Moschitti alle Vele di Scampia
Con le sue fotografie, Mauro Moschitti ci costringe a entrare in un mondo parallelo al nostro, con dolore, imbarazzo e disagio profondo: siamo alle Vele di Napoli, nel quartiere Scampia. E ci chiediamo perché, e cosa si possa ancora salvare, se si può.
A Napoli, "il nome delle Vele è diventato tristemente famoso come emblema di uno dei quartieri più degradati e problematici della città. Costruite tra il 1962 e il 1975 nel quartiere di Scampia, le sette Vele facevano parte di un progetto abitativo di larghe vedute che prevedeva anche uno sviluppo della città nella zona est.
L'idea del progetto comprendeva grandi unità residenziali dove centinaia di famiglie avrebbero dovuto integrarsi e creare una comunità, ampie vie di scorrimento e aree verdi tra le varie Vele: una vera e propria città modello. Varie cause purtroppo hanno portato a quello che oggi viene definito un ghetto, in primis il terremoto del 1980, che indusse molte famiglie, rimaste senza tetto, a occupare più o meno abusivamente gli alloggi delle Vele: questo fece sì che varie culture si intrecciassero e, come talvolta succede, a prevalere furono illegalità, abusivismo e prevaricazione in varie forme.
Una tale densità di persone in precarie condizioni socio-economiche in un complesso così grande ha determinato l'esplodere di una criminalità organizzata che trovava un terreno fertile per tutti i suoi traffici, complice l'assenza dello Stato e della legalità: il primo commissariato di polizia fu insediato nel 1987, esattamente quindici anni dopo la consegna degli alloggi. Ecco che allora i giardini sono il luogo di raccolta degli spacciatori, i viali sono piste per corse clandestine, gli androni dei palazzi luogo di incontro di ladri e ricettatori.
Le Vele costituirono un'isola di criminalità ben protetta, isolata, nella quale le forze dell'ordine poco potevano.
Oggi Scampia rappresenta di fatto una piazza in cui avviene lo spaccio di grossi quantitativi di droghe" (da "Wikipedia").
Le fotografie di Mauro sono drammaticamente belle, intense, forti, eloquenti eppure essenziali e vere, scarne, prive di sovrapposizioni retoriche e di sottolineature artificiose che cerchino l'effetto. Parlano da sole, con il linguaggio della vita vera, e del suo dolore.
A Napoli, "il nome delle Vele è diventato tristemente famoso come emblema di uno dei quartieri più degradati e problematici della città. Costruite tra il 1962 e il 1975 nel quartiere di Scampia, le sette Vele facevano parte di un progetto abitativo di larghe vedute che prevedeva anche uno sviluppo della città nella zona est.
L'idea del progetto comprendeva grandi unità residenziali dove centinaia di famiglie avrebbero dovuto integrarsi e creare una comunità, ampie vie di scorrimento e aree verdi tra le varie Vele: una vera e propria città modello. Varie cause purtroppo hanno portato a quello che oggi viene definito un ghetto, in primis il terremoto del 1980, che indusse molte famiglie, rimaste senza tetto, a occupare più o meno abusivamente gli alloggi delle Vele: questo fece sì che varie culture si intrecciassero e, come talvolta succede, a prevalere furono illegalità, abusivismo e prevaricazione in varie forme.
Una tale densità di persone in precarie condizioni socio-economiche in un complesso così grande ha determinato l'esplodere di una criminalità organizzata che trovava un terreno fertile per tutti i suoi traffici, complice l'assenza dello Stato e della legalità: il primo commissariato di polizia fu insediato nel 1987, esattamente quindici anni dopo la consegna degli alloggi. Ecco che allora i giardini sono il luogo di raccolta degli spacciatori, i viali sono piste per corse clandestine, gli androni dei palazzi luogo di incontro di ladri e ricettatori.
Le Vele costituirono un'isola di criminalità ben protetta, isolata, nella quale le forze dell'ordine poco potevano.
Oggi Scampia rappresenta di fatto una piazza in cui avviene lo spaccio di grossi quantitativi di droghe" (da "Wikipedia").
Le fotografie di Mauro sono drammaticamente belle, intense, forti, eloquenti eppure essenziali e vere, scarne, prive di sovrapposizioni retoriche e di sottolineature artificiose che cerchino l'effetto. Parlano da sole, con il linguaggio della vita vera, e del suo dolore.
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