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LE CHIACCHIERE DEL MIMO / THE MIME'S TALKING

LE CHIACCHIERE DEL MIMO / THE MIME'S TALKING

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Alberto Angelici


Free Account, Bologna

LE CHIACCHIERE DEL MIMO / THE MIME'S TALKING

Bologna. Un mimo francese chiacchiera con la gente che passa per il Pavaglione.

Bologna, Italy. Under the arcades a french mime talking to the people walking.

La parola italiana mimo ha origine dal latino mimus, che proviene dal greco mimos, derivato a sua volta dal verbo mimeomai, cioè imitare, rappresentare imitando.
Il vocabolo indica una particolare forma di commedia sviluppatasi presso gli antichi greci e in seguito presso i romani come genere teatrale e letterario, in versi e in prosa.
Per i greci il mimo era una breve rappresentazione realistica e buffonesca di vicende e caratteri tratti dalla vita quotidiana; al genere del mimo appartenevano le farse popolari spartane, quelle dei fallofori e quelle dei fliaci della Magna Grecia.
Forme comiche popolaresche di mimo si ebbero anche a Roma, dove erano giunte con il culto della Magna Mater Cibele.
I mimi erano piccole scene comiche alle quali potevano prendere parte anche le donne. In epoca imperiale questo genere trionfò sugli altri generi comici, sostituendosi gradualmente all’atellana, ormai in decadenza. Gli attori del mimo si chiamavano planipedes, perché recitavano senza calzari.

Il mimografo era invece colui che scriveva mimi nella Grecia e nella Roma antica.
Nel teatro moderno, con il vocabolo mimo, si è indicata una forma di spettacolo nata in Francia nei primi decenni del XX secolo.
Vi si fa a meno dell’espressione verbale, affidando al gesto e alla mimica la rappresentazione di stati d’animo, sentimenti, azioni.
Il mimo moderno si basa quindi essenzialmente sulla comunicazione non verbale, spesso accompagnata dalla musica, dal ritmo o dalla danza.
Questa nuova forma nasce dalla rivendicazione dell’assoluta autonomia espressiva del gesto, del segno visivo, non più considerato come surrogato della parola.

Negli anni Trenta il mimo assunse particolare importanza grazie alle sperimentazioni di Etienne Decroux, Jean Dasté e Marcel Marceau.
Come molti generi teatrali il mimo possiede inoltre una sua forma di coreografia. Rilevante è l’apporto che l’arte mimica ha fornito al cinema fin dai tempi del muto attraverso l’opera di attori come Charlie Chaplin, Buster Keaton e Jacques Tati.
Al genere mimico possono appartenere anche altre forme di spettacolo, come quello dei clown, i pagliacci che vediamo al circo, la cui comicità si basa essenzialmente sul gesto.
Mimo indica anche l’attore che, con il movimento e con mezzi essenzialmente gestuali imita uomini e animali.
Il mimo può rappresentare situazioni e avvenimenti, oppure esibirsi in danze figurative.
(http://www.educational.rai.it/lemma/testi/danza/mimo.htm)

A mime artist is someone who uses mime as a theatrical medium or as a performance art, involving miming, or the acting out a story through body motions, without use of speech. In earlier times, in English, such a performer was referred to as a mummer. Miming is to be distinguished from silent comedy, in which the artist is a seamless character in a film or sketch.
The performance of pantomime originates at its earliest in Ancient Greece; the name is taken from a single masked dancer called Pantomimus, although performances were not necessarily silent. In Medieval Europe, early forms of mime such as mummer plays and later dumbshows evolved. In early nineteenth century Paris, Jean-Gaspard Deburau solidified the many attributes that we have come to know in modern times — the silent figure in whiteface.
Jacques Copeau, strongly influenced by Commedia Dell'Arte and Japanese Noh theatre, used masks in the training of his actors. Etienne Decroux, a pupil of his, was highly influenced by this and started exploring and developing the possibilities of mime and developed Corporeal Mime into a highly sculptural form taking outside of the realms of naturalism. Jacques Lecoq contributed significantly to the development of mime and physical theatre with his training methods.
(Wikipedia)

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