PUNTINISMO ELETTRONICO E MODERNITA°
02.01.12, 19:58
Messaggio 1 di 6
L’arte digitale come epigono del divisionismo pittorico.
Questa la premessa o meglio la tesi che mi porta a cercare di sviluppare alcune considerazioni sul concetto di arte in fotografia o meglio sul concetto arte – fotografia attuale. .
l’antitesi è che nel puntinismo di matrice pittorica impressionista tanto per citarne un autore a caso, Seurat, si ritrova l’anticipazione di oltre 100 anni dell’arte digitale o meglio di una certa ipermodernità elettronica che fa del pixel inteso come il “ pointillisme digitale”il culto o l’origine della scomposizione e della ricostruzione dell’immagine. In questo senso un certo tipo di “ arte elettronica” che cavalca questa possibilità espressiva altro non sarebbe che un epigono del divisionismo pittorico della fine dell’800 con buona pace di chi contrappone al pittorialismo di allora la libertà espressiva, talvolta mal celata sotto le sembianze della soggettività del singolo, di chi fa o pensa di fare ora arte con il mezzo fotografico.
Fortunatamente esiste ancora l’uomo libero che sa esprimersi nel tempo, e anche fuori del tempo, escludendo dal proprio orizzonte le forme di una moda che ha, nella stragrande maggioranza dei casi, ben poco da dire. E in quanto moda questa è destinata fortunatamente a passare. Questa pratica crea soltanto un diffuso malessere, dal quale riescono a sottrarsi alcuni uomini. E sono questi che trasfigurano la propria inadeguatezza in opera d’arte. Cercare di percorrere ora alcune strade in continuità con quelle tracciate nel passato spesso non paga e ci si sente dire da certi galleristi o persone del mercato che non si è allineati con le richieste attuali Ed è in questo senso che una certa squassata ricerca dell’arte attraverso sistemi espressivi comuni e di semplice applicazione altro non fa che allontanare l’oggetto dalla concezione di espressione artistica per introdurlo in un calderone di basso spessore in cui tutti e con tutti i mezzi a propria disposizione credono di poter essere definiti artisti. Ma l’utilizzo dello strumento non legittima questa ascesi, anzi omologa il risultato che in quanto tale diventa banale ossia comune.
Come se ci si dovesse comunque adeguare a un sistema che intenda riconoscere soltanto questa o quell’altra forma, denigrando talvolta per ignoranza, o per praticità e sudditanza l’altra, quella a cui non ci si riferisce. In fotografia questo oggi avviene sempre più con frequenza quasi a voler dimenticare un’etica espressiva che sta alla fotografia come principale valore di essa. L’era “ elettronica”che viviamo è una delle più esemplari in questo senso. Sembra che vi sia una realtà espressiva totalmente libera, in cui ogni “artista” possa esprimersi secondo la propria volontà e vaghezza. Questo viene legittimato oltremodo anche dall’utilizzo di mezzi espressivi diversi più attinenti ai dettami di un tempo ma rivisti e rimessi in gioco da strumenti di elaborazione elettronici. Non è così. E se nel passato ad arginare le forme sono state convinzioni e imposizioni ideologiche, oggi ciò che determina il flusso dell’arte è la più perniciosa delle tendenze: lo show-business. Talvolta mancante del “business” ma orientato solo allo “show”, come può avvenire in ambiti tipo questo in cui scrivo. Qui ogni “esibizione” che abbia la cifra della stranezza, può trovare attenzione da parte di chi non possiede più l’arte di “vedere con sensibilità”. Oggi si “ama” certa fotografia come posa sociale, come esibizione di una strana fede, più ossequiente al mercato “del libero osservare e condividere” che al piacere che può provenire dal comprendere il valore più recondito, che alla conoscenza che vada al di là della semplice apparenza.. E tutto ciò nasce perché vien messo all’onore dei folli ciò che è esclusivamente “moderno” (nel senso etimologico del termine: moda dell’odierno. Tutto ciò che sfiora la cosiddetta “fotografia impegnata” non solo per i temi che tratta ma per la propria autioreferenzialità e perché forse più attenta agli stilemi espressivi che ne hanno permesso non molto tempo fa l’elezione, in alcuni singoli e limitati casi di opera d’arte, viene definito sorpassato a scapito di qualcosa d’altro costruito su poca sostanza.
Credo che la mancanza di un percorso personale costruito sulla scelta e sulle possibilità generate dall’interno e non acquisite da fuori sia il perché spesso le grida di esclamazione che accompagnano certe immagini in realtà per alcuni siano grida di dolore.
Questa la premessa o meglio la tesi che mi porta a cercare di sviluppare alcune considerazioni sul concetto di arte in fotografia o meglio sul concetto arte – fotografia attuale. .
l’antitesi è che nel puntinismo di matrice pittorica impressionista tanto per citarne un autore a caso, Seurat, si ritrova l’anticipazione di oltre 100 anni dell’arte digitale o meglio di una certa ipermodernità elettronica che fa del pixel inteso come il “ pointillisme digitale”il culto o l’origine della scomposizione e della ricostruzione dell’immagine. In questo senso un certo tipo di “ arte elettronica” che cavalca questa possibilità espressiva altro non sarebbe che un epigono del divisionismo pittorico della fine dell’800 con buona pace di chi contrappone al pittorialismo di allora la libertà espressiva, talvolta mal celata sotto le sembianze della soggettività del singolo, di chi fa o pensa di fare ora arte con il mezzo fotografico.
Fortunatamente esiste ancora l’uomo libero che sa esprimersi nel tempo, e anche fuori del tempo, escludendo dal proprio orizzonte le forme di una moda che ha, nella stragrande maggioranza dei casi, ben poco da dire. E in quanto moda questa è destinata fortunatamente a passare. Questa pratica crea soltanto un diffuso malessere, dal quale riescono a sottrarsi alcuni uomini. E sono questi che trasfigurano la propria inadeguatezza in opera d’arte. Cercare di percorrere ora alcune strade in continuità con quelle tracciate nel passato spesso non paga e ci si sente dire da certi galleristi o persone del mercato che non si è allineati con le richieste attuali Ed è in questo senso che una certa squassata ricerca dell’arte attraverso sistemi espressivi comuni e di semplice applicazione altro non fa che allontanare l’oggetto dalla concezione di espressione artistica per introdurlo in un calderone di basso spessore in cui tutti e con tutti i mezzi a propria disposizione credono di poter essere definiti artisti. Ma l’utilizzo dello strumento non legittima questa ascesi, anzi omologa il risultato che in quanto tale diventa banale ossia comune.
Come se ci si dovesse comunque adeguare a un sistema che intenda riconoscere soltanto questa o quell’altra forma, denigrando talvolta per ignoranza, o per praticità e sudditanza l’altra, quella a cui non ci si riferisce. In fotografia questo oggi avviene sempre più con frequenza quasi a voler dimenticare un’etica espressiva che sta alla fotografia come principale valore di essa. L’era “ elettronica”che viviamo è una delle più esemplari in questo senso. Sembra che vi sia una realtà espressiva totalmente libera, in cui ogni “artista” possa esprimersi secondo la propria volontà e vaghezza. Questo viene legittimato oltremodo anche dall’utilizzo di mezzi espressivi diversi più attinenti ai dettami di un tempo ma rivisti e rimessi in gioco da strumenti di elaborazione elettronici. Non è così. E se nel passato ad arginare le forme sono state convinzioni e imposizioni ideologiche, oggi ciò che determina il flusso dell’arte è la più perniciosa delle tendenze: lo show-business. Talvolta mancante del “business” ma orientato solo allo “show”, come può avvenire in ambiti tipo questo in cui scrivo. Qui ogni “esibizione” che abbia la cifra della stranezza, può trovare attenzione da parte di chi non possiede più l’arte di “vedere con sensibilità”. Oggi si “ama” certa fotografia come posa sociale, come esibizione di una strana fede, più ossequiente al mercato “del libero osservare e condividere” che al piacere che può provenire dal comprendere il valore più recondito, che alla conoscenza che vada al di là della semplice apparenza.. E tutto ciò nasce perché vien messo all’onore dei folli ciò che è esclusivamente “moderno” (nel senso etimologico del termine: moda dell’odierno. Tutto ciò che sfiora la cosiddetta “fotografia impegnata” non solo per i temi che tratta ma per la propria autioreferenzialità e perché forse più attenta agli stilemi espressivi che ne hanno permesso non molto tempo fa l’elezione, in alcuni singoli e limitati casi di opera d’arte, viene definito sorpassato a scapito di qualcosa d’altro costruito su poca sostanza.
Credo che la mancanza di un percorso personale costruito sulla scelta e sulle possibilità generate dall’interno e non acquisite da fuori sia il perché spesso le grida di esclamazione che accompagnano certe immagini in realtà per alcuni siano grida di dolore.
Tanto per far capire di ciò che si sta parlando
http://www.google.it/search?q=puntinism ... 4QT9q8yNCA
http://www.settemuse.it/arte/corrente_d ... inismo.htm
Messaggio Modificato (20:41)
http://www.google.it/search?q=puntinism ... 4QT9q8yNCA
http://www.settemuse.it/arte/corrente_d ... inismo.htm
Messaggio Modificato (20:41)
Luca, ho letto probabilmente non con la necessaria attenzione il tuo interessante testo, e me ne scuso (ma attualmente il mio tempo è veramente poco).
Non posso quindi argomentare su tutto quanto hai posto in discussione, riservandomi, se mi sarà possibile, di farlo in seguito.
Il tuo incipit sul "puntinismo", in un sito di fotografia, per me appassionato di pittura, è (o meglio, sarebbe, se ne avessi il tempo) un invito a nozze. Mi limito, per il momento, ad alcune brevi considerazioni.
Dico subito che a mio parere l'accostamento tra il "puntinismo" pittorico e quello fotografico è più apparente che reale. Indubbiamente, se ci limitiamo al "puntinismo puro" di Seurat ci può essere qualche similitudine: in pittura le forme erano ottenute con minutissime pennellate, al limite punti di colore dato il più possibile puro (lasciando all'occhio umano il compito di fonderli nella retina); similmente nel sensore si dispongono i pixel distinti nei colori RGB.
Gli artisti antiaccademici dell'800 erano letteralmente affascinati dalle ricerche sulla luce e sui colori, e studiavano con passione le teorie di Maxwell e di Chevreul. A ciò si aggiungeva il desiderio di rappresentare la realtà quale appare. L'impressionismo in Francia, nella sua breve stagione, è il movimento che, grazie alla scomposizione dei colori, riesce a ottenere una straordinaria luminosità pittorica. Seurat, in effetti, guarda anche a Delacroix e Courbet, ed elabora, su basi più scientifiche che pittoriche, il puntinismo. Signac in Francia e Previati in Italia mitigheranno, in un certo senso, il suo rigore pittorico dipingendo con pennellate corte e filamentose, aprendo la strada al Divisionismo (straordinario e poco conosciuto quelli italiano) e, in ultimo, grazie a Boccioni, Balla e altri al Futurismo.
La fotografia era nata ben prima (ufficialmente nel 1827), come invenzione "tecnica" e senza alcuna pretesa artistica. Essa non sarà minimamente considerata quale "concorrente" da nessun pittore, neppure da quelli d'avanguardia, che al massimo la utilizzavano per costituirsi un album economico di pose e soggetti (il Doganiere Russeau, p. es., dipingeva spesso ricopiando cartoline).
A parte pochi grandi fotografi (Felix Nadar in testa) la fotografia nell'800 non esprime valori artistici. Da qui la "reazione" costituita dall'esperienza pittorialista, che coagulatesi attorno alla rivista "Camera Works", vede tuttavia esaurirsi la pretesa di fare arte con la fotografia, aprendo la strada, con la "nuova oggettività", alla fotografia moderna.
...
Non posso quindi argomentare su tutto quanto hai posto in discussione, riservandomi, se mi sarà possibile, di farlo in seguito.
Il tuo incipit sul "puntinismo", in un sito di fotografia, per me appassionato di pittura, è (o meglio, sarebbe, se ne avessi il tempo) un invito a nozze. Mi limito, per il momento, ad alcune brevi considerazioni.
Dico subito che a mio parere l'accostamento tra il "puntinismo" pittorico e quello fotografico è più apparente che reale. Indubbiamente, se ci limitiamo al "puntinismo puro" di Seurat ci può essere qualche similitudine: in pittura le forme erano ottenute con minutissime pennellate, al limite punti di colore dato il più possibile puro (lasciando all'occhio umano il compito di fonderli nella retina); similmente nel sensore si dispongono i pixel distinti nei colori RGB.
Gli artisti antiaccademici dell'800 erano letteralmente affascinati dalle ricerche sulla luce e sui colori, e studiavano con passione le teorie di Maxwell e di Chevreul. A ciò si aggiungeva il desiderio di rappresentare la realtà quale appare. L'impressionismo in Francia, nella sua breve stagione, è il movimento che, grazie alla scomposizione dei colori, riesce a ottenere una straordinaria luminosità pittorica. Seurat, in effetti, guarda anche a Delacroix e Courbet, ed elabora, su basi più scientifiche che pittoriche, il puntinismo. Signac in Francia e Previati in Italia mitigheranno, in un certo senso, il suo rigore pittorico dipingendo con pennellate corte e filamentose, aprendo la strada al Divisionismo (straordinario e poco conosciuto quelli italiano) e, in ultimo, grazie a Boccioni, Balla e altri al Futurismo.
La fotografia era nata ben prima (ufficialmente nel 1827), come invenzione "tecnica" e senza alcuna pretesa artistica. Essa non sarà minimamente considerata quale "concorrente" da nessun pittore, neppure da quelli d'avanguardia, che al massimo la utilizzavano per costituirsi un album economico di pose e soggetti (il Doganiere Russeau, p. es., dipingeva spesso ricopiando cartoline).
A parte pochi grandi fotografi (Felix Nadar in testa) la fotografia nell'800 non esprime valori artistici. Da qui la "reazione" costituita dall'esperienza pittorialista, che coagulatesi attorno alla rivista "Camera Works", vede tuttavia esaurirsi la pretesa di fare arte con la fotografia, aprendo la strada, con la "nuova oggettività", alla fotografia moderna.
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03.01.12, 22:00
Messaggio 4 di 6
quando scrive Carlo .....
...anch'io ho letto un po'...velocemente...e sull'accostamento del pointillisme alla fotografia digitale...anch'io avevo qualche perplessità...ma il puntuale e preciso Carlo Pollaci...ci sta già fornendo...ampia messe di giustissime precisazioni e chiarezza a tal proposito...
sullo...show business...che diventa in alcuni casi (come nei siti come questo) solo...show e nel senso deteriore di semplice esibizionismo...ebbene...sono molto d'accordo...ed estenderei la riflessione non solo alla fotografia...ma più in generale a comportamenti sociali e comunicativi...in atto nella nostra era digitale...o come direbbe McLhuan nel nostro...villaggio globale...
per tutto il resto...arte artista ecc...il discorso è piuttosto lungo e complesso...ed in ogni caso...a parte i geni...gli artisti per essere tali...devono essere...professionali...in quello che fanno...qualunque sia il mezzo che usino...
qui...(nella maggioranza dei casi) non possiamo parlare di artisti...ma tutt'al più di amatori più o meno evoluti e di qualche professionista (intendendo fotografo per professione)...
...l'arte...è tutta un'altra roba...secondo me...
buona continuazione...:)))
sullo...show business...che diventa in alcuni casi (come nei siti come questo) solo...show e nel senso deteriore di semplice esibizionismo...ebbene...sono molto d'accordo...ed estenderei la riflessione non solo alla fotografia...ma più in generale a comportamenti sociali e comunicativi...in atto nella nostra era digitale...o come direbbe McLhuan nel nostro...villaggio globale...
per tutto il resto...arte artista ecc...il discorso è piuttosto lungo e complesso...ed in ogni caso...a parte i geni...gli artisti per essere tali...devono essere...professionali...in quello che fanno...qualunque sia il mezzo che usino...
qui...(nella maggioranza dei casi) non possiamo parlare di artisti...ma tutt'al più di amatori più o meno evoluti e di qualche professionista (intendendo fotografo per professione)...
...l'arte...è tutta un'altra roba...secondo me...
buona continuazione...:)))
Carlo e se avevi tempo stilavi 3000 pagini?:-)