21. L'oblio di una stazione
Mostra collettiva di Giuseppe Manganaro e Francesco Torrisi: "L'oblio di una piccola stazione".
Una delle tante stazioncine abbandonate nella campagna siciliana, presso Carcaci (Enna), si trasfigura nel lavoro di Giuseppe e Francesco in un simbolo polivalente, incarnando il velleitarismo cieco di una classe politica inconcludente e priva di prospettive, la spettrale e rabbrividente morte degli oggetti che un tempo sono stati ricettacolo fervido di vita e attività umane, la rivincita della Natura, che si riappropria vittoriosa, secondo le sue leggi imperscrutabili, di ciò che la vacuità dell'uomo ha tentato di toglierle.
Il colore scelto da Giuseppe e Francesco è protagonista assoluto, e si declina in tonalità ricercate, che mirano a esprimere proprio la cangiante, sfaccettata e articolata realtà, visibile e invisibile, di ciò che è sotto i nostri occhi.
Ora la parola a Francesco:
"Io e Giuseppe vorremmo proporvi un modo di vedere e interpretare la nostra terra, la Sicilia, tramite ciò che abbiamo costruito.
E come dei veri turisti siete invitati a iniziare questo viaggio virtuale salendo sul treno che sta giusto partendo dalla stazione ferroviaria di Carcaci.
Allora, che aspettate?... tutti in carrozza!
Siete comunque avvisati che noi autori non siamo affatto responsabili di eventuali attese o ritardi nei quali potreste incorrere durante questo tour. Dovete sapere che le Ferrovie dello Stato in Sicilia purtroppo hanno implementato la loro rete con notevole lentezza rispetto alle reali esigenza dell’isola.
E’ un dato di fatto che tutte le grandi opere pubbliche necessarie per la crescita e lo sviluppo della nazione, da noi sono state sempre centellinate "cum grano salis". I ritmi delle “pose del primo mattone” sono stati cadenzati prevalentemente dalle elezioni politiche e con opere destinate più a posti di lavoro (leggi “voti”) che a migliorare i servizi e la qualità della vita. Quindi si erigevano grandi stabilimenti quali luccicanti e futuristiche raffinerie con augurali e festosi tagli di nastri tricolore, ma niente ospedali, niente scuole, niente autostrade... nulla che ci aiutasse a “progredire” e a liberarci dal nostro stato di dipendenza cronico. Non è solo il lavoro che ti rende libero ma anche la “Cultura”. Ancor oggi noi dipendiamo dagli altri sempre per la stessa esigenza di avere un “lavoro” perché non riusciamo a generarlo autonomamente. Giusto in questi giorni (Anno Domini 2009) si stanno appaltando tratte autostradali in Sicilia programmate fin dagli inizi degli anni Cinquanta. Provate ad immaginare se la Torino-Venezia fosse ancora da costruire…
Vi faccio un semplice esempio a rinforzo di quanto sosteniamo: io e Giuseppe abbiamo avuto il nostro battesimo dell’aria alle porte degli anni Settanta, volando probabilmente con lo stesso aereo da Catania a Palermo. Questo perché per percorrere i 190 km che separano le due città, se già in auto occorrevano quasi 5 ore, in treno si partiva all’alba e si arrivava di notte. Incredibile ma vero! E, credetemi, non è di un “trapassato remoto” il tempo a cui mi riferisco...
Io e Giuseppe siamo stati dei “privilegiati” e così abbiamo volato… ma gli altri siciliani?
Nonostante queste gravi limitazioni, la Sicilia è cresciuta, ma sicuramente portando nel suo bagaglio formativo questi grossi condizionamenti, che hanno segnato il suo sviluppo.
Commercio, industrializzazione, turismo e anche i semplici scambi culturali tra le varie province siciliane (abbiamo ben 9 capoluoghi) hanno dovuto mettersi a regime con i tempi imposti per i trasferimenti di cose, persone e idee all'interno dei nostri confini regionali.
Molte tratte ferroviarie sono nate tardi, quando forse si erano già trovate strade alternative. La conseguenza è stata che sono morte presto.
Mentre l'Italia peninsulare, a seguito dell'invenzione della locomotiva a vapore avvenuta in Inghilterra nell'Ottocento, vedeva nascere ferrovie e stazioni a collegamento dei centri nevralgici su tutto il territorio e ancora, con maggior impulso, a seguito della nascita delle FF.SS. nel 1905, questa di Carcaci ebbe il suo battesimo solo nel 1952, purtroppo morì molto giovane e fu definitivamente chiusa nel 1987 dopo soli miseri 35 anni di utilizzo.
Nel percorrere la Sicilia è facile trovare linee ferrate in disuso e quindi abbandonate. E’ facile seguire con gli occhi questi vecchi e arrugginiti binari snodarsi tra le campagne della nostra terra. Sembrano cicatrici di vecchie ferite di battaglie già perse ancor prima di combatterle.
Senza dire che oggi, vista anche la loro allocazione nel più bel cuore della Sicilia, il loro utilizzo potrebbe essere differente da quello attuale: inedia totale.
Di contro, per me e Giuseppe, è stato splendido vedere come ciò che l’uomo ha creato e abbandonato viene almeno "recuperato" da Madre Natura.
Questa piccola stazione ferroviaria di Carcaci ne è testimone inconfutabile.
Giorno dopo giorno è Lei, Madre Natura, che ci ha dato tutto per costruirla - dagli spazi, alla pietra lavica, ai mattoni, al legno e al ferro -, che osservando come noi uomini abbandoniamo i Suoi frutti migliori, con lenta ma inesorabile progressione torna ad appropriarsi di tutto ciò che ci aveva donato.
Annegando le nostre tracce nell’oblio" (Francesco Torrisi).
Una delle tante stazioncine abbandonate nella campagna siciliana, presso Carcaci (Enna), si trasfigura nel lavoro di Giuseppe e Francesco in un simbolo polivalente, incarnando il velleitarismo cieco di una classe politica inconcludente e priva di prospettive, la spettrale e rabbrividente morte degli oggetti che un tempo sono stati ricettacolo fervido di vita e attività umane, la rivincita della Natura, che si riappropria vittoriosa, secondo le sue leggi imperscrutabili, di ciò che la vacuità dell'uomo ha tentato di toglierle.
Il colore scelto da Giuseppe e Francesco è protagonista assoluto, e si declina in tonalità ricercate, che mirano a esprimere proprio la cangiante, sfaccettata e articolata realtà, visibile e invisibile, di ciò che è sotto i nostri occhi.
Ora la parola a Francesco:
"Io e Giuseppe vorremmo proporvi un modo di vedere e interpretare la nostra terra, la Sicilia, tramite ciò che abbiamo costruito.
E come dei veri turisti siete invitati a iniziare questo viaggio virtuale salendo sul treno che sta giusto partendo dalla stazione ferroviaria di Carcaci.
Allora, che aspettate?... tutti in carrozza!
Siete comunque avvisati che noi autori non siamo affatto responsabili di eventuali attese o ritardi nei quali potreste incorrere durante questo tour. Dovete sapere che le Ferrovie dello Stato in Sicilia purtroppo hanno implementato la loro rete con notevole lentezza rispetto alle reali esigenza dell’isola.
E’ un dato di fatto che tutte le grandi opere pubbliche necessarie per la crescita e lo sviluppo della nazione, da noi sono state sempre centellinate "cum grano salis". I ritmi delle “pose del primo mattone” sono stati cadenzati prevalentemente dalle elezioni politiche e con opere destinate più a posti di lavoro (leggi “voti”) che a migliorare i servizi e la qualità della vita. Quindi si erigevano grandi stabilimenti quali luccicanti e futuristiche raffinerie con augurali e festosi tagli di nastri tricolore, ma niente ospedali, niente scuole, niente autostrade... nulla che ci aiutasse a “progredire” e a liberarci dal nostro stato di dipendenza cronico. Non è solo il lavoro che ti rende libero ma anche la “Cultura”. Ancor oggi noi dipendiamo dagli altri sempre per la stessa esigenza di avere un “lavoro” perché non riusciamo a generarlo autonomamente. Giusto in questi giorni (Anno Domini 2009) si stanno appaltando tratte autostradali in Sicilia programmate fin dagli inizi degli anni Cinquanta. Provate ad immaginare se la Torino-Venezia fosse ancora da costruire…
Vi faccio un semplice esempio a rinforzo di quanto sosteniamo: io e Giuseppe abbiamo avuto il nostro battesimo dell’aria alle porte degli anni Settanta, volando probabilmente con lo stesso aereo da Catania a Palermo. Questo perché per percorrere i 190 km che separano le due città, se già in auto occorrevano quasi 5 ore, in treno si partiva all’alba e si arrivava di notte. Incredibile ma vero! E, credetemi, non è di un “trapassato remoto” il tempo a cui mi riferisco...
Io e Giuseppe siamo stati dei “privilegiati” e così abbiamo volato… ma gli altri siciliani?
Nonostante queste gravi limitazioni, la Sicilia è cresciuta, ma sicuramente portando nel suo bagaglio formativo questi grossi condizionamenti, che hanno segnato il suo sviluppo.
Commercio, industrializzazione, turismo e anche i semplici scambi culturali tra le varie province siciliane (abbiamo ben 9 capoluoghi) hanno dovuto mettersi a regime con i tempi imposti per i trasferimenti di cose, persone e idee all'interno dei nostri confini regionali.
Molte tratte ferroviarie sono nate tardi, quando forse si erano già trovate strade alternative. La conseguenza è stata che sono morte presto.
Mentre l'Italia peninsulare, a seguito dell'invenzione della locomotiva a vapore avvenuta in Inghilterra nell'Ottocento, vedeva nascere ferrovie e stazioni a collegamento dei centri nevralgici su tutto il territorio e ancora, con maggior impulso, a seguito della nascita delle FF.SS. nel 1905, questa di Carcaci ebbe il suo battesimo solo nel 1952, purtroppo morì molto giovane e fu definitivamente chiusa nel 1987 dopo soli miseri 35 anni di utilizzo.
Nel percorrere la Sicilia è facile trovare linee ferrate in disuso e quindi abbandonate. E’ facile seguire con gli occhi questi vecchi e arrugginiti binari snodarsi tra le campagne della nostra terra. Sembrano cicatrici di vecchie ferite di battaglie già perse ancor prima di combatterle.
Senza dire che oggi, vista anche la loro allocazione nel più bel cuore della Sicilia, il loro utilizzo potrebbe essere differente da quello attuale: inedia totale.
Di contro, per me e Giuseppe, è stato splendido vedere come ciò che l’uomo ha creato e abbandonato viene almeno "recuperato" da Madre Natura.
Questa piccola stazione ferroviaria di Carcaci ne è testimone inconfutabile.
Giorno dopo giorno è Lei, Madre Natura, che ci ha dato tutto per costruirla - dagli spazi, alla pietra lavica, ai mattoni, al legno e al ferro -, che osservando come noi uomini abbandoniamo i Suoi frutti migliori, con lenta ma inesorabile progressione torna ad appropriarsi di tutto ciò che ci aveva donato.
Annegando le nostre tracce nell’oblio" (Francesco Torrisi).
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