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Geo Portaluppi


Free Account, Vigevano

Carneade al bagno

Estate, sapore di mare. Nessuno l’aveva visto arrivare, e a ben pensarci nessuno l’aveva visto nuotare, né prima, né durante, né dopo. Era apparso all’improvviso e galleggiava a pelo d’acqua, come se fosse stato scodellato sulla superficie del mare, simile a una tavola di legno, o meglio, un relitto che la marea sospingeva verso il nostro gommone. All’inizio qualcuno si spaventò. Non si sapeva quali fossero le sue intenzioni. Stava lì, galleggiando con quel suo sorriso enigmatico, assai poco invitante. Che fosse il primo dirottatore di gommone della storia della marineria italiana? Mistero. Senza far trapelare lo scompiglio che quella inquietante presenza aveva creato tra i membri del nostro equipaggio, con indifferenti pagaiate ci spostammo di un bel tratto… e lui dietro, come risucchiato. Altri colpi di remo, nuovo distacco e conseguente ricongiungimento, senza che il sub muovesse un muscolo per starci appresso: galleggiava e sorrideva. Ricorso ai telefonini. “Avvistato ufo acquatico! SOS, intervenite.” La risposta dall’altro capo: “C’è rischio di collisione?” “No!” Ammettemmo. “Allora, – proseguì la vocina che usciva dal telefonino – non possiamo intervenire.” I minuti passavano e lo spiattellato stava sempre lì. Alla fine finisci con l’abituarti a tutto. D’altra parte non mordeva, non inquinava e non aveva neppure la radiolina che trasmette i risultati delle partite. E così quando avevamo accettato la sua presenza, affezionandoci al punto che qualcuno, in segno di amicizia, suggerì di buttargli i gamberetti avanzati dalla colazione, proprio quando l’intruso aveva vinto imponendoci la sua presenza, all’improvviso, similmente a come era apparso, svanì, forse inghiottito dai flutti. Restammo attoniti come mammalucchi. Allora nacque spontanea la domanda: « Ma chi era costui? » E altrettanto spontanea venne la risposta: « Boh, sarà stato Carneade. »
Il nome Carneade, grazie a Manzoni, è diventato l’equivalente di sconosciuto.
Ma Carneade (Cirene 214 a.C – 128 a.C.) ha un suo peso nella storia e forse fu a un passo da imperitura fama e a comprova di ciò ricordiamo che di lui si occupò niente meno che uno del calibro di Marco Tullio Cicerone (Arpinum 106 a.C. Formia 43 a.C.) nel suo libro “De re publica [ III, 12 e 15 ].
Attorno all’anno 155 a.C. gli ateniesi, che sono dei burloni, avevano deciso di riconquistare la città sacra di Oropo (da non confondere con Oropa, Biella). L’inevitabile saccheggio che ne seguì devastò anche il santuario e Roma, sempre pronta e prodiga a spennellare sul mondo antico la sua celeberrima giustizia, rifilò una pesante ammenda ad Atene. Ogni pena ha la caratteristica d’apparire agli occhi del giudice giusta e lieve, mentre alle tasche di chi la subisce iniqua e greve. Di questo avviso furono gli ateniesi che restarono tribolati per alcuni mesi e, sollecitati in malo modo da Roma giacché non avevano ancora reperito i fondi per pagare l’ammenda. Si riunirono in conciliabolo.
Esordì il decano: « Qualcosa va escogitata: quella ammenda è assai salata. »
« Tra tutti, nelle tasche, non abbiamo i 500 talenti. Roma ci accusa d’essere troppo lenti. »
In replica uno degli anziani proferì: « Ho il tipo che fa al caso nostro! È un abile oratore e ne inventa sempre delle belle: convincerebbe uno storpio a deambulare senza stampelle! »
Chiamarono Carneade che, con Diogene di Babilonia, un filosofo stoico piuttosto tosto, futuro capo della scuola ateniese, e con Critolao, destinato a diventare il quinto scolarca della scuola di Aristotele, lo inviarono in ambasceria a Roma. E così partirono, e sul portone di casa il Consiglio di Atene salutò in coro Carneade, Diogene e Critolao dicendo a loro “Tornate vincitori. Ciao.” Va riconosciuto che Carneade era un oratore in gamba. Ultra quarantenne si era iscritto all’Accademia platonica diventando nel 166 a.C. scolarca, il capo di quella scuola filosofica: non male, per un quasi cinquantenne. Il compito assegnatogli non era facile. Anzi era un antesignano “Mission impossibile”. Il saccheggio c’era stato e quindi la colpa di Atene era indubbia. Inoltre, da tempo immemore, era arcinoto il conflitto con i tebani per il possesso di Oropo, cittadina posta sul confine tra l’Attica (capitale Atene) e la Beozia (capitale Tebe).
Gli ateniesi quella volta avevano avuto la mano pesante, saccheggiando il tempio dedicato all’eroe argivo Anfiarao, venerato come un dio, e ampiamente ricordato da Pausania nel I libro della sua Periegesi. Una tale profanazione – sentenziarono i romani - non è ammissibile! Chissà poi perché, si chiesero mentalmente gli ateniesi?
Davanti al Senato romano si presentò sicuro di sé il sessantenne Carneade. Era egli spalleggiato da due filosofi di tutto rispetto: Critolao e Diogene, ma fu solo Carneade a parlare e subito sbigottì quella banda di marpioni dei senatori romani chiedendo quale diritto avesse Roma a condannare una piccola e tradizionale invasione, quasi una gita domenicale “fuori porta”, proprio loro che avevano tratto le loro ricchezze dai soprusi e dalle rapine in casa d’altri popoli, dalle guerre di conquista senza causa o motivo se non quello di procacciarsi il dominio del mondo. Loro non avevano neppure il diritto di pronunciare la parola giustizia, che alle loro orecchie suonava esclusivamente con il significato di “utilità”.
In quattro e quattr’otto aveva spiattellato in faccia ai padri romani la verità: nessun popolo fino ad allora aveva osato tanto. La prima giornata si concluse con un trionfo della delegazione ateniese: i romani erano a K.O.. Carneade, in quella prima giornata si era guadagnato l’immortalità spiegando al mondo che non esiste la giustizia ma solo il tornaconto di chi fa le leggi. Questo ovviamente accadeva prima della nascita di Cristo. Oggi ovviamente è tutta un’altra cosa, più nessuno si sogna di fare leggi a proprio esclusivo vantaggio!
Alla sera in campo ateniese si festeggiava.
Carneade aveva concluso la sua arringa con: « Se i romani pretendono di applicare la giustizia sulle altre genti, loro per primi devono dimostrarsi giusti e pertanto rendere i loro possessi ai popoli a cui li hanno carpiti. Dopo di che noi ateniesi pagheremo volentieri la nostra ammenda! » Li aveva inchiodati. Il far pagare l’ammenda agli ateniesi sarebbe costato troppo all’ingorda Roma. I forzieri di Atene erano salvi!
Seconda giornata dell’ambasciata ateniese, il giorno in cui si dovevano raccogliere i frutti di quello che si era mietuto il giorno prima. I tre filosofi, prima di entrare nell’aula magna del Senato, si consultarono tra loro. « Oggi parlo io… » suggerì Diogene, che essendo stoico non si lasciava influenzare né dal dolore né dalla felicità. Aveva un volto scolpito nella roccia, ed era fresco e riposato, aveva appena fatto la doccia. Si intromise Critolao. No, disse, tocca a me, io so far bene maramao. E mentre i due tra loro confabulavano, Carneade che dei tre era quello più emotivo, entrò nell’aula tutto giulivo, in testa aveva l’intento di provare che era l’oratore più bravo al mondo, dimostrando vero l’opposto di quello che lui stesso aveva argomentato il giorno prima. Il bello è che ci riuscì. Iniziò così: « È pur vero che ieri ho sostenuto che Roma dovrebbe rendere il frutto delle sue scorrerie e lasciare liberi, andandosene, i popoli sottomessi, ma se così facesse causerebbe il crollo per Roma e questa insensata decisione dimostrerebbe che i romani sono stolti. »
Nuovo sbigottimento tra i senatori. « Si giunge pertanto alla conclusione – proseguì Carneade – che giustizia e saggezza non vanno d’accordo. Ogni governo deve pertanto decidere se essere giusto oppure saggio. A voi a scelta! »
E Roma decise di essere saggia, saggia ovviamente pro domo sua.
Fu un duro colpo per Atene. E fu in questo modo che Carneade perse l’immortalità, sprofondando tra i flutti del mare dell’oblio, così come è accaduto al nostro simpatico sub della foto.

Commenti 6

  • Nazario Melchionda 26/08/2009 4:42

    Ma che è questo uomo mascherato?
    Assomiglia ad un umanoide.
    Ma Lui cosa penserà.
    Forse si pone la stessa domanda e dal basso dirà:
    "chi è quel bipede e come mai non ha le zampe?"
  • carlo jacuzzi 24/08/2009 20:23

    Wow, qua si fa cultura....
    Gran bel racconto... il sirenetto... un po' meno interssante. Scusa.
    Ciao Carlo Jac
  • Paolo Zappa 24/08/2009 16:45

    Le tue "rivisitazioni" storiche sono degne di una raccolta da far leggere nelle scuole!!!! La storia, raccontata così, verrebbe tranquillamente digerita anche dal più tetragono degli "asini"!!!!! Grande, veramente grande!!!! Ciao, buona serata, Paolo!!!!
  • Marialbi 24/08/2009 13:29

    scusa...dimenticavo...perfetta anche l'immagine...
    bravissimo :-)
  • Marialbi 24/08/2009 13:28

    grazie per questo tuo fantastico racconto!!!
    Carneade al bagno!!!
    e anche per il cenno storico
    sei veramente unico
    ti abbraccio
    maryte
  • Luigi (Gigi) Tarasca 24/08/2009 13:18

    Mi son messo un bel paio d'occhiali ed ho letto tutto, ma proprio tutto, quello che hai scritto!
    Ma non è che tu mi abbia fatto 'sto gran favore. Ora non avrò più la possibilità di sparare l'unica citazione dotta che conoscevo, il "Carneade, ma chi era costui?" che peraltro hai anche tu citato...
    Pazienza, il blu in cui sguazzi ti fa perdonare il ... sopruso!
    Però prometti di non rovinarmi anche la mia seconda ed ultima possibile citazione (che non uso molto perchè non mi sento sicuro sulla pronuncia) "Suonate le vostre trombe che noi suoneremo le nostre campane"!
    Ciao e buon bagno ( e grazie della bella, divertente ed istruttiva didascalia!