Grazie Maria Teresa e Francesco... molto gentili. La verità è che ogni immagine diventa per me l'occasione di approfondire anche gli aspetti di una determinata cultura e società attraverso i suoi miti, credenze, aforismi e musica... ed in quanto alla tecnica ovviamente sperimento sempre nuovi processi in modo da rendere possibile la realizzazione di ciò che immagino... lo facevo anche quando operavo in analogico con i filtri prima e poi in camera oscura... come si dice, nella vita non si smette mai di imparare... Se poi lo si vive come un divertimento meglio no? :)
Grazie Adriana... sono imbarazzato dalle tue parole decisamente immeritate! :)
I miei complimenti per questa intervista così avvincente: a Maurizio per le sue considerazioni eleganti e leggere su temi, in realtà, molto molto complessi e a Lucy per la sua finissima sensibilità nel far affiorare la personalità dell'altro.
Maurizio, ho apprezzato moltissimo in particolare la tua riflessione sui rapporti sottili tra scienza e fantasia, che condivido in pieno. L'una ha bisogno vitale dell'altra: la fantasia vola, la scienza si aggrappa al dettaglio. Laddove si incontrano, nasce il miracolo: la fusione di sintesi e di analisi, che è il motore del processo artistico (letteratura, musica, arti visive, ...) e della ricerca scientifica.
Una mia piccola curiosità in proposito, per capire il nascere e lo svolgersi di una "storia": come sono nate in te queste due passioni, anzi queste due attitudini, così speciali? e quale prima dell'altra?
Grazie :-)
Maurizio, ho apprezzato moltissimo in particolare la tua riflessione sui rapporti sottili tra scienza e fantasia, che condivido in pieno. L'una ha bisogno vitale dell'altra: la fantasia vola, la scienza si aggrappa al dettaglio. Laddove si incontrano, nasce il miracolo: la fusione di sintesi e di analisi, che è il motore del processo artistico (letteratura, musica, arti visive, ...) e della ricerca scientifica.
Una mia piccola curiosità in proposito, per capire il nascere e lo svolgersi di una "storia": come sono nate in te queste due passioni, anzi queste due attitudini, così speciali? e quale prima dell'altra?
Grazie :-)
Grazie Maricla per le tue parole e l'attenta lettura!
Per venire alla tua curiosità io credo che queste due attitudini abbiano in comune una caratteristica e cioè la curiosità: la curiosità che ti spinge sempre a domandarti perché di ciò che vedi o se oltre a ciò che vedi ci possa essere di più… o ancora a domandarti il tipico “what if” e cioè cosa succederebbe se o cosa sarebbe successo se invece di essere andate in un certo modo le cose fossero andate in un altro… le conseguenze di una decisione diversa da quella presa. Come puoi immaginare è un gioco divertentissimo e non per niente l’antefatto narrativo per eccellenza per una certa branca letteraria tipicamente fantascientifica che fece la fortuna negli anni 60 di pubblicazioni e programmi come “Ai confini della Realtà”.
Ovviamente da bambino aiuta ad acquisire un modo di guardare alternativo a quello canonico e ogni luogo diviene potenzialmente fonte di avventure e scoperte.
A nove anni ricevetti in regalo la mia prima macchina fotografica, una semplice Agfamatic Pocket certo ma per me era un sogno che si avverava… e il mio mondo si allargò ulteriormente specie quando imparai che in camera oscura non esisteva una sola realtà neppure se già fissata su negativo… :)
L’incontro, questa volta letterario, con Isaac Asimov, non solo grandissimo scritture di Fantascienza ma anche abile ed attento divulgatore scientifico, indirizzo la mia curiosità, fino a quel momento piuttosto disordinata, verso il metodo scientifico che poi si focalizzò sulle branche chimico cliniche e biomediche per motivi personali.
Quindi potrei dire che la passione per la fotografia e la rilettura della realtà è nata prima ma i germi della ricerca scientifica già covavano a causa di quella curiosità che comunque mi spingeva sempre a sperimentare e scoprire nuove vie espressive... :)
Per venire alla tua curiosità io credo che queste due attitudini abbiano in comune una caratteristica e cioè la curiosità: la curiosità che ti spinge sempre a domandarti perché di ciò che vedi o se oltre a ciò che vedi ci possa essere di più… o ancora a domandarti il tipico “what if” e cioè cosa succederebbe se o cosa sarebbe successo se invece di essere andate in un certo modo le cose fossero andate in un altro… le conseguenze di una decisione diversa da quella presa. Come puoi immaginare è un gioco divertentissimo e non per niente l’antefatto narrativo per eccellenza per una certa branca letteraria tipicamente fantascientifica che fece la fortuna negli anni 60 di pubblicazioni e programmi come “Ai confini della Realtà”.
Ovviamente da bambino aiuta ad acquisire un modo di guardare alternativo a quello canonico e ogni luogo diviene potenzialmente fonte di avventure e scoperte.
A nove anni ricevetti in regalo la mia prima macchina fotografica, una semplice Agfamatic Pocket certo ma per me era un sogno che si avverava… e il mio mondo si allargò ulteriormente specie quando imparai che in camera oscura non esisteva una sola realtà neppure se già fissata su negativo… :)
L’incontro, questa volta letterario, con Isaac Asimov, non solo grandissimo scritture di Fantascienza ma anche abile ed attento divulgatore scientifico, indirizzo la mia curiosità, fino a quel momento piuttosto disordinata, verso il metodo scientifico che poi si focalizzò sulle branche chimico cliniche e biomediche per motivi personali.
Quindi potrei dire che la passione per la fotografia e la rilettura della realtà è nata prima ma i germi della ricerca scientifica già covavano a causa di quella curiosità che comunque mi spingeva sempre a sperimentare e scoprire nuove vie espressive... :)
Chiarissimo e interessantissimo! un racconto nel racconto di un racconto :-)
Grazie, Maurizio!
Grazie, Maurizio!
18.10.12, 07:16
Messaggio 36 di 66
Ciao Maurizio, io sono nuovissima in questa community a cui mi sono avvicinata perché un autore, quando ragazzina cominciavo a sentire stretto il mio paese, con il suo libro di fiabe e le sue splendide fotografie allargò i miei orizzonti mostrandomi che anche se ci ero nata non conoscevo molto della mia valle. Nel tentativo di imitarlo e guardare i luoghi come lui ho scoperto la bellezza della fotografia ed eccomi qua! Mai avrei immaginato che ci avrei incontrato quello che ormai consideravo un amico anche senza averlo mai conosciuto dal vivo. Leggendo ieri notte la tua chiacchierata mi sono venute le lacrime perché ho provato di nuovo le sensazioni che mi hanno accompagnato nelle mie escursioni fin da quando lessi il tuo libro ormai oltre vent’anni fa. Io, avendone finalmente la possibilità, qualche domanda l’avrei: Ho letto le parole di Italo Turci, le condivido completamente e mi chiedo perché uno con le tue capacità non si reclamizzi molto di più, ne avresti tutti i diritti visto che la prassi è dare gran cassa a qualunque minuscolo riconoscimento.
La seconda domanda è perché hai scelto di esprimerti con le fiabe, le tue foto sono sempre molto attente a cogliere luoghi e situazioni particolari e già di per se affascinano, le definirei poetiche nel loro stile, quindi mi sarei aspettata una propensione alla poesia o se vogliamo vederla scientificamente al documentarismo. Ti ringrazio del tuo esempio anche se con vent’anni di ritardo! Valentina
La seconda domanda è perché hai scelto di esprimerti con le fiabe, le tue foto sono sempre molto attente a cogliere luoghi e situazioni particolari e già di per se affascinano, le definirei poetiche nel loro stile, quindi mi sarei aspettata una propensione alla poesia o se vogliamo vederla scientificamente al documentarismo. Ti ringrazio del tuo esempio anche se con vent’anni di ritardo! Valentina
Grazie Valentina, le tue parole mi hanno commosso perchè se da una parte non pensavo vi fosse più nessuno che ricordasse quel libro... al contempo non avrei mai creduto potesse aver avuto una simile positiva influenza... evidentemente le persone sensibili come te riescono a vedere molto più bello nelle cose di quanto le umili capacità dell'autore ne abbiano sapute creare. Per le tue interessanti domande... lungi da me l'idea di glissarle... anche se sarei tentato sulla prima :D... purtroppo oggi è stata una giornata complicata che non mi consente il tempo necessario per una risposta esauriente... ma ci tornerò sicuramente domani.
Intanto mille grazie a te!
Intanto mille grazie a te!
Eccomi, scusatemi per il ritardo… Valentina vengo subito ai punti richiamati delle tue interessanti questioni.
Pubblicizzarsi… io credo sia una questione caratteriale… certamente mi fa piacere condividere le creazioni, cosiccome le idee vicendevolmente con gli amici, adoro il dialogo costruttivo… ma non amo la confusione, le invidie e l’ipocrisia che spesso aleggiano sugli eventi di spolvero ed ufficiali… quindi anche in tali occasioni tendo a ricercare la stessa atmosfera conviviale del gruppo di amici. Non sono il tipo da “lei non sa chi sono io” o “non sa cosa ho vinto io” perché ho la convinzione che ogni scatto, ogni creazione faccia storia a se e quindi, quella della comunicazione per immagini, sia una strada che non dovrebbe mai arenarsi sul CV pregresso… se accade vuol dire che non ci si diverte più, seppure forse non ci rende neppure conto del fatto. Certo, per contro, evitare quella che definisci “prassi comune” comporta che chi la segue ti snobbi come scevro di blasone ma poco importa… io amo la sfida in primis con me stesso e operare all’interno di un gruppo come UKPhoto consente di interagire con gli altri attraverso le proprie creazioni invece che per una questione di nomi… ovviamente non ne faccio una questione alla Piero Manzoni, non potrei neppure permettermelo, ma certo preferisco la gente che sappia andare oltre al “lei non sa chi sono io!”
I risultati?... Beh, tu li hai visti… come mi raccontavi, a Champorcher, pochissimi ricordano l’esistenza di quel libro, ancora meno il nome di chi l’ha scritto ma praticamente tutti ne conoscono le fiabe e le leggende ormai entrate nell’immaginario locale… ed alla fine è davvero importante conoscere la fonte di un mito o non è piuttosto meglio gustarsene il mistero?
Pubblicizzarsi… io credo sia una questione caratteriale… certamente mi fa piacere condividere le creazioni, cosiccome le idee vicendevolmente con gli amici, adoro il dialogo costruttivo… ma non amo la confusione, le invidie e l’ipocrisia che spesso aleggiano sugli eventi di spolvero ed ufficiali… quindi anche in tali occasioni tendo a ricercare la stessa atmosfera conviviale del gruppo di amici. Non sono il tipo da “lei non sa chi sono io” o “non sa cosa ho vinto io” perché ho la convinzione che ogni scatto, ogni creazione faccia storia a se e quindi, quella della comunicazione per immagini, sia una strada che non dovrebbe mai arenarsi sul CV pregresso… se accade vuol dire che non ci si diverte più, seppure forse non ci rende neppure conto del fatto. Certo, per contro, evitare quella che definisci “prassi comune” comporta che chi la segue ti snobbi come scevro di blasone ma poco importa… io amo la sfida in primis con me stesso e operare all’interno di un gruppo come UKPhoto consente di interagire con gli altri attraverso le proprie creazioni invece che per una questione di nomi… ovviamente non ne faccio una questione alla Piero Manzoni, non potrei neppure permettermelo, ma certo preferisco la gente che sappia andare oltre al “lei non sa chi sono io!”
I risultati?... Beh, tu li hai visti… come mi raccontavi, a Champorcher, pochissimi ricordano l’esistenza di quel libro, ancora meno il nome di chi l’ha scritto ma praticamente tutti ne conoscono le fiabe e le leggende ormai entrate nell’immaginario locale… ed alla fine è davvero importante conoscere la fonte di un mito o non è piuttosto meglio gustarsene il mistero?
Poesia versus Realismo versus Fiaba... credo che siano suite comunicative indirizzate ad auditori diversi. Io sono un ingordo fruitore di poesia e nel tempo ho anche sentito il bisogno di esprimermi attraverso questo stile arrivando ad una mia visione più in linea con l’haiku che con la composizione occidentale… Vedo la poesia come una via diretta all’intimo e all’anima delle cose trasfigurate in versi che comunicano a loro volta alla parte più intima di noi… e parimenti amo anche il diretto documentarismo che appaga la parte più razionale di noi, la quale necessita di dati ed informazioni… ovviamente anche per semplice deformazione professionale…
Le due situazioni non sono affatto antitetiche, parlano solo a sfaccettature diverse della nostra variegata personalità… sempre pensando che in ognuno può essere poi predominante l’una o l’altra. Per questo non disdegno affatto cimentarmi con ognuna di esse... come dicevo in una risposta precedente, la mia ultima collaborazione ad una pubblicazione libraria è proprio di genere documentaristico.
Il fatto che però alla fine finisca per prevalere la fiaba nasce dal fatto che sa comunicare con una parte di noi che, più o meno coscientemente, tendiamo a sacrificare alla cosiddetta età adulta… quella della fantasia, della curiosità… quell’io bambino che non vuol dire infantilismo ma consapevole stupore di fronte alle piccole cose che saprebbero regalare un raggio di sole nelle giornate più grigie… se solo ci prendessimo il tempo farle emergere dalla frettolosa routine.
Io penso che riuscire a comunicare all’io bambino, indipendentemente dall’età anagrafica dell’interlocutore, sia una degli sforzi più meritevoli da fare. Come disse Friedrich Nietzsche: “Nell'uomo autentico si nasconde un bambino… che vuole giocare!” mentre Gianni Rodari rimarcava: “La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo”.
A parte però tutte elucubrazioni a riguardo per spiegare razionalmente il fatto… ne esiste una anche più semplice…hai mai visto la faccia di un bambino mentre ascolta una fiaba che lo avvince? Se si non occorrono altre spiegazioni! :)))
Le due situazioni non sono affatto antitetiche, parlano solo a sfaccettature diverse della nostra variegata personalità… sempre pensando che in ognuno può essere poi predominante l’una o l’altra. Per questo non disdegno affatto cimentarmi con ognuna di esse... come dicevo in una risposta precedente, la mia ultima collaborazione ad una pubblicazione libraria è proprio di genere documentaristico.
Il fatto che però alla fine finisca per prevalere la fiaba nasce dal fatto che sa comunicare con una parte di noi che, più o meno coscientemente, tendiamo a sacrificare alla cosiddetta età adulta… quella della fantasia, della curiosità… quell’io bambino che non vuol dire infantilismo ma consapevole stupore di fronte alle piccole cose che saprebbero regalare un raggio di sole nelle giornate più grigie… se solo ci prendessimo il tempo farle emergere dalla frettolosa routine.
Io penso che riuscire a comunicare all’io bambino, indipendentemente dall’età anagrafica dell’interlocutore, sia una degli sforzi più meritevoli da fare. Come disse Friedrich Nietzsche: “Nell'uomo autentico si nasconde un bambino… che vuole giocare!” mentre Gianni Rodari rimarcava: “La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo”.
A parte però tutte elucubrazioni a riguardo per spiegare razionalmente il fatto… ne esiste una anche più semplice…hai mai visto la faccia di un bambino mentre ascolta una fiaba che lo avvince? Se si non occorrono altre spiegazioni! :)))
19.10.12, 19:59
Messaggio 40 di 66
Grazie Maurizio, una risposta articolata e coinvolgente che per me è una piacevole scoperta avendomi mostrato che dietro a tanta fantasia c'è anche una bella persona. Non ne dubitavo ma averne la conferma è uno schiaffo al saggio detto che è sempre meglio non tentare di conoscere i propri miti per non rimanerne delusi :-)
Spero che la padrona di casa Lucy Franco mi perdoni per monopolizzare questo suo splendido spazio e tu Maurizio abbia ancora un poco di pazienza per rispondere ad un'ultima domanda: guardando la tua galleria ho notato che le tue immagini hanno sempre un titolo didascalico che non è cioè casuale ma ad esempio rimanda al mito descritto, una specie di chiave . Ho spesso letto di fotografi che odiano i titoli spiegando questa loro avversione con il fatto che una foto dovrebbe parlare da sola. Apparentemente un'immagine fantasy, si potrebbe pensare, abbia ancor meno bisogno di un titolo. Perché questa tua scelta e come scegli i titolo alle tue immagini?
Grazie per la pazienza e per lo spazio messo a disposizione per soddisfare queste mie banali curiosità! Valentina
Spero che la padrona di casa Lucy Franco mi perdoni per monopolizzare questo suo splendido spazio e tu Maurizio abbia ancora un poco di pazienza per rispondere ad un'ultima domanda: guardando la tua galleria ho notato che le tue immagini hanno sempre un titolo didascalico che non è cioè casuale ma ad esempio rimanda al mito descritto, una specie di chiave . Ho spesso letto di fotografi che odiano i titoli spiegando questa loro avversione con il fatto che una foto dovrebbe parlare da sola. Apparentemente un'immagine fantasy, si potrebbe pensare, abbia ancor meno bisogno di un titolo. Perché questa tua scelta e come scegli i titolo alle tue immagini?
Grazie per la pazienza e per lo spazio messo a disposizione per soddisfare queste mie banali curiosità! Valentina
Non preoccuparti Valentina… non hai minimamente intaccato la mia pazienza. Su questo argomento permettimi però di cominciare con un preambolo… Io credo che ognuno nella propria carriera fotografica, professionale o amatoriale che sia… abbia maturato una sensibilità ed un’esperienza che lo ha portato a radicare convinzioni che vadano in ogni caso rispettate proprio perché frutto di un preciso percorso formativo. Personalmente non amo invece le polemiche che spesso l’esperienza porta a fare verso chiunque abbia idee diverse… senza per altro pensare che anche queste ultime sono frutto di un’esperienza seppure diversa… e che per quanta esperienza si sia maturata c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare… basta approcciarsi agli altri con un minimo di umiltà e rispetto!
Spesso queste dispute titolo/non titolo, razionalità/emotività e via dicendo mi ricordano tanto la guerra tra Lillipuziani e Blefuschiani causata dall’annosa, irresolubile e vitale controversia sul modo più corretto di… rompere le uova, se dalla parte più grossa o da quella più piccola (Jonathan Swift docet)… quindi quella che segue è un’opinione a titolo puramente personale che non vuole assolutamente prendere posizione nell’altrettanto profonda disputa sull’utilità dei titoli in fotografia sicuro che tutte le convinzioni a riguardo siano altrettanto valide della mia! :)
Premesso doverosamente questo… hai perfettamente ragione, i miei titoli non sono casuali e li ritengo parte integrante dell’immagine così come tutta la parte di testo che spesso accompagna i miei lavori… Spesso dietro ad un'immagine c’è un profondo lavoro di documentazione per riprodurre più fedelmente possibile una leggenda, un mito o anche la cultura che li hanno generati… una summa antropologica affascinante che si visualizza in una credenza dove la metafora spesso descrive meglio di tanti trattati il sentire ed il pensare di un popolo. Riportare tutto questo didascalicamente sarebbe complesso… in primis perché ovviamente richiederebbe un testo corposo e ho notato che di solito la gente, sempre più sopraffatta dai ritmi moderni che di tempo ne lasciano ben poco, tende a ritrarsi da tale corredo… e secondo perché spesso un’immagine non è esclusività di una platea mono linguistica quindi per essere fruibile da tutti il testo andrebbe tradotto almeno negli idiomi principali… con conseguenze facilmente immaginabili in termine di spazio e pesantezza di ogni pagina… insomma sommariamente infattibile.
Compenso con i titoli che sono quasi sempre o il nome del protagonista o il titolo di una canzone che parla dell’argomento trattato… o una frase celebre come la famosa “Klaatu Barada Nikto”… per chi ha voglia di approfondire basta infatti copiare il titolo su un qualunque motore di ricerca per trovare un enorme patrimonio di informazioni. Ad esempio in questo caso...
[fc-foto:29250247]
si scoprirebbe che Tepeyotl è la dea azteca delle montagne e che aveva l’abitudine di incontrarsi, accompagnata da suo marito il dio giaguaro (spesso rappresentato come una pantera), con un altro dio del pantheon atzeco e cioè il ben più famoso… Quetzalcoatl in persona! Quest’ultimo però per non impaurire eventuali osservatori inaspettati abbandonava la sua mise piumata presentandosi come un gigantesco serpente bianco… Come questo potesse spaventare meno gli osservatori è difficile capirlo…
Ok, lo ammetto... mi diverto con poco! :)
In generale quindi, per me, il titolo è un completamento e volendo anche uno sprone all’approfondimento… sempre restando che poi alla fine ognuno si può fermare al livello di lettura che vuole… quindi ad esempio alla pura osservazione dell’immagine in se nella sua essenza e scevra dall’impalcatura servita per la costruzione.
Questo è in fondo il bello della fotografia cioè la fruizione a livelli diversi… non superiore o inferiore ma semplicemente diversi… a secondo della propria personalità e penso che sia per questo che è tanto amata!
Spesso queste dispute titolo/non titolo, razionalità/emotività e via dicendo mi ricordano tanto la guerra tra Lillipuziani e Blefuschiani causata dall’annosa, irresolubile e vitale controversia sul modo più corretto di… rompere le uova, se dalla parte più grossa o da quella più piccola (Jonathan Swift docet)… quindi quella che segue è un’opinione a titolo puramente personale che non vuole assolutamente prendere posizione nell’altrettanto profonda disputa sull’utilità dei titoli in fotografia sicuro che tutte le convinzioni a riguardo siano altrettanto valide della mia! :)
Premesso doverosamente questo… hai perfettamente ragione, i miei titoli non sono casuali e li ritengo parte integrante dell’immagine così come tutta la parte di testo che spesso accompagna i miei lavori… Spesso dietro ad un'immagine c’è un profondo lavoro di documentazione per riprodurre più fedelmente possibile una leggenda, un mito o anche la cultura che li hanno generati… una summa antropologica affascinante che si visualizza in una credenza dove la metafora spesso descrive meglio di tanti trattati il sentire ed il pensare di un popolo. Riportare tutto questo didascalicamente sarebbe complesso… in primis perché ovviamente richiederebbe un testo corposo e ho notato che di solito la gente, sempre più sopraffatta dai ritmi moderni che di tempo ne lasciano ben poco, tende a ritrarsi da tale corredo… e secondo perché spesso un’immagine non è esclusività di una platea mono linguistica quindi per essere fruibile da tutti il testo andrebbe tradotto almeno negli idiomi principali… con conseguenze facilmente immaginabili in termine di spazio e pesantezza di ogni pagina… insomma sommariamente infattibile.
Compenso con i titoli che sono quasi sempre o il nome del protagonista o il titolo di una canzone che parla dell’argomento trattato… o una frase celebre come la famosa “Klaatu Barada Nikto”… per chi ha voglia di approfondire basta infatti copiare il titolo su un qualunque motore di ricerca per trovare un enorme patrimonio di informazioni. Ad esempio in questo caso...
[fc-foto:29250247]
si scoprirebbe che Tepeyotl è la dea azteca delle montagne e che aveva l’abitudine di incontrarsi, accompagnata da suo marito il dio giaguaro (spesso rappresentato come una pantera), con un altro dio del pantheon atzeco e cioè il ben più famoso… Quetzalcoatl in persona! Quest’ultimo però per non impaurire eventuali osservatori inaspettati abbandonava la sua mise piumata presentandosi come un gigantesco serpente bianco… Come questo potesse spaventare meno gli osservatori è difficile capirlo…
Ok, lo ammetto... mi diverto con poco! :)
In generale quindi, per me, il titolo è un completamento e volendo anche uno sprone all’approfondimento… sempre restando che poi alla fine ognuno si può fermare al livello di lettura che vuole… quindi ad esempio alla pura osservazione dell’immagine in se nella sua essenza e scevra dall’impalcatura servita per la costruzione.
Questo è in fondo il bello della fotografia cioè la fruizione a livelli diversi… non superiore o inferiore ma semplicemente diversi… a secondo della propria personalità e penso che sia per questo che è tanto amata!
Citazione: V.O.G. 08.10.12, 14:07Al messaggio citato
Mi scuso perché nel rispondere al tuo interessante post che era per la maggior parte incentrato su un argomento ho finito per perdermi la seconda parte della domanda… fortunatamente sono stato richiamato all’ordine da un amico decisamente più attento di me e seppure in ritardo torno sui miei passi per completare quanto, assolutamente involontariamente, lasciato indietro…
I bordi di stampa da sempre sono degli artifici, quello che oggi chiamiamo crop non è certo invenzione digitale, una volta si faceva con bisturi e taglierina ma la ridefinizione della realtà in base alla visione del fotografo è sempre stata prassi abbastanza comune specie per chi si sviluppava da solo le proprie foto e quindi in camera oscura poteva armeggiare già in fase di sviluppo… non parliamo poi delle foto in multi esposizione di cui proprio Sarah Moon, da te citata era abile sperimentatrice ma non certo solitaria all’epoca e successivamente… mi vengono ad esempio in mente Man Ray e Maurice Tabard o ancora Hans Bellmer e più in generale gran parte del surrealismo fotografico…
Lo scopo di tutti gli sperimentatori è proprio andare oltre i limiti, oltre i bordi… fino a vedere la realtà filtrata attraverso la propria percezione… e mostrarla poi come la vedono anche se nessun altro la percepisce allo stesso modo. Anche i miei lavori hanno inizialmente bordi fotografici ben precisi e sono, ad esempio, quelli dalla fotografia della foresta che costituisce una parte dello sfondo o quelli della foto della modella che recita in Chroma Key… ciò che cambia è la mia visione del “crop” che normalmente rimodella semplicemente le proporzioni della foto ed invece nel mio caso va a ridefinirne la struttura per adattarla al mio modo di vedere. Come si pone questo alla realtà vera? Più o meno come lo fa il black&white che in natura non esiste… è solo un modo diverso per esprimere una propria, sensibilità e visione della realtà fuori dagli schemi che la stessa routinariamente ci impone.
Grazie ancora per il tuo interessante intervento e scusami ancora per il ritardo!
Mi scuso perché nel rispondere al tuo interessante post che era per la maggior parte incentrato su un argomento ho finito per perdermi la seconda parte della domanda… fortunatamente sono stato richiamato all’ordine da un amico decisamente più attento di me e seppure in ritardo torno sui miei passi per completare quanto, assolutamente involontariamente, lasciato indietro…
I bordi di stampa da sempre sono degli artifici, quello che oggi chiamiamo crop non è certo invenzione digitale, una volta si faceva con bisturi e taglierina ma la ridefinizione della realtà in base alla visione del fotografo è sempre stata prassi abbastanza comune specie per chi si sviluppava da solo le proprie foto e quindi in camera oscura poteva armeggiare già in fase di sviluppo… non parliamo poi delle foto in multi esposizione di cui proprio Sarah Moon, da te citata era abile sperimentatrice ma non certo solitaria all’epoca e successivamente… mi vengono ad esempio in mente Man Ray e Maurice Tabard o ancora Hans Bellmer e più in generale gran parte del surrealismo fotografico…
Lo scopo di tutti gli sperimentatori è proprio andare oltre i limiti, oltre i bordi… fino a vedere la realtà filtrata attraverso la propria percezione… e mostrarla poi come la vedono anche se nessun altro la percepisce allo stesso modo. Anche i miei lavori hanno inizialmente bordi fotografici ben precisi e sono, ad esempio, quelli dalla fotografia della foresta che costituisce una parte dello sfondo o quelli della foto della modella che recita in Chroma Key… ciò che cambia è la mia visione del “crop” che normalmente rimodella semplicemente le proporzioni della foto ed invece nel mio caso va a ridefinirne la struttura per adattarla al mio modo di vedere. Come si pone questo alla realtà vera? Più o meno come lo fa il black&white che in natura non esiste… è solo un modo diverso per esprimere una propria, sensibilità e visione della realtà fuori dagli schemi che la stessa routinariamente ci impone.
Grazie ancora per il tuo interessante intervento e scusami ancora per il ritardo!
21.10.12, 06:03
Messaggio 43 di 66
Un'altra bella risposta che mostra tutta la tua conoscenza e saggezza. Sei stato disponibile ed illuminante, farò tesoro delle tue parole, grazie! Valentina
21.10.12, 10:25
Messaggio 44 di 66
nessun problema ... pure a me un amico mi ha segnalato la tua risposta .... siamo accuditi nel nostro girovagare ....
grazie
grazie
Gli amici ai quali mostravo i crop dopo una notte in camera oscura mi prendevano regolarmente in giro perchè nel mazzo delle foto c'era sempre qualche stampa di misura anomala. Non c'era modo di spiegare loro che aveva un senso, che c'era un motivo, che il taglio aiutava a capire meglio, sottolineava il concetto, indirizzava l'attenzione proprio su quell'aspetto, contenuto entro quei limiti. Non li ho mai convinti. Allora ho cominciato a mettere i bordi e a spargere disordinatamente le foto del mazzo su un tavolo: meglio, meglio. Ma è l'unico caso in cui i bordi aiutano a superare un limite :-)