Identità del destino
Autobiografia antropologica
Anna Maria Gaglioli
di Elio Mercuri
Identità del destino
Questo titolo desunto da Hillman racchiude il senso della ricerca di Anna Maria Gaglioli. Nella pittura , ma più in una lunga esperienza di scrittura, si definisce “scrittrice onirica”, la poesia, perché anche quelli che definisce racconti “sotto il cuscino”, “di gente comune” altro non è che intensa e intima poesia; ricerca di dare comunicabilità all'anima. La pittura realizzata direttamente con le mani, a saltare ogni mediazione, è quasi calco e impronta, immediata, segno di emozione; è quasi modo di dare respiro all'anima nella ricerca di contatto, di corrispondenza con il mondo. I vortici, la matassa, il labirinto si sciolgono, il colore diviene leggero quasi riflesso di luce su un fiore, o onda che si infrange serena sulla “battigia” a ritrovare per magia la visione pura della natura, di cieli e mari, prati nella proiezione con l'infinito. Può allora accadere il miracolo comune con Pollock, che il colore calpestato lascia apparire un occhio dal magma, qualcosa che è figura di vita. La sua azione ha un ritmo e non ha una direzione; ritorna sempre su se stessa, sulla stilla di colore che potrebbe essere sudore, o lacrima, sangue, sul filamento che potrebbe essere un nervo scoperto e dolorante. Ma nell'azione, il colore libera tutte le sue scorie, scioglie i grumi in libera linea, segmento di infinito; acquista una caratura purissima. Quanto più si fa sottile la materia e vicina all'essenza tanto più si allontana dalla possibilità di potersi costituire in oggetto e si manifesta per quello che è materia irreversibile, energia, nell'energia dell'universo. Straordinaria capacità di descrivere, dare presenza a quello che appare impossibile, un suono, una parola, colore. La pittura apre il varco al mondo dell'anima, è energia che non brucia più a vuoto, consunzione rende i moti; le trame perdute, l'attesa che l'amore sia vita, fuori dal rischio di restare sogno che cerca nel segreto dei Tarocchi, o tempi remoti, nutrimento nel disincanto di storie finite. Il brivido dell'emozione che la sua poesia fa sentire in questo ininterrotto canto d'amore e nella straordinaria forza di evocazione di luoghi, spiagge “battigia”, di cose, dove diviene esperienza il “pensiero dal cuore e anima del mondo”, ora, di una “rosa bianca” o profumo, ora è colore. Segno, calco, impronta di corpo che si lascia alle spalle tutti i mali che ha attraversato, perché la sua lettera al mondo non abbia il destino di quella di Emily Dickinson, la poetessa che continuamente mi viene in mente, restata senza risposta, ma trovi eco nella comunicazione delle anime. Accade in questi lavori di Anna Maria un evento che riscalda il cuore, nuvole sciolte, in uno tra i più tesi e drammatici, dove si aggruma oscuro, appare all'improvviso un occhio – dai grumi e dal reticolo – labirinto, il segno di una presenza dell'uomo, presenza che in altri, oltre ogni intenzione diventa più decisa, e accade lo stesso miracolo che è toccato a Pollock, che sulla tela carica di colori, sotto i suoi piedi che la calpestano furiosamente, ora con passo pacato, dal magma, prende forma un occhio, un grande occhio a rendere immagine alla germinazione, la nascita dell'uomo dall'universo, di cui è in modo indelebile – segno. L'uomo – la sola creatura a “immagine e somiglianza di Dio”, “Identità del destino”, per il suo potere come il Padre, di creazione. I pensieri più alti della filosofia, i sentimenti più autentici della religione, persino le grandi conquiste della scienza, di un'illuminazione dell'arte, sono in questi lavori di pittura e nel lungo e intenso travaglio di poesia, esperienza naturale, esperienza possibile e li sentiamo come “Grazia” che illumina la solitudine dell'anima e ci fa riscoprire la bellezza, cioè l'amore.
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