3.195 19

carla ippoliti


Free Account, Osimo

Quel che resta

Se sei triste e vorresti morire,
pensa a chi è triste e vorrebbe vivere
ma sa di dover morire.












Jim Morrison

_

Mozart - Lacrimosa
http://www.youtube.com/watch?v=k1-TrAvp_xs&feature=related

Commenti 19

  • jmfav 08/02/2011 20:00

    Amazing...
    Cordialement, jmfav.
  • francesca dibartolo 07/01/2011 0:33

    Molto bella, e come dire ... forse un pò introspettiva!
    Molto belle anche le altre
  • Mariana Magnani 06/01/2011 0:34

    «La nudità del cielo fa appello alla nostra», nota Cesare Pavese. E' assai arduo nascondersi in questa insolita nudità:Cesare lo sa.
    «Siamo tutti inquieti: chi seduto e chi disteso; qualcuno contorto; dentro di noi è un vuoto, un’attesa, che ci fa trasalire la pelle nuda». Ecco l’intuizione fondamentale: «In verità, siamo tutti in attesa»
    Cesare ha còlto quello che ci pare essere il vero nervo della vicenda artistica dello scrittore, nella quale vita e letteratura convergono nell’attesa di vivere una pienezza sfuggente.
    E' in primis la lotta di un giovane.
    Dove troviamo le radici del desiderio di vita che si fa scrittura pulsante?
    Incamminandosi a passi lenti lungo la costa di un colle ai primi di ottobre, il protagonista di Lotte di giovani percepisce con ammirazione lo spettacolo che ha intorno: «Alzando il capo spaziavo lo sguardo e sentivo nello spettacolo di quella campagna qualcosa di immane, immensamente bello, comprenderlo appieno e di non saperlo rendere in parole.
    Tentavo di goderne qualcosa, ma nulla riusciva a scuotermi l’indolenza interiore. Nei punti scoperti della strada mi alitava addosso la freschezza vivida della brezza ma [ciò] mi interessava appena. E me ne andavo innanzi atterrito dalla mia inettitudine ad ogni bellezza, ad ogni poesia, torvo alla convinzione di essere un nulla in ogni cosa» .

    Ecco dunque la dinamica profonda che muove Pavese alla scrittura: il senso di una «disponibilità assoluta» nei confronti della vita; il desiderio titanico, come lascia intendere in una poesia giovanile, da una parte, e d’altra parte l’oppressione di un senso di inadeguatezza che paralizza lo spirito e l’azione, quando non il desiderio stesso. Già ventenne egli giunge a questa consapevolezza: In nessun luogo trovo più una pietra / dove posare il capo. / Tutte le cose mi hanno presa l’anima, / l’hanno accesa e sconvolta, / e poi lasciata stanca / a mordere se stessa.
    Si insinua altresì il senso dell’espressione artistica. Infatti già il Pavese ventenne scrive: Mi sento traboccare d’una vita / caldissima, potente che, oh! Se mai / riuscissi a esprimere sarebbe colma / tutta la mia esistenza («[Logoro, disilluso, disperato]»).
    Come si fa a esprimere la vita, calda e potente? «Ricordo quanti papaveri si vedessero dalla finestra nella campagna, e certo non li avevo sognati. Colori così vivi non si sognano e poi ho sempre osservato che di un sogno non si ricordano i particolari inutili».
    L’immagine vivida di questa «cosa vera» gli comunica «un senso incrollabile di fiducia.
    Scrive Pavese nel suo diario "Il mestiere di vivere": «Il proprio della contemplazione è invece di fermarsi al sentimento diffuso e vivace che sorge in noi al contatto con le cose».
    Lo scrittore ha bisogno di ancorarsi nell’essere. Qui solamente sembra trovar pace, fino ad un desiderio disperato di assimilazione. Da qui l’immagine ricorrente sia nella poesia sia nella prosa di Pavese del corpo nudo a contatto con gli elementi in basso («non sapevo più di carne ma d’acqua e di terra»), e col cielo in alto («se si ha un corpo, tanto vale esporlo al cielo»). Non è l’ungarettiana sensazione di essere docile fibra / dell’universo, ma un amore catulliano : sub artus flamma demanat; radicale fino al desiderio di «entrar nell’erba, entrar nel sasso, al sentirsi «fatto di pietra, umidità, letame, succhio di frutto, vento» .
    Come Pavese «conosce» poeticamente il mondo? Attraverso la potenza delle immagini. Argomento dunque della sua narrazione è l’immagine stessa. Le sue sono poesie capaci di dipanare storie a partire da dettagli e situazioni fugaci.
    Sono vivo e ho sorpreso nell’alba le stelle. [...] / Non c’è voce che rompe il silenzio dell’acqua / sotto l’alba. E nemmeno qualcosa trasale / sotto il cielo. C’è solo un tepore che scioglie le stelle. / Fa tremare sentire il mattino che vibra / tutto vergine, quasi nessuno si fosse svegliato.
    Da qui si leva la domanda dagli accenti leopardiani: Val la pena che il sole si levi ../ e la lunga giornata cominci? Ecco, dunque, lo sguardo di Pavese nel conoscere il mondo: l’equilibrio tra la sua passione per l’immagine, che diventa storia narrata, e le domande e le istanze fondamentali dell’uomo che sono coinvolte pienamente nella visione.
    Si tratta di un equilibrio instabile.
    Lo stupore è ridotto a memoria.
    Pavese rientra nella boccia di cristallo delle proprie risonanze interiori, e afferma che le cose si scoprono veramente «attraverso i ricordi che se ne hanno. Pavese aveva letto Freud, e questa lettura non sarà stata indifferente allo sviluppo della sua poetica. L’immagine reale cede il passo al mito. Il suicidio di Pavese è «annunciato» dal suo progressivo abbandono della fiducia nel reale.
    Certamente ispirato da alcuni passaggi dello Zibaldone di Leopardi, Pavese sostiene chiaramente che da bambini si impara a conoscere il mondo, ma non come si potrebbe credere grazie all’«immediato e orignario contatto alle cose», bensì trasfigurato, staccato dal resto, per una parola, una favola, una fantasia che vi si riferiva, attraverso le parole e i racconti che lo accompagnavano. Da quel momento in poi quella è la sorgente di tutte le nostre reazioni al mondo per cui «se si risale un qualunque momento di commozione estatica davanti a qualcosa del mondo, si trova che ci commuoviamo perché ci siamo già commossi». E ancora: «Tutto è nell’infanzia, anche il fascino che sarà avvenire».
    La frase, in apparenza lieta e appropriata, in realtà nasconde un'amara conseguenza: «Lo stupore vero è fatto di memoria, non di novità», la quale si dissolve nel déjà vu.
    Qual è l’immagine che resta nel lettore che ha letto i romanzi di Pavese? Un antieroe, un essere umano disilluso, che ha provato a crescere, a vivere: una radice scoperta che pensava di essere ramo e si era rivolta in alto, ma che soltanto la ricerca della propria terra dove affondarsi riesce davvero a consolare.

    Per Pavese scrivere è stato, in fondo, «una ferita sempre aperta» e l’«insoddisfazione» è stata «la molla prima di ogni scoperta».
    Ché da tutte le cose / siamo sempre fuggiti / irrequieti e insaziati / sempre solo portando nel cuore / l’amore disperato / verso tutte le cose (Penso la mia vecchiezza solitaria)
    La sua disperazione è stata il non poter raggiungere l'interezza di vita tanto contemplata.

    In questo angolo rivive Cesare Pavese!
    Mi commuovi!
    M.
  • Dieter. Reichert 05/01/2011 7:39

    Sehr schön bearbeitet
    Gruß-Dieter
  • George Bratadidjaja 04/01/2011 18:12

    Fine art...
    Great touch...

    BW,
    GB
  • dominati simone 03/01/2011 22:51

    Très bon traitement :le résultat est remarquable .Simone
  • zanon 03/01/2011 21:39

    lavoro interessantissimo e molto bello brava carla mi piacciono molto anche le tue ultime 2 foto di bibo buona serata ciao
  • Franco Giannattasio 03/01/2011 11:40

    :o)) ++++++++++++++ ((o;
  • Angelo e Silvia 03/01/2011 11:31

    Proposta assolutamente di grandissimo spessore artistico, culturale e sociale.
    La colonna sonora è eccezionalmente appropriata.
    Complimenti Carla
  • Anna Boeri 03/01/2011 10:45

    Le tue interpretazioni sono sempre uniche ed emozionanti....
    Non mi stanco mai di ammirare!
    Ciao Carla...
  • andrea suzzani 03/01/2011 9:18

    come un affresco ,che il tempo scolora, lascia intravedere, un passato, che perso nei dettagli ,cerca di rimanere agrappato nel ricordo, brava ,ciao
  • groc 03/01/2011 1:20

    Bellissimo lavoro, Carla.
    "Smoke gets in my eyes, as I'm sad"
    Voglio vivere, però!
    Un caro saluto.
    Joan
  • Blve 02/01/2011 23:07

    ermetica ...
  • Kasia und Tomek 02/01/2011 22:17

    Sehr schöne Präsentation !
  • adriana lissandrini 02/01/2011 22:14

    acc..che parole....mi colpiscono come l'immagine, triste e desolata....ma splendida...

Informazioni

Sezione
Visto da 3.195
Pubblicato
Lingua
Licenza

Exif

Fotocamera DSC-R1
Obiettivo ---
Diaframma 5
Tempo di esposizione 1/15
Distanza focale 17.8 mm
ISO 160