221. Antonio Rolandi
Dieci fotografie per raccontare una nuova Torino, quella di "Spina 3", in cui futuro e passato tentano una scomoda armonia, che suscita negli abitanti perplessità mista a uno strano, inquietante fascino.
Antonio Rolandi, con curiosità e disponibilità verso le aperture misteriose offerte dalla nuova simbiosi, ci offre un interessantissimo racconto per immagini. E lo accompagna con queste parole, non meno interessanti:
"New To(wn) è un gioco grafico e di parole. New non ha bisogno di interpretazioni autentiche: quello è. E se To è la sigla di Torino, (wn) consente di leggere New town, la nuova città, ovvero la nuova Torino. Quasi un sillogismo, tra parentesi, appunto. Gioco con le parole, mi lancio in acrobazie. Azzardo con qualche immagine, per passione come tutti noi.
Queste foto sono state scattate in una zona della città appena rinata e ancora in trasformazione. L’hanno battezzata in un modo orribile: Spina 3. Deve avere un qualche significato tecnicistico. A me quel posto nuovo piace, per inquietante che possa sembrare. Altri, soprattutto chi ci abita, non sono della stessa opinione, nonostante ci sia un centro commerciale che apparecchia pure una piazza. Ma non è la piazza del nuovo quartiere, tant’è vero che nei giorni di festa è deserta. Perché, ribadisco, è la piazza del centro commerciale. Così quelle architetture così fortemente evocative del passato industriale della zona appaiono per paradosso quasi senz’anima, come quella piazza quand’è deserta.
Per strada passano tante auto che si intrufolano nelle viscere del centro commerciale e poche persone che vanno verso la vecchia chiesa. Il ponte sulla Dora è bello, strano, nuovo eppure arrugginito, intelligente al punto da sembrare altro: i pennoni di un circo, per esempio. E poi un po’ più in là ci sono le ciminiere di acciaio luccicante che fumano. Quello è vapore, nient’altro, però ricorda quando lì c’erano la Michelin e l’acciaieria che riforniva di lamiere la Fiat, la Teksid.
Ve le propongo così, sghembe e vertiginose, cupe ma a volte scintillanti. Come i bomboloni della nuova centrale che riscalda col metano migliaia di famiglie senza inquinare. Come quel pezzo di grattacielo, per ora tozzo, firmato Renzo Piano. Sarà una meraviglia e sfiderà in altezza addirittura la Mole. Solo per rispetto si fermerà qualche metro prima.
Provo a raccontare questa città che resta legata al suo passato guardando al futuro.
La speranza, ovviamente, è di esserci riuscito. Almeno in parte" (Antonio Rolandi).
Antonio Rolandi, con curiosità e disponibilità verso le aperture misteriose offerte dalla nuova simbiosi, ci offre un interessantissimo racconto per immagini. E lo accompagna con queste parole, non meno interessanti:
"New To(wn) è un gioco grafico e di parole. New non ha bisogno di interpretazioni autentiche: quello è. E se To è la sigla di Torino, (wn) consente di leggere New town, la nuova città, ovvero la nuova Torino. Quasi un sillogismo, tra parentesi, appunto. Gioco con le parole, mi lancio in acrobazie. Azzardo con qualche immagine, per passione come tutti noi.
Queste foto sono state scattate in una zona della città appena rinata e ancora in trasformazione. L’hanno battezzata in un modo orribile: Spina 3. Deve avere un qualche significato tecnicistico. A me quel posto nuovo piace, per inquietante che possa sembrare. Altri, soprattutto chi ci abita, non sono della stessa opinione, nonostante ci sia un centro commerciale che apparecchia pure una piazza. Ma non è la piazza del nuovo quartiere, tant’è vero che nei giorni di festa è deserta. Perché, ribadisco, è la piazza del centro commerciale. Così quelle architetture così fortemente evocative del passato industriale della zona appaiono per paradosso quasi senz’anima, come quella piazza quand’è deserta.
Per strada passano tante auto che si intrufolano nelle viscere del centro commerciale e poche persone che vanno verso la vecchia chiesa. Il ponte sulla Dora è bello, strano, nuovo eppure arrugginito, intelligente al punto da sembrare altro: i pennoni di un circo, per esempio. E poi un po’ più in là ci sono le ciminiere di acciaio luccicante che fumano. Quello è vapore, nient’altro, però ricorda quando lì c’erano la Michelin e l’acciaieria che riforniva di lamiere la Fiat, la Teksid.
Ve le propongo così, sghembe e vertiginose, cupe ma a volte scintillanti. Come i bomboloni della nuova centrale che riscalda col metano migliaia di famiglie senza inquinare. Come quel pezzo di grattacielo, per ora tozzo, firmato Renzo Piano. Sarà una meraviglia e sfiderà in altezza addirittura la Mole. Solo per rispetto si fermerà qualche metro prima.
Provo a raccontare questa città che resta legata al suo passato guardando al futuro.
La speranza, ovviamente, è di esserci riuscito. Almeno in parte" (Antonio Rolandi).
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