeno aver mai suonato neppure al campanello di un conservatorio e così compongono melodie cacofoniche. nella musica come nella fotografia
Cfr, Vog: "A mio avviso nella pratica quotidiana e tralasciando gli usi ad esso più propri e che sono innegabili credo che il digitale , in quella che molti definiscono fotografia d’arte non abbia ancora sviluppato un proprio linguaggio che lo distingua da quello della fotografia analogica. Questo è il problema principale ed è soprattutto quello di coloro che prima e dopo aver fotografato cercano solo un risultato formale".
E' questo il punto, è questo
E' questo il punto, è questo
Cfr, Vog: "Oppure per rimanere in altri ambiti una fotografia sotto o sovraesposta di 5 EV viene reinterpretata attraverso manipolazioni ( anche di copia ed incolla a posteriori) tanto da apparire alla fine corretta, mentre con la pellicola un range di tale entità non è in alcun modo recuperabile. Nel primo caso se sbagli cacci via tutto, nel secondo rifai il procedimento quante volte vuoi".
Questo concetto, per quanto chiarissimo a chi abbia dimestichezza con gli attrezzi presenti e passati del mestiere, è difficile da far intendere ai fotografi solo digitali, perchè + o - 5EV vengono utilizzati da questi ultimi in funzione creativa non come espediente tecnico per risolvere un problema contingente all'attimo della ripresa. E in effetti quando noi ci si ritrvava a fotografare quasi al buio, ha voglia a stressare la povera HP5: oltre i 3200 asa ti mollava e basta.... Però, che imprese :-)
Questo concetto, per quanto chiarissimo a chi abbia dimestichezza con gli attrezzi presenti e passati del mestiere, è difficile da far intendere ai fotografi solo digitali, perchè + o - 5EV vengono utilizzati da questi ultimi in funzione creativa non come espediente tecnico per risolvere un problema contingente all'attimo della ripresa. E in effetti quando noi ci si ritrvava a fotografare quasi al buio, ha voglia a stressare la povera HP5: oltre i 3200 asa ti mollava e basta.... Però, che imprese :-)