77a - Marca Barone
Mostra online di Marca Barone: "Figure che un soffio conduce".
La mostra, spiega Marca, è "un omaggio alla poesia di Lucio Piccolo, nato a Palermo agli albori del XX sec. da famiglia aristocratica e cugino di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, autore del celebre romanzo "Il Gattopardo".
L'opera poetica di Lucio Piccolo è raffinatissima, permeata da simboli, densa di riferimenti alla tradizione letteraria italiana (Marino, D'Annunzio, Montale) ed europea (Guillén, Baudelaire, Yeats, Pound). I tratti fondanti della sua poesia si possono ricondurre ad un naturalismo mitologico, dove dei e dee, ninfe e fauni, capri e centauri, sono personalizzati e resi viventi, fiori e frutti, acque e venti, spazi e nubi, montagne e giardini, notti e giorni, ore e stagioni, casolari e visi umani sono guardati come in sogno.
Nel poeta convivono due anime, quella palermitana, spagnola, barocca, delle vecchie chiese, dei conventi, degli oratori, tutta scenografia interna che fa da sfondo alla sua infanzia-adolescenza; e quella messinese, greca, della campagna, della natura, scenografia esterna che fa da sfondo alla sua giovinezza-maturità, ma che egli riconduce sempre alla cifra barocca. "I campi siciliani sono metropoli vegetali", dice Brancati, e bisogna aver visto questi del territorio di Capo d'Orlando, aggiunge Vincenzo Consolo (in novembre, quando l'odore dell'olivo pigiato impregna l'aria), per capire quale brulichio, quale sfrenatezza, quali intrighi e contorcimenti può avere la vita vegetale" (Marca Barone).
L'autrice ha realizzato un lavoro raffinato e sensibile in location di eccezione: la villa di Capo d'Orlando (Messina), dove Piccolo visse sino alla morte, e dintorni, e la casa di villeggiatura di famiglia a Santa Margherita Belice. Una figura femminile, pensosa ed enigmatica, si staglia sulle tonalità antiche e delicate dell'ambiente quasi alludendo a un passato prezioso e lontano, ma non mai perduto, pronto ancora a rivivere se richiamato dall'amore e dalla nostalgia.
La mostra, spiega Marca, è "un omaggio alla poesia di Lucio Piccolo, nato a Palermo agli albori del XX sec. da famiglia aristocratica e cugino di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, autore del celebre romanzo "Il Gattopardo".
L'opera poetica di Lucio Piccolo è raffinatissima, permeata da simboli, densa di riferimenti alla tradizione letteraria italiana (Marino, D'Annunzio, Montale) ed europea (Guillén, Baudelaire, Yeats, Pound). I tratti fondanti della sua poesia si possono ricondurre ad un naturalismo mitologico, dove dei e dee, ninfe e fauni, capri e centauri, sono personalizzati e resi viventi, fiori e frutti, acque e venti, spazi e nubi, montagne e giardini, notti e giorni, ore e stagioni, casolari e visi umani sono guardati come in sogno.
Nel poeta convivono due anime, quella palermitana, spagnola, barocca, delle vecchie chiese, dei conventi, degli oratori, tutta scenografia interna che fa da sfondo alla sua infanzia-adolescenza; e quella messinese, greca, della campagna, della natura, scenografia esterna che fa da sfondo alla sua giovinezza-maturità, ma che egli riconduce sempre alla cifra barocca. "I campi siciliani sono metropoli vegetali", dice Brancati, e bisogna aver visto questi del territorio di Capo d'Orlando, aggiunge Vincenzo Consolo (in novembre, quando l'odore dell'olivo pigiato impregna l'aria), per capire quale brulichio, quale sfrenatezza, quali intrighi e contorcimenti può avere la vita vegetale" (Marca Barone).
L'autrice ha realizzato un lavoro raffinato e sensibile in location di eccezione: la villa di Capo d'Orlando (Messina), dove Piccolo visse sino alla morte, e dintorni, e la casa di villeggiatura di famiglia a Santa Margherita Belice. Una figura femminile, pensosa ed enigmatica, si staglia sulle tonalità antiche e delicate dell'ambiente quasi alludendo a un passato prezioso e lontano, ma non mai perduto, pronto ancora a rivivere se richiamato dall'amore e dalla nostalgia.
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