Conciati per le feste!
« Impara l’arte e mettila da parte. »
Tra i molteplici consigli che la saggezza popolare (quella che elargisce i proverbi) ci ha tramandato, il citato aforisma sull’arte da accantonare appare alquanto enigmatico. Infatti non si comprende per quale motivo si debba fare un sacco di fatica per imparare un’arte per poi riporla da qualche parte.
Il fine dicitore (c’è sempre un fine dicitore) replicherà che bisogna fare tesoro di tutto ciò che ci capita di imparare, anche se al momento non si intravede l’utilità, perché quest’ultima potrebbe venirci rivelata in chissà quale ipotetico futuro. Se si tratta di nozioni di picciol conto, concordiamo con il fine dicitore, ma fermamente ci opponiamo se parliamo di un’arte vera e propria, di quella alla base di un mestiere, in quanto buona parte dell’acquisito andrebbe nella mente presto svanito, in assenza di costante esercizio di ciò che si è imparato.
L’arte è una cosa seria, bene lo sapevano i greci antichi che per rappresentarla idearono delle dee, le Muse, figlie di Zeus (la summa del sapere) e di Mnemosine (la memoria).
Il senso della simbologia è palese: per imparare quello che serve (il sapere) occorre una attiva e allenata memoria. Secondo Pausania il Periegeta (110–180), uno scrittore e geografo greco del II secolo d.C. venuto dall’Asia, in origine le muse, in luogo delle canoniche nove, erano solo tre: Melete (la Pratica), Mneme (il Ricordo) e Aoide (il Canto).
Gli antichi greci non sapevano né leggere né scrivere e quindi dovevano affidarsi esclusivamente alla memoria. Un’evoluzione nell’arte dell’imparare e del ricordo (Mneme) fu la tecnica di enunciare le cose utili e pratiche (Melete) in forma ritmata o addirittura cantata (Aoide).
Caro fine dicitore, altroché mettere da parte l’arte, tutte le nozioni (la Pratica) venivano cantate in musica costantemente per gli accadimenti del quotidiano, e dovevano essere continuamente ricordate e applicate in modo rigoroso (nomos, le leggi) per vivere senza attaccare briga con il vicino di casa, al fine di non venire da questi sbudellati o essere costretti a rendergli la pariglia, sbudellando lui e la sua famiglia.
Un altro passo in avanti fu l’invenzione della enciclopedia mnemonica, meglio conosciuta con il nome di Iliade. A sostenerlo è Alessandro Baricco (25 gennaio 1958), scrittore e dal 2008 regista con il film “Lezione 21”. L’opera a cui qui faccio riferimento è “Omero, Iliade” dove Baricco rivela che il poema omerico, erroneamente ritenuto concepito in poesia da Monti, è una sorta di ritmata (o cantata) enciclopedia che raccoglie tutto lo scibile di allora, ovvero il modo giusto per fare le cose, a partire dalla costruzione di uno scudo, a come si attracca con la nave in porto, o come si preparano succulenti manicaretti di carne allo spiedo. Mille anni prima di Cristo un popolo di analfabeti, i greci, s’accorse d’avere il problema di tramandare le nozioni da padre in figlio. Escogitarono l’artifizio di inserire le varie tecniche e informazioni utili all’interno di un racconto, più facile da ricordare rispetto alle sterili elencazioni di dati, e in questo modo si tutelarono dalla possibilità che venisse dimenticato ciò che era indispensabile per la sopravvivenza. Se non sai quale pelle d’animale occorre per fare uno scudo, sei un uomo morto, perché la lancia del nemico trapasserà qualsiasi scudo fatto con altro materiale che non sia l’insostituibile pelle di cinghiale. L’uomo è ghiotto di storie e quindi le ricorda facilmente, specialmente se ritmate (Aoide), e se queste contengono nozioni e tecnologia, anche le nozioni e la tecnologia (Melete) resteranno appiccicate alla memoria (Mneme). Oggidì il novello scrittore non si dilunga a spiegare come si costruisce un orologio o una lavatrice. La narrazione procede spedita, il taglio delle scene è rapido e senza fronzoli: si dà per scontato che tutto sia noto e che il fruitore del libro sia un addetto ai lavori garbatamente smaliziato. Per trovare descrizioni tecniche in un romanzo si deve tornare agli anni Quaranta–Cinquanta, quando ardimentosi della penna si prodigavano nel descrivere i “giroscopi”, che nessuno sapeva cosa cavolo fossero: “giravano” perché dovevano avere un “scopo”, così si supponeva, e tanto bastava al lettore. Nuove esigenze, un nuovo modo di intendere la vita, la fretta d’accumulare vantaggi e denaro e la frenesia d’arrivare chissà dove… e la frenesia, ben si sa, tutte le feste porta via. E così, ahimè, il canto ritmato (Aoide) dell’antichità si va ogni anno che passa smorzando, il nuovo “rap” dell’ignoranza e della stupidità si diffonde nell’aere come mortifera colonna sonora, e il ricordo (Mneme) si va sbiadendo e con esso impallidisce la memoria del modo giusto di fare le cose (Melete). Abbiamo imboccato una china pericolosa, scivolosa, che ci porta sempre più verso il fondo di una botte che fondo non ha. Morale: ci siamo per benino conciati per le feste! Poiché è noto che l’ultima dea non si rassegna a morire, ci chiediamo: c’è ancora speranza? Per nostra fortuna qualcosa in soccorso è venuto ad affiancare l’enciclopedia “Iliade” ed è, guarda caso, una novella musa, la decima proseguendo la numerazione di Esiodo (VIII- VII secolo a.C.). Il paladino della decima musa, il cinema, è Tony Curtis (3 giugno 1925) un divo celeberrimo degli anni Cinquanta e Sessanta. L’attore hollywoodiano, all’intervistatore che lo elogiava per il suo affascinante “savoir-faire”, spiegò che tutto quello che aveva imparato, le buone maniere, il modo di comportarsi, perfino quello di muoversi, l’aveva appreso guardando i film, e non studiando sui libri o frequentando le lezioni di qualche insegnante dal metodo sognante.
Anche Stanley Kubrick (1928–1999), il più famoso regista cinematografico, ha dichiarato di avere imparato di più dai film che da altre fonti.
Eccoci al cospetto di due metodologie inconsuete dell’apprendere, due diverse maniere per archiviare le informazioni. Tra il pensiero di Curtis/Kubrick, i film come fonte d’insegnamento, e quello di Alessandro Baricco, l’enciclopedia diluita in poemi, ci sta a pennello un terzo sistema d’archiviazione dati: le fotografie.
Le foto racchiudono molte informazioni, più di quelle che supponga lo stesso ignaro fotografo il quale spesso, mosso dall’istinto o dall’inconscio, rappresenta allegoricamente i suoi pensieri con quel particolare tipo di scrittura che al posto della stilo innesta un obiettivo e in luogo dell’inchiostro attinge alla luce. E cosa siamo portati a raffigurare? I nostri sogni o i nostri incubi, le nostre aspirazioni o le preoccupazioni, il mondo che vorremmo, la vita che ci piacerebbe vivere, alias: il modo giusto di fare le cose, alias ancora: l’arte. E questo perché? Domanda difficile alla quale, per fortuna, ha dato esemplare risposta Italo Calvino (1923-1985), condensandola in poche righe nella sua opera “Le città invisibili” (1972). Nella conclusione del libro si legge che:
« …L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno e farlo durare e dargli spazio. …» , parole che meritano profonda riflessione, parole da ripetere nella mente più volte, ma ci manca il tempo e pertanto proseguiamo oltre.
Quindi l’arte, una volta imparata, non è andata smarrita in qualche dimenticata soffitta dove è stata messa in disparte, o peggio ancora obnubilata come abbiamo temuto, ma si trova disseminata qua e là e ora aleggia frammischiata in una infinità di altre brutte cose, il nostro inferno quotidiano, che ci ha afferrati per mano e ci sta trascinando lontano dalla luce. Il problema consiste nel ritrovarla, riportarla tra noi per aiutarci a vincere la nostra battaglia contro l’oscurità. Per nostra fortuna, e per quella della occultata arte, da qualche anno a questa parte è sceso in campo un formidabile squadrone, una comunità di fotografi che mitraglia scatti a tutto spiano, fotografa tutto quello che gli capita sotto il naso, alla ricerca dell’arte perduta, alla ricerca della via che mena al Parnaso. Chi sono costoro? Ma perdindirindina, sono gli amici mirabolanti di FC! Resterebbe un problemino da risolvere: ammesso che le foto, simbolicamente, fungano da radar per individuare l’arte smarrita, una volta rinvenute andrebbero poi le stesse foto decriptate, ovvero tradotte in una scrittura di parole chiara e pulita. Cari amici tutti, delle vostre foto ho fatto buona raccolta, e a interpretarle ci sto provando, affinché torni a sorriderci il Natale di “C’era una volta…”.
federico ravaldini 15/03/2010 22:51
Caro Geo, come vedi ogni tanto ritorno a trovarti.Questa volta ho la scusa dei postumi del trasloco e della mancanza di tempo da dedicare al piacere.
Infatti dopo cena come accendevo il PC scivolavo inesorabilmente nelle braccia di Morfeo, tanto per restare in argomento con il racconto quì sopra in fatto di divinità greche!!!!
Gran bel racconto anzi il termine giusto l'ha usato Paolo "dissertazione" sull' argomento da te trattato magistralmente come al solito.
Per mè è stato un' altro paio di maniche........per cominciare l'ho letto in due serate a causa del problema prima descritto......e poi non è stata certamente una passeggiata seguirti......da Omero a Tony Curtis.....da Kubrick a Calvino e di qualcun'altro che mi son perso per strada, naturalme oltre le tue amiche muse delle quali non riuscirò certamente a ricordare i nomi per molto tempo.
Ma se ho ben capito, il tutto, era per arrivare alla stoccata finale da abile spadaccino quale tu sei.......ma cercare di decriptare e tradurre in scrittura le nostre foto mi sembra un' impresa titanica che non ti invidio sicuramente.....comunque buona fortuna!!!!!!
Mi stavo dimenticando di salutarti......ciao Don Chisciotte della "pancia"........scusa se mi permetto ma tra falsi magri!!!!
Luigi (Gigi) Tarasca 04/01/2010 17:21
Carissimo Geo, i tuoi interventi ce li fai sudare due volte: quando non arrivano e quando... arrivano!A parte il fatto che ancora non sono stato reso edotto dell'evolversi della vexata questio che ha come oggetto la costruzione dell'Arca di Vigevano, non mi permetto certo di intervenire a sostegno o a confutazione dell'argomento così strettamente correlato con la foto che ci proponi.
La didascalia, certamente approfondita ed esaustiva, rappresenta uno dei momenti di più concreto lirismo (mi venga concessa l'antitesi dei due termini) mai visti su FC.
Certo che, con il passare del tempo, Mneme si dimentica di noi e del sostegno che da lei ci aspettiamo, Melete, una volta che siamo in pensione trova che sia poco pratico perdere il proprio tempo appresso a noi ed Aoide, considerata la voce gracchiante e poco potente che ci viene fuori, ci evita come la peste...
Ed eccoci, allora, a fare i tramandatori dell'Arte: tu stesso, tempo fa, mi hai invitato a far tesoro degli ammaestramenti appresi vedendo costruire i "tripodi" frangiflutti destinati al nuovo porto di Pesaro e di documentare il tutto, per le future genti... Cosa che sto diligentemente facendo, solo che i tripodi sono ormai migliaia, tutti accatastati nell'area portuale, ma nessuno viene a portarseli via... In compenso sono proibiti tutti gli accessi ai moli ed alle banchine...
Ed io documento....
Sperando che un domani, magari tra milleanni, qualcuno trovi sotto una montagna di tripodi che oramai - se non smettono di costruirli e non si decidono a portarli altrove - avrà sommerso tutta l'Italia centrale (se non di più) le mie foto, così che potrà - volendo - imparare come costruire nuovi tripodi!
Buon Anno, Geo, sei immenso!
Daniele Sala 30/12/2009 20:47
Dal momento che mi piace stare fuori dal coro scrivo solo:auguri caro compaesano!!!
Dany
Franco Merlo 27/12/2009 1:15
E' vero, caro Geo, se non recuperiamo "l'arte" resteremo conciati per le feste, sia durante le feste, che in ogni altro momento dell'anno e degli anni. Condivido, altresì, la convinzione che parte di detta "arte" sia celata tra gli scatti degli amici fotografi e che vada in qualche modo interpretata e decriptata. Del resto in ogni tentativo di comunicazione umana i linguaggi ed i codici sono mediatori molto imperfetti: tante volte non ci si capisce, perché lo scambio, a parte la volontà degli interlocutori, è fallito. Non è il tuo caso, in quanto le tue analisi, benché dotte e accurate, sono precise e trasparenti: anche questa è arte.Ciao
Carlo Pollaci 25/12/2009 17:36
Ciao carissimo Geo,arrivi con una foto che sembra intonata al giorno di festa: di primo acchitto ho pensato agli auguri natalizi declinati in forma di foto, come, in questi giorni, abbiamo fatto in molti. Invece il tuo succoso scritto ne fornisce una diversa e ben più interessante interpretazione. Che mi piace e mi sollecita insieme riflessione e voglia di rispondere.
giancarlo abbati 25/12/2009 11:54
ciao geo ..ho letto tutto alle ore 12 prima del cenone di natale ,mi sa che non mangio,son gia pieno ,l'arte ....eletricista e idraulico un arte che rende assai,a patre le stupidate, tutto serve, qualsiasi forma d'arte prima o poi sara' utile ,be tu un arte la sai gia' benissimo e ce lo dimostri con i tuoi scritti .quando ti commento mi vergogno un po',perche' io scrivo come penso senza guardare la punteggiatura e l'ortografia,ti auguro un buon natale di una volta,con affetto il carletto.Daniela Cognigni 25/12/2009 11:43
Dopo aver letto attentamente la tua interessante e anche piacevole didascalia(non poteva che esserlo,come sempre), riprendo un pò il commento di Paolo, per quanto riguarda le quintalate di foto su FC , anche io ti auguro buona fortuna,avrai un lavoro non da poco!!! L'arte per mantenerla viva bisogna esercitarla è vero, ma è anche vero che se non si è portati è inutile insistere ed è anche inutile scambiare per arte cose che non lo sono , magari solamente per far bella figura con qualcuno,elogiandolo.Questo è solamente il mio pensiero, ovviamente.Ciao Geo e complimenti sempre per tutto,appari di rado qui , ma quando arrivi penso non passi certo inosservato!!!
Augurissimi di Buone Feste per te e i tuoi cari.
Paolo Zappa 25/12/2009 1:13
Bene, carissimo Geo, ho letto la tua sempre dotta e piacevole dissertazione sull'arte che, tutto sommato, una volta imparata, sarebbe meglio non venisse messa da parte, e non posso che essere d'accordo con te: se non la si esercita continuamente, l'arte tende a svanire nel dimenticatoio!!!! Dato che termini dicendoti intento a tentare di decrittare le foto immesse a quintalate in FC, da gente che tenta di esercitare l'arte appresa, in modo personale e creativo,non posso che augurarti buona fortuna e buon lavoro.....restando in attesa di una qualche risultanza da tale erculea fatica!!!!!Sei e resti un grande anche in queste tue interessanti dissertazioni (la faccenda delle tre muse mi era completamente sconosciuta, e ti ringrazio di avermela resa nota), e, in attesa curiosa di una tua prossima nuova ventura sull'argomento, ne approfitto per inviarti i miei auguri più affettuosi ed un abbraccio, Paolo!!!!!