Leonardo Fabbri

Ho scoperto che la fotocamera reflex di mio padre che mi donò a 12 anni poteva riprendere una buona parte della scena. Era una vecchia Nikon ( che poi mi hanno rubato ) con un 35mm. Quello è stato il mio primo modo di vedere attraverso un mirino e selezionare la parte della scena che più mi piaceva. Mi diceva inoltre di insistere a scattare anche quando i risultati non arrivano. "Quello che riporti sulla carta è quasi tutto tuo, giusto o sbagliato". Adesso anche in assenza di fotocamera cerco di immaginarmi come potrei inquadrare una scena che mi si presenta davanti. Trovo affascinante immaginare il risultato e le differenze che possono manifestarsi tra l' immagine memorizzata e quella riportata su un supporto di carta.
Il mio ramo forografico è prevalentemente paesaggistico. Ho bisogno di tempo e riflettere sull' esposizione , sulle potenzialità che l'ottica mi può dare nel determinato momento. Generalmente non scatto insieme ai turisti che puntualmente si accalcano in un angolo della piazza reputandolo un luogo di sicuro successo.
Parto dal concetto che non ho intenzione di seguire la folla per eseguire un congelamento di un attimo che ritrovi simile in altri rotolini o altre schede di memoria. Penso che ci sia un altro punto che la gente non ha scoperto o che non è di preferenza diffusa.
La mia Nikon F80 che mi ha dato tante foto che apprezzo tuttora la uso solo sul B/W , che ogni tanto mi fa riscoprire il fascino della camera oscura e quel pizzicorino che avverto quando l' immagine compare piano piano sul foglio di carta sensibile.
Oramai la fotografia digitale è un buon metodo per fare buone immagini , anche se non ti permettere di tirare quella minima parte di artista e di improvvisatore che è in te. Piano piano mi adatterò.