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Progetto "Foto&Racconti": Un bambino cambia la vita (Torrisi-Pettazzoni)

Progetto "Foto&Racconti": Un bambino cambia la vita (Torrisi-Pettazzoni)

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Progetto "Foto&Racconti": Un bambino cambia la vita (Torrisi-Pettazzoni)

Un bambino cambia la vita

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http://www.francescotorrisi.com/Foto&Racconti/Pettazzoni_Torrisi_Un_bambino_cambia_la_vita.pdf

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Fotografia di Francesco Torrisi
Racconto di Arnaldo Pettazzoni
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Preciso che il luogo è una città qualunque, di una regione qualunque, di una famiglia qualunque.
Parlando di me, ho sessant'anni, vivo in un appartamento con una moglie più giovane di me di due anni e una figlia avuta in ritardo. Ora vive a due passi dalla maggiore età, perciò adolescente.
L'appartamento dove viviamo è in un condominio anni Settanta, in pieno centro senza il garage. Quando lo comperai lo rifiutai per l'esoso costo aggiuntivo e ora quel rifiuto lo sto pagando per la rarità di trovare un parcheggio esterno.
Ma il problema della mia esistenza non è il garage: è mia figlia.
Ha costruito negli ultimi anni, giorno dopo giorno, un muro, un muro fatto di intolleranza, incomprensioni e atteggiamenti ostili e strafottenti nei miei confronti.
È più tollerante verso mia moglie, più comprensiva di me.
Tutte le mattine devo vestirmi con tuta mimetica, elmetto... insomma, accessoriato mentalmente per la trincea, pronto a combattere.
“Hai finito in bagno, Anna??”.
Dimenticavo, mia figlia si chiama Anna e io papà, mia moglie fu battezzata Maria, nome appropriato tanto era la sua pazienza.
“Papà, sei sempre a rompere, tutte le volte che sono in bagno, tutte le mattine, sempre tu, la mamma non stressa come fai tu”.
“Ho anche un lavoro che mi aspetta, figliola!”.
“ Non chiamarmi figliola, papà”.
Ebbi una pausa di riflessione prima di risponderle.
“Ci sono dubbi sulla paternità?? Se ci sono dubbi, allora evita anche tu di chiamarmi papà!”.
Questo era il buongiorno quasi quotidiano, uscivo per il lavoro e poco dopo usciva anche Anna: andava a scuola, frequentava l'istituto superiore a due passi da casa, unica cosa comoda.
Faccio una sintesi dei problemi esistenziali di un'adolescente per arrivare velocemente al cuore del cambiamento. L'eccesso di intolleranza nel suo comportamento giunse una sera, quando entrai nella sua stanza: la musica a tutto volume, tanto alta che mi sembrò di entrare direttamente in quella gigantesca cassa nera comperata con i miei soldi e piazzata in un angolo della cameretta, la musica fastidiosa, metallica come un tam tam era devastante per l'udito e lei al centro della stanza, in mutande, si dimenava come se posseduta da un anonimo demone.
“Anna, Anna!!”, gridai.
Non mi sentì. Non sapevo come spegnere quel rumore, e staccai innervosito la corrente. Sorpreso notai che continuava a dimenarsi senza musica, mi accorsi che aveva inserite nelle orecchie due auricolari. Ascoltava in diretta due versioni musicali, una dall'enorme cassa e una dall'auricolare.
Si accorse della mia presenza lasciandosi uscire dalla gola uno strillo tanto acuto e penetrante che fece accorrere trafelata la madre.
“Non ha bussato, mamma! E mi ha visto nuda!”.
“Nuda!”, dissi io, “ma se avevi le mutande!”. Si nascose nel letto piangendo e io senza dire altra parola uscii dalla sua camera con mia moglie dietro.
“A proposito”, disse mia moglie, “questa sera l'accompagni in discoteca”. “Discoteca??”, replicai. “Sì, in discoteca, non voglio che vada sola, non mi fido di quell'ambiente”.
“E io che dovrei fare in discoteca? Stai scherzando?”.
“No”.
Poco dopo uscì dalla camera dicendo: “Come sto, mamma?”. Aveva disseminati nel viso anelli, orecchini, piercing, borchie di ogni grandezza, una minigonna e una maglietta attillata e corta che lasciava scoperto uno zircone incollato sull'ombelico.
Non dissi parola fino al parcheggio della discoteca.
“Scendo prima io”, disse categorica, “ e tu mi segui a distanza. Non voglio che si veda che ho la scorta!”.
“Scorta?? Ma va’!! mi sembri un albero di Natale, ti sei dimenticata le luci ad intermittenza. Se le mettevi ti avrei seguita a distanza”.
Una smorfia fu la sua risposta.
Furono ore da incubo, mi scambiarono per un buttafuori attempato.
Quella sera, vidi un ragazzo che ballava a venti metri da lei in mezzo alla pista da ballo con una cresta di capelli tinti di rosso. Per un attimo lo notai che la stringeva a sé come si fa quando si è innamorati, sparendo poi di lì a poco nei bagni femminili per più di una mezz'ora. Probabilmente, ma non ne sono sicuro, in quella mezz'ora fu concepita quella creatura che vistosamente rigonfia oggi il ventre di mia figlia.
Siamo ormai giunti alla fine dei nove mesi, mia figlia è cambiata, è sparita la ferramenta sul suo corpo, è sparita l'aggressività...
Era giunto il momento, eravamo tutti presenti compreso il ragazzo senza più la vistosa cresta, era seduto insieme a noi fuori dalla sala travaglio del reparto Maternità, quando sentii la sua voce sottile che mi chiamava. “Papà... papà...”. Meravigliato della scelta e della richiesta mi alzai e mi sedetti al suo fianco. “Dimmi, Anna”. “... Papà, ho paura!”. Mi pervase un senso profondo di angoscia, una pausa che mi parve senza fine, poi sottovoce le sussurrai: “Stai tranquilla, è la cosa più bella che può capitare ad una donna. Perché tu sei già una donna”.
Mi alzai dal letto stringendo la sua mano.
“Dove vai, papà?”.
“Vado a comperare le sigarette”.
“Ma non avevi smesso di fumare?”.
“Ho ricominciato. Mi assento per un attimo, Anna.”
L'aria aperta mi soffiò la brezza sul volto asciugando l'umidità dai miei occhi.
Alzai lo sguardo al cielo e lo vidi per la prima volta di un azzurro intenso... senza una nuvola.

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Informazioni

Sezione
Cartelle .Foto & Racconti
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Pubblicato
Lingua
Licenza

Exif

Fotocamera DYNAX 5D
Obiettivo ---
Diaframma 5
Tempo di esposizione 1/250
Distanza focale 210.0 mm
ISO 3200

Preferite pubbliche